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 2018  dicembre 05 Mercoledì calendario

Attila svelato ai giovani

Se nove anni vi sembran pochi, provate voi a contraddirla. Irene, capelli e stivaletti neri, fa la quarta elementare, studia danza e da ieri sera ha deciso che ama l’opera. Tra i circa duemila «under 30» all’ormai tradizionale «primina» di Sant’Ambrogio, «l’under degli under» è lei.
Entusiasta di questa sua prima volta alla Scala sotto il segno di Attila. La cui cattiva fama non la intimorisce affatto. Anzi. L’ingresso in scena del re unno in groppa a un destriero, «Un cavallo vero!» esclama, l’ha emozionata moltissimo. Anche perché nel breve film dove si racconta in flash back il trauma di Odabella, c’è una bambina che più o meno ha la sua età. E se lei può stare sullo schermo, Irene può certo sedere in platea. Al suo fianco Bianca, anni 10, è un po’ pensosa. Forse di quella storia di amore e vendetta non tutto le è chiaro. 
Ma non è la sola. Chiara, ventenne studentessa al Politecnico di design della moda, sfoggia una magnifica tunica di raso color crema, ma sull’epoca della vicenda ha qualche sbandamento, convinta che Attila sia un condottiero medioevale. In tempi in cui la storia è malvista anche da qualche ministro, lei si porta avanti. A correggerla interviene Ivana, che studiando Lettere conosce la materia. 
Nato in Cina ma milanese d’adozione, Xian, 22 anni, confessa di preferire il balletto. «Soprattutto quando a danzare c’è Bolle». A lasciarlo perplesso, l’aver trasferito in un Novecento immaginario un’opera dell’800. «Me la aspettavo all’epoca nel Risorgimento. Ma deve essere una moda dell’opera, perché è successo lo stesso con Elektra, non ambientata nel mondo classico». Affascinata invece dall’allestimento «cinematografico» di Davide Livermore si dice Eleonora, 19 anni. «A cinque anni mia madre mi portò a vedere Tosca, ma stavolta l’impatto è molto più spettacolare». Il giovane Verdi piace. Attila, diretto da Riccardo Chailly, viene più volte interrotto da battimani a scena aperta e alla fine incoronato da dieci minuti di applausi. Da bravi critici in erba, un gruppetto che pare saperla lunga si diverte a dare i voti: dieci alla musica, dieci alla regia, nove ai cantanti. Perché nove? «Mah, ci aspettavamo voci più possenti...».
Si discute molto nell’intervallo tra gli habitué della primina. C’è chi addirittura si è accollato una trasferta in treno o in auto per assistere a quello che, nell’immaginario «social-melomane» dilagante, è ormai un appuntamento imprescindibile. Dal 2008, prima «Primina», sempre con Verdi, ma quello maturo di Don Carlo, il pubblico esordiente è cresciuto in modo significativo. «In dieci anni tra anteprime di opere e balletti hanno partecipato oltre 35mila giovani – precisa Lanfranco Li Cauli, responsabile dell’ufficio Marketing della Scala —. E in questa stagione, nell’abbonamento Under 30, sarà iscritta per la prima volta anche un’opera contemporanea, Quartett di Luca Francesconi». 
La lirica è stata sdoganata da pregiudizi anagrafici e pure contabili. Le porte della Scala sono ormai spalancate anche ai ragazzi. Che arrivano per il piacere della scoperta di una musica «diversa» ma anche per il gusto di sfoggiare abbigliamenti che qui e solo qui hanno diritto di cittadinanza. Fanciulle in abiti vaporosi, gioielli finti ma luccicanti come veri, guantini di pizzo, persino ventagli in inverno. Ragazzini imberbi ma già in smoking, ragazzoni con mantelli di velluto, sciarpe svolazzanti, scarpe di vernice a punta.
La fiera delle vanità non risparmia nessuno, i selfie si sprecano in teatro, nel foyer, davanti l’albero di Natale infiocchettato. Tra i più fotografati, Lorenzo, 22 anni, che arriva da Alessandria in redingote grigia, gilet e papillon di seta bianchi e cilindro in testa. «Me li sono fatti fare da un sarto copiando i vestiti di alcuni quadri del Museo della Scala. Un giorno spero di poter salire anch’io su questo palcoscenico leggendario, perché studio da tenore e il mio idolo è Beniamino Gigli. Però, non sopporto i registi che vogliono cambiare le storie... L’opera è tradizione e io sono tradizionalista». Vatti a fidare dei giovani.