Il Messaggero, 4 dicembre 2018
L’allarme sul clima è esagerato
Professor Franco Prodi, fisico, accademico e climatologo, cosa dobbiamo attenderci da questa Conferenza sul clima in Polonia?
«Sono abbastanza scettico, temo che andrà come le altre che l’hanno preceduta. Queste conferenze nascono per dare risposta ai governi sulle eventuali azioni da intraprendere. C’è un’urgenza politica, quindi di pressione per la scienza da cui si vogliono indicazioni come se si fosse raggiunto l’obiettivo della conoscenza. Non è così. La previsione del riscaldamento nel secolo va da 2 a 8 gradi: la forbice è troppo ampia. Il problema è che viene data per conoscenza acquisita una scienza che in realtà non c’è ancora».
I cambiamenti climatici però ci sono.
«Il sistema clima ha due protagonisti, il sole e la terra, che non possono non dare luogo a cambiamenti. Ci sono cause astronomiche e astrofisiche di variazione. La struttura del Sole è complessa. Poi ci sono molti fattori, come il ruolo delle nubi e l’atmosfera terrestre. È un sistema complicato che i modelli attuali non rappresentano in modo corretto. La temperatura dell’aria in prossimità del suolo è una conoscenza che abbiamo solo dall’800. Da qui sappiamo che il riscaldamento è di sette decimi di grado per secolo. L’acquisizione di tale parametro coincide di fatto con l’esplosione dello sviluppo industriale, quindi è impossibile quantificare i pesi dell’effetto antropico e di quello naturale. Questa difficoltà di separazione tra le cause crea due fronti contrapposti: negazionisti e catastrofisti».
Al summit non partecipano gli Usa, ha senso così una conferenza sul clima?
«Sicuramente gli Stati Uniti sono presenti nei rapporti, c’è anche la scienza Usa nei documenti. Diversa è l’assenza del governo. Si tratta di una decisione politica, possibile proprio per l’incertezza dovuta al fatto che secondo alcuni ci sono fattori sufficienti per prendere provvedimenti, secondo altri non ci sono. Se ci fosse un’evidenza incontrovertibile della parte antropica sarebbe diverso».
Aprendo la Conferenza, il Segretario esecutivo Unfccc Patricia Espinosa ha dichiarato che la minaccia posta all’umanità dai cambiamenti climatici non è mai stata più grave.
«Io non lo direi. Posso essere tacciato di negazionismo ma è l’opposto. Il mio consiglio è puntare sul rispetto dell’ambiente planetario. Il deterioramento del pianeta è misurabile. Su questa base è possibile fare accordi internazionali che possono essere condivisi da tutti. Se gli accordi fossero basati sul rispetto dell’ambiente planetario potrebbero essere vincolanti».
Cosa bisognerebbe fare, quindi, oggi?
«Sviluppare studio e ricerca. Evitare che su questo tema possano pontificare discipline che non producono direttamente conoscenza in tale ambito ma danno per scontato aspetti catastrofici. Lo ripeto, bisogna basarsi sul deterioramento quantificabile del pianeta, come i grandi inquinamenti che si vedono dal satellite, le Brown Clouds. Ben quantificati, questi possono portare a raccomandazioni vincolanti specie sull’uso dei combustibili fossili. Un uso così massiccio ha portato l’umanità a uscire dal ciclo naturale. Tale riflessione dovrebbe guidare le decisioni».
Walter Ricciardi, presidente Iss, presentando il primo Simposio internazionale Health and Climate Change, ha affermato che tra due generazioni i nostri figli e i nostri nipoti corrono il rischio di non poter stare all’aria aperta: cosa rischiamo effettivamente?
«Non mi sento di condividere l’affermazione. Sappiamo che c’è un riscaldamento di sette decimi di grado per secolo, appunto, ciò va seguito e studiato per capire quanto dipende dal contributo antropico e quanto dall’evoluzione naturale. Fino ad allora non siamo in grado di dare indicazioni».
Dunque, bisogna investire molto sulla Ricerca.
«C’è schizofrenia sulla ricerca nel nostro Paese. Bisognerebbe investire risorse e mandare il messaggio ai giovani che è questo il terreno in cui dispiegare l’intelligenza al massimo grado ma ciò non accade e, anzi, in Italia dilagano antiaccademismo e antiscienza».
Cosa si può fare nell’attesa?
«Prestare attenzione agli aspetti quantificabili, come la scomparsa di specie viventi. Il sistema clima non può non cambiare, eventi, anche drammatici, ci sono sempre stati, lo dice la storia del pianeta».
Valeria Arnaldi