La Stampa, 8 dicembre 2018
Economia di bottega
L’obiezione più popolare e nerboruta all’ipotesi di taglio dei fondi in convenzione (per la messa in onda dei lavori parlamentari) a Radio radicale è la seguente. «A che serve? Radio radicale la sentono quattro gatti». Non so quale sia lo share dell’emittente, che tuttavia offre un servizio pubblico altrimenti pressoché assente, ma l’obiezione appare stravagante in bocca ai sostenitori di un governo nato anche, se non soprattutto, in contrasto ai mercati, al fascismo finanziario (copyright Di Battista), alla mitologia della logica del profitto. A parte il reddito di cittadinanza, per il quale si è disposti allo scialo in nome dell’eguaglianza, il resto dell’attività è pianificata con la matita all’orecchio, in una instancabile ricognizione del rapporto costi-benefici. Una filosofia politica che a Roma ha prodotto il cambio delle vecchie luci al sodio, calde e gialle, che consegnavano un’idea accogliente e romantica della vita notturna, con luci al led tipo fotocopiatrice ma, come disse l’assessore, per una considerevole decurtazione della bolletta (se decidessero di non accenderle proprio, sai il risparmio). E da lì, fino ai preventivi sulla linea alta velocità Torino-Lione, è tutto un conteggiare attorno all’euro che esce e all’euro che rientra, in continuità con le teorie di Beppe Grillo sulla casalinga di Voghera, impareggiabile nel far quadrare i conti familiari. E però, accidenti, le casalinghe di governo i conti non riescono a farli quadrare, e nonostante abbiano scambiato la democrazia non per un mercato globale, ma per una bottega, il luogo per eccellenza nel quale sono utili soltanto le merci che producono un profitto.