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 2018  dicembre 06 Giovedì calendario

Suor Germana. «La mia cucina povera e democratica»

La religiosa più famosa d’Italia torna con un libro. E si racconta dalla sfida con Vissani alle ricette Q uando le dissero che avrebbe insegnato a cucinare ai corsi per fidanzate, Martina Consolaro si mise a piangere. Era appena diventata Suor Germana, e vedeva davanti a sé una vita di preghiera e opere pie. Fornelli proprio no, lei che a dodici anni aveva fatto lo sciopero della fame per convincere il padre di essere pronta a prendere i voti, « Te si massa picola, te toca spetar! », e che a ventitrè credeva di non sapere nulla di cucina: «Ma allora non si discuteva, bisognava obbedire». Prima lezione, primo errore: butta in padella un’anguilla viva che guizza via spaventando le allieve. Ma forse quel fuggi fuggi davanti a un pesce fu utile a incoraggiarla: «Mi resi conto che le ragazze di città non sapevano nemmeno aprire un uovo – racconta – mentre papà e mamma mi coinvolgevano nel preparare frittate e girare la polenta. Vedendole così incapaci capii che potevo essere una buona maestra».
Fondatrice del centro torinese Punto Familia, Suor Germana è la religiosa che ha insegnato agli italiani a cucinare, sui giornali e in tv, e la prima a dare forte identità personale ai ricettari. Oggi che le librerie sono affollate di epigoni, il suo volto sorridente sull’Agenda casa 2019 sembra beffardo: chi immaginava che una suora avrebbe fatto da apripista a tante donne dello spettacolo e chef giramondo. Il suo ultimo La vita e le ricette di Suor Germana (Editoriale Programma), scritto nella residenza per anziani in provincia di Varese dove vive, è insieme ricettario e autobiografia. «Iniziai per obbedienza – racconta – ma capii subito che la cucina è la principale via d’accesso alle famiglie e al cuore, che è vicino allo stomaco: i messaggi più veloci passano da lì». Quindi ecco i menu a misura di famiglia — Quando la moglie è al mare, Quando sbagli le dosi — e ricette come le cartucce della suocera: «Mezze penne rigate con ragù alla bolognese fatto come Dio comanda: le ultime cartucce che la suocera spara al figlio perché non se ne vada di casa».
Nata nel Vicentino, a Durlo di Crespadoro, in servizio a Torino, i ritorni a casa erano un’occasione per attingere alle ricette materne, che arrivavano anche per lettera: «Qualche giorno fa ne ho trovata una in cui mamma mi mandava la ricetta dei caùci ». E così tra furti creativi e molta fantasia Suor Germana ha inventato più di tremila ricette. Se i cuochi si opponevano si arrangiava lei, come con il risotto dell’eremita: «Il ristorante non voleva darmi la ricetta, quindi mi son fatta portare un’altra portata e l’ho assaporato per bene. Era semplicissimo: soffritto con trito di erbe aromatiche e aggiunta di scampi bolliti. Infine un bicchierino di cognac per gli scampi, che son stati in mare tutta la vita, almeno in morte…».
Ogni volta che nomina un piatto, Suor Germana dà anche qualche dritta per realizzarlo. Più che deformazione professionale, il suo è desiderio di farsi capire, lo stesso che si trova in Quando cucinano gli angeli, del 1983: «Il segreto delle mie ricette è che basta saper leggere e seguire alla lettera. Non servono neanche troppi soldi: in cucina conta più il cervello del portafoglio». Alla larga quindi i pasti da centinaia di euro («non li digerirei mai» ), basta molto meno: «Ho battuto Gianfranco Vissani in una gara in tv: dovevamo preparare un menu a 10 euro. Lui disse che con quei soldi non avrebbe neanche fatto sentire l’odore della sua carta», ricorda con vanità quanto basta, «Contento lui».
Negli occhi la determinazione di sempre, quella che le ha procurato tante inimicizie: chi la definì marchio di fabbrica, chi la accusò di non essere in grado di dirigere il Centro. Per 14 anni ha convissuto con la depressione, che a un certo punto credette di poter curare con qualche bicchierino di cognac: «Fortunatamente lo dissi subito allo psichiatra», confessa con coraggio.
Oggi le basta ricordare che tutti i diritti d’autore dei suoi libri andavano a finanziare il Punto Familia. E i diritti venivano anche dall’estero, essendo il libro tradotto in sei lingue: «Un giorno mi invitarono a Monaco di Baviera e mi fecero cucinare i tortellini. Tornando in albergo una bambina mi urla: “ Shwester Tortellino, Suor Tortellino, ciao!”. Realizzai allora di essere stata trasmessa in diretta tv senza saperlo». E in tutto questo spignattare, il tempo per la preghiera? «Confesso di averne avuto poco: è forse l’unica cosa di cui sono un po’ pentita. Ma Gesù le cose più importanti le ha fatte a tavola, dalle nozze di Cana all’Ultima Cena. Hanno scritto che insegnavo a fare peccati di gola. Macché, la mia è una lode a Dio creatore: mostro ai più distratti i doni che ha seminato in natura».
Un giorno un bambino le chiese quante stelle avesse il suo ristorante. Lei lo accompagnò all’aria aperta e gli mostrò il cielo stellato. Con Suor Germana non c’è mai stata gara: lei ha sempre avuto un altro ispettore.