Promesse di Natale?
«Correre di nuovo sotto i 10” e fare il mio personale sui 200 metri che non disputo da Londra 2017 e dove ho un tempo di 20”34. Nel 2019 conto di doppiare, di fare due indoor, il mondiale di staffetta a Yokohama, perché al quartetto azzurro ci tengo, andiamo tutti nella stessa direzione e vogliamo farci perdonare la squalifica degli Europei, poi farò le gare di Diamond League e il campionato mondiale a Doha a fine settembre. Stagione lunga, insolita, ma sarà così per tutti».
A Berlino dopo i 100 sembrava abbattuto.
«È durata una notte la delusione. Volevo vincere una medaglia e non ci sono riuscito. È stata una batosta e una lezione: gli altri esistono e spesso sono migliori di te. Tra le novità della mia preparazione anche la visita a Morin, un biomeccanico di Nizza, che mi ha studiato e filmato. L’anno scorso mi aveva detto che distribuivo male il peso nella corsa, e infatti mi sono fatto male, abbiamo cercato di bilanciare lo sforzo».
Regali da fare e da ricevere?
«Per quelli sono un disastro. Con mia zia ho un accordo: ogni Natale da lei ricevo una maglia della Juve, di cui sono tifoso. Ma quella di Ronaldo ce l’ho già, mi manca quella di Pjanic. Io a qualcuno, ma non dico chi, vorrei regalare un weekend in una città europea. Credo nel viaggio, nell’idea che si può conoscere altro».
Serate in discoteca?
«Poche, non sono tipo. Ma sono stato al Piper di Roma, ci tenevo perché è stato il luogo che ha lanciato Patty Pravo, la mia cantante preferita. Prevengo la domanda: ho molte amiche, ma fidanzate zero. Per ora non sono in programma».
Lei ha 20 anni.
«E allora? Vado pazzo per Paolo Conte, per Lucio Battisti, ho fatto notte seguendo in tv lui e Mina, che come diceva Sinatra se solo fosse andata in America sarebbe diventata la più grande anche lì. E presto andrò a vedere “Bohemian Rhapsody”, il film sui Queen, gruppo che ho sempre amato. Anzi un suggerimento alla tv: se fate un servizio su di me, mettetemi in sottofondo Freddie Mercury. I suoi crescendo musicali sono leggendari».
Chi le piace tra i colleghi?
«Simona Quadarella, nuotatrice giovanissima, che ha vinto tutto. La saltatrice in alto ucraina, molto bella, Yuliya Levchenko, che ha un anno più di me, argento ai mondiali di Londra, Mondo Duplantis, astista svedese, 19 anni, campione europeo con 6,05, con cui spesso mi sento. Tutti miei coetanei. Bravissimi nell’ottenere grandi risultati. Ho rispetto per la gente con esperienza, cerco di rubare i loro segreti, ma quando vedo un giovane che ce la fa, quasi mi commuovo. Cito anche Bruno Hortelano, sprinter spagnolo, simpaticissimo. E il mio compagno di stanza e di Fiamme Gialle, Simone Forte, triplista, siamo molto uguali, andiamo d’accordo, solo che io russo».
Gli esami alla Luiss come vanno?
«Bene. Ora devo scegliere tra informatica, diritto e matematica, in cui me la cavo meglio. C’è un’altra vita e studiare serve, ne sono consapevole. Sbaglia chi dice che non si può dare esami e fare sport, io ogni volta che ne ho passato uno ho anche migliorato il mio personale. La concentrazione serve. Mennea ha preso quattro lauree, non mi sembra sia andato piano in pista».
Chi sono gli avversari di riferimento?
«Quelli che parlano inglese. Americani e britannici. Coleman, Hughes, Prescod e Lyles. Devo fare corsa su di loro che hanno dimostrato di avere qualcosa in più. Quindi devo incrementare il mio lavoro. I neri nella velocità sono superiori? Ma no, sono come noi, basta non darsi per vinti. Mi allenerò anche il 24 e il 26 dicembre, il 25 no, anche perché dopo il pranzo di Natale come si fa a correre? A Capodanno invece devo stare attento a non ammalarmi, a me quel giorno viene sempre la febbre».
È a dieta?
«No. Il mio piatto preferito resta la zuppa di cipolla che fa mia mamma. Per questo forse le ragazze mi stanno lontane».