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 2018  dicembre 07 Venerdì calendario

Vita esemplare di un gregario

Da almeno vent’anni la bicicletta vive in una “narrazione” binaria. Di qua c’è la nera fama di sport più dopato, più compromesso. Di là, l’epica scintillante, la fatica immane che si sublima nella figura del gregario, il perdente per mestiere, faticatore per l’altrui felicità. Nel 2018 l’Academy Awards ha premiato con un Oscar Icarus, il documentario di Bryan Fogel sul doping, ispirato per ammissione dello stesso regista dal caso Armstrong. A fine febbraio la parte “buona” del ciclismo potrebbe in qualche modo tornare sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles. Nella long list dei selezionati all’Oscar per il miglior film straniero c’è ancheWonderful Losers, un documentario girato dal regista lituano Arunas Matelis e coprodotto dalla torinese Stefilm.
Un girato in presa diretta sulle strade del Giro 2014 e 2015 e nelle vite esemplari di quattro esponenti del più antico mestiere del ciclismo: Paolo Tiralongo, Jetse Bol, Svein Tuft e Daniele Colli. La telecamera scende così in presa diretta all’interno del gruppo, del grex, il gregge da cui il termine “gregario”.
Daniele Colli, uno dei meravigliosi perdenti, oggi si occupa di abbigliamento. Nel 2015, sul traguardo di Castiglione della Pescaia, una sbandata lo fece finire a ridosso delle transenne. Lì il suo braccio incontrò l’obiettivo di un fotografo, la caduta fu terrificante. «Matelis mi ha seguito nella mia riabilitazione tra ospedale e strada, ma ha evitato l’immagine più terribile, quella del braccio tutto storto. E comunque provai ad andare all’arrivo. E poi basta, buio». Il traguardo, nel documentario, è in fondo e non arriva mai. Ma l’istinto è più forte: «Alzarsi, prendere la bicicletta, un lavoro di un anno che sfuma in un secondo, nessuno può sapere com’è, tranne noi». Il mitico dottor Tredici spiega la più inesorabile delle verità del ciclismo: «Mentre il prato ti accoglie, l’asfalto ti respinge, ti dà la spinta a tornare in sella». Una voce fuori campo aggiunge: «L’asfalto è duro». «ll prato è come il grembo materno». Torme di ultimi, di staccati che si attaccano alla macchina del medico. I soccorsi sull’asfalto, come scene di guerra, intervenire presto, il sangue, e Tiralongo che chiede la pensione perché «sono trentun’anni che faccio questo mestiere, ho iniziato a 7 e ora ne ho 38, che dici, bastano?».
Recuperare gli ultimi, trovarli nelle forre ai bordi della strada. La neve dello Stelvio e il gruppetto che si aiuta a salire in una nuvola di fiati. I francesi li chiamano domestiques. I capitani fuggono via, dietro restano i perdenti meravigliosi.
Sono una trentina i film girati sul ciclismo. Il modello di Matelis è Sunday in Hell di Jorgen Leth, dove la Parigi-Roubaix era fondale di una storia a più voci, Merckx, De Vlaeminck, Moser, Maertens.
Campioni allora beffati da un gregario, Marc Demeyer. Lo stesso regista danese aveva raccontato nel 1974 in Stars and Watercarriers l’epica lotta tra Merckx e Gimondi nel Giro dell’anno precedente.
Alla fine di Wonderful Losers Colli è atteso ai bordi della strada dai familiari e dal suo fan club “Colli Daniele”. Si ferma, fa un sorriso e riparte. «Hollywood? Ma chi se l’immaginava. È un film da vedere, rivedere e far vedere dovunque, nelle scuole soprattutto. Lo meritavamo davvero, noialtri».