Corriere della Sera, 4 dicembre 2018
Dateci un Mereghetti della letteratura
Fossi un editore, ci proverei. Proverei ad allestire un Mereghetti della Letteratura. Perché il cinema sì e la letteratura no? È possibile? Non so, ma ci proverei. Per proporre al lettore un po’ d’ordine in questi ultimi due o tre decenni in cui tutti i gatti sembrano grigi (cioè tutti i romanzi dei quasi capolavori). Sarebbe un’iniziativa dal valore civile, oltre che critico. Quasi morale (buonismo? Ahi-ahi!). La responsabilità della valutazione che qualcuno, prima o poi, dovrebbe assumersi mettendo insieme un gruppetto di amici affidabili, seri, competenti (ce ne sono tanti ma si vedono poco) che aggiorni il Dizionario ogni tre-quattro anni: forse l’editore ne avrebbe anche qualche guadagno economico. Naturalmente quei C.T. della Letteratura saranno pur sempre parziali, cioè faranno valere almeno un po’ il loro gusto, come accade inevitabilmente, oltre che a Roberto Mancini, anche a Paolo Mereghetti e al suo gruppo di lavoro, ma ciò non toglie che sia un’operazione utile, anzi indispensabile. Si tratterebbe di scegliere bene il «selezionatore»: non troppo vicino alle case editrici che producono i «capolavori» in uscita quotidianamente, autorevole, non influenzabile. Che abbia già letto tanto – lui e il suo gruppo – e che sia disposto a leggere (o ad annusare) ancora molto. Obiezione: la materia su cui giudicano i Mereghettis, cioè il cinema, occupa non più di centovent’anni; la letteratura nasce nella notte dei tempi o quasi, e produce dieci volte di più. È vero, dunque il Mereghetti della Letteratura potrebbe limitarsi diciamo all’ultimo secolo, dando per scontati i valori precedenti (anche se non sempre lo sono). Ma urge fare pulizia, mettere ordine nella valanga di capolavori freschi di stampa da cui siamo travolti ogni giorno, ogni settimana. Assegnando rigorosamente i voti, le stellette o i pallini poco importa: ma che partano alla pari, da una specie di salutare reset. Che ne so: La cognizione del dolore tre e mezzo? Pastorale americana quattro? Bene, e Gomorra e l’ultimo Strega? E l’ultimo Campiello? E Elena Ferrante? E l’ultimo Houellebecq? E Franzen? E Sveva Casati Modignani? E Sepulveda? Non che diventi il Vangelo, ma almeno che dia una dritta al lettore in questo mare magnum notturno pieno di gatti bigi, cioè di assoluti capolavori. Ci sarà un capolavoro che merita un pallino e mezzo?