il Giornale, 6 dicembre 2018
Rivoluzione a Cuba: internet su telefonini
L’ultimo test, in realtà, non è andato benissimo. Le 72 ore di accesso gratuito per un milione e mezzo di utenti a inizio settembre si sono concluse in anticipo con un mesto comunicato: «A causa dell’instabilità di una parte della rete si sono riscontrate difficoltà di connessione e un’importante congestione dei servizi». Eppure si parte: da oggi a Cuba – uno dei Paesi con il minor accesso al web al mondo – Internet arriva sui cellulari. L’ha annunciato alla tv di Stato la presidente della società pubblica di telecomunicazioni Etecsa, Mayra Arevich: «A partire dal 6 dicembre cominceremo a fornire il servizio sui telefonini». L’ora X scocca alle 8 del mattino per tutti i cellulari abilitati a reggere il 3G, la tecnologia di terza generazione che nel resto del pianeta ha debuttato all’inizio degli anni Duemila (oggi, per intendersi, ci si prepara al 5G). I prezzi sono in linea con gli standard globali, quindi carissimi per i cubani. E alcuni siti critici nei confronti del governo dell’Avana saranno bloccati. Ma è già un primo passo in avanti, considerando che finora ci si poteva connettere da smartphone solo per leggere le email e solo dagli account statali.
La rivoluzione digitale dell’isola è cominciata una decina di anni fa, grazie alle aperture dell’amministrazione Usa di Barack Obama verso l’omologo Raul Castro. E l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump, con il conseguente peggioramento dei rapporti tra i due Paesi, non sembra aver arrestato il percorso di apertura intrapreso. Risalgono al 2013 i primi Internet point gestiti dallo Stato, seguiti due anni dopo dall’installazione del wi-fi in alcune aree pubbliche. Alla fine del 2016, a meno di due settimane dalla morte di Fidel Castro, l’Avana ha firmato un accordo commerciale con Google per una connessione più rapida alle sue piattaforme, come i cliccatissimi YouTube e Gmail. Prima, in mancanza di connessioni dirette tra l’isola e gli Stati Uniti, i dati erano costretti a transitare dal Venezuela, dilatando ulteriormente i tempi. Solo l’anno scorso, infine, la rete è approdata nelle case degli 11 milioni e mezzo di cittadini.
I primi a poter navigare dal telefonino, per volere del nuovo presidente Miguel Diaz-Canel, sono stati gruppi selezionati di persone, alla fine dell’anno scorso: i giornalisti delle agenzie di stampa statali e i dipendenti di alcune imprese e ambasciate. Obiettivo, secondo Diaz-Canel, «mettere la rivoluzione online» per «bilanciare l’avanzata di contenuti pseudo-culturali, banali e volgari». Più che amore per la libertà, dunque, un’altra battaglia di valori. E, infatti, anche con la svolta di oggi resteranno oscurati alcuni di quei siti che non condividono la linea socialista dell’Avana. Uno studio dell’Open Observatory of Network Interference condotto nell’estate dell’anno scorso ha mostrato come, delle 1.458 pagine testate da otto luoghi diversi di Cuba, 41 fossero bloccate. Tutte contenevano critiche al governo, parlavano di diritti umani o spiegavano proprio come aggirare il bavaglio al web.
Censura a parte, sarà anche un più banale fattore economico a tenere una parte dei cubani ancora lontani dalla Rete. Già adesso con una scheda da 2 dollari si può navigare solo per un’ora collegandosi agli hotspot sparsi per l’isola. Con il 3G Etecsa ha comunicato che la connessione costerà 10 centesimi di dollaro per megabyte, ridotti a 2 centesimi se si consultano siti cubani. I pacchetti andranno dai 7 dollari per 600 megabyte ai 20 per quattro giga. Cifre in linea con i Paesi occidentali. Ma nettamente sproporzionate se si considera che il salario medio di un impiegato pubblico cubano – l’87 per cento degli occupati – è di 30 dollari al mese.