Corriere della Sera, 4 dicembre 2018
Perché non bisogna vietare il cumulo tra lavoro e pensione
Nel 2016 gli italiani con più di 65 anni erano il 22,3% della popolazione: 13,5 milioni; nel 2045, cioè dopodomani, saranno il 33,5%, cioè circa 20 milioni. Il nostro Paese, nonostante i continui lamentii sulla povertà, sul mal funzionamento della sanità e su tutto ciò che dipende dagli altri (25 anni di rilassatezza morale hanno fatto totalmente dimenticare i doveri), è ai primi posti al mondo per aspettativa di vita. Oggi i maschi vivono in media fino a 81 anni circa e le femmine 85 anni. È evidente quindi da questi pochi dati che le età di pensionamento devono adeguarsi all’allungamento della vita e, come accade già in molti Paesi, spesso si lavora anche quando si è in pensione (invecchiamento attivo).
In Italia, su 16 milioni di pensionati oltre 1 milione lavorano e, con il cumulo dei redditi da pensione e lavoro, si pagano da loro stessi la loro pensione senza quasi gravare sulle finanze pubbliche; fossero 2 milioni, magari opportunamente incentivati, il vantaggio per le casse pubbliche sarebbe notevole. Ma il “comune sentire” crede alla “narrazione” (purtroppo una delle tante) che un lavoratore maturo “ruba” il posto a un giovane e quindi deve essere espulso dal mercato del lavoro perché così ogni nuovo pensionato produrrà un posto per un giovane: mandiamo in pensione 400 mila “vecchi” e produrremo 400 mila posti per i giovani. A parte che non esiste alcuno studio che avalli questa fantasiosa narrazione (c’è anche chi dice che ogni pensionato apre la strada a ben 2 giovani, ma qui siamo ai confini della realtà), esiste invece una serie di dati Eurostat che comprovano il contrario: nei Paesi dove gli anziani lavorano di più anche il tasso di occupazione dei giovani è più elevato, viceversa dove gli ultra 55enni lavorano meno come in Italia, anche i giovani sono molto più disoccupati. Infine un’annotazione sui tassi di occupazione; in Italia lavorano regolarmente circa 23,3 milioni di persone per un tasso totale di occupazione pari a poco più del 58% dei soggetti in età da lavoro. Nelle classifiche sui tassi di occupazione totale, femminile e giovanile siamo sempre regolarmente ultimi; fa peggio di noi solo la Grecia.
Come si vede ci sarebbero tanti motivi per cercare in tutti i modi di aumentare il numero di lavoratori al fine di ridurre la povertà e aumentare il benessere e lo sviluppo; e invece cosa fanno i nostri governi? Il primo premio per insipienza e, se mi è consentito, di arroganza, è del governo Renzi che a parte la distribuzione di 80 euro e bonus vari, per il tramite della signora Madia ha decretato che tutti quelli che sono in pensione non possono avere incarichi pubblici e se proprio fosse necessario potranno assumere l’incarico per un anno e in modo totalmente gratuito. È come dire ai nativi americani di far a meno dell’assemblea degli anziani o agli antichi romani di cancellare il senato. Non esiste un Paese al mondo che rinuncia all’esperienza di gente di 60-65 anni; non esiste un Paese che “rottama” chi ha raggiunto il massimo delle esperienze di vita e di professione e potrebbe dare ancora tanto al proprio Paese; ma l’Italia di Madia e Renzi l’ha fatto, vantandosene. Non riesco ancora a capire perché finora nessuno si sia rivolto alla Suprema Corte per un fatto di inaudita incostituzionalità. Si poteva dire: visto che si ha già una pensione riduciamo il compenso ma almeno consentiamo al Paese di beneficiare di ciò che politici senza arte né parte non possono dare nonostante la loro irrispettosa arroganza.
Nessun Paese al mondo rinuncia all’espe-rienza di gente di 60-65 anni
Ma pensate sia finita qui? Certo che no! Ed ecco spuntare assieme a quota 100 il «divieto di cumulo»; un istituto che ha generato una montagna di lavoro nero e che con molta fatica siamo (il nostro governo 2001-2006) riusciti ad eliminare a decorrere dal 2010. E qual è la soluzione per ridurre l’impatto di quota 100; non certamente tecnica: vai prima in pensione quindi ricevi l’assegno per più anni e quindi è giusto che tale pensione sia più bassa. No! Soluzione geniale: se vai prima in pensione non hai più il diritto di lavorare; devi stare in panchina al parco perché c’e il divieto di cumulo tra redditi da lavoro e da pensione. Una decisione avvilente, umiliante per quei tanti maturi che vorrebbero, come accade in tutto il mondo, un invecchiamento attivo, magari facendo un lavoro diverso che piace di più e che genera beneficio fisico e psicologico.
E così Renzi prima e Conte poi decretano che l’Italia è tanto ricca e ha così tanta occupazione da poter fare a meno di un terzo della popolazione. Politici giovani, privi di esperienza e di memoria storica con un curriculum modesto fatto spesso solo di incarichi politici, disprezzano il merito, l’esperienza e la preparazione e in nome del popolo italiano decretano la loro arrogante narrazione; senza neppure sapere come si calcolano le pensioni affermano che è un dovere tagliare le pensioni che definiscono «d’oro» iniettando nella società massicce dosi di odio sociale per quelli che nella vita sono riusciti.
Non consentire il cumulo rischia di vanificare anche le uscite anticipate
Mi si dirà che sono troppo duro nel giudizio ma di questo passo il nostro Paese rischia di valicare la linea di non ritorno e questo è un grave pericolo per lo sviluppo e la stessa coesione sociale.