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 2018  dicembre 02 Domenica calendario

Stangata Npl: metà della torta ai big esteri

I grandi investitori esteri hanno in mano circa la metà dei crediti problematici italiani: negli ultimi 5 anni, i fondi internazionali hanno acquistato circa 75 dei 157 miliardi passati dalle banche agli acquirenti italiani ed esteri di “prima fascia” (ovvero che hanno effettuato acquisti cumulati almeno di 1 miliardo), una torta che si allarga a 183 miliardi se si considerano anche i deal minori. I dati Pwc elaborati dal Sole 24Ore parlano chiaro. E mettono in evidenza come il mercato italiano sia diventato uno dei più rilevanti d’Europa per gli investitori esteri. La potenza di fuoco dei grandi fondi, unita alla necessità delle banche italiane di smaltire in fretta i portafogli deteriorati per il pressing Bce, ha creato le condizioni “ideali” per un grande affare che permette ai big del mercato degli Npl di poter accumulare profitti elevati. E così, accanto a colossi americani specializzati come Fortress, Pimco, Crc, Bayview, Anacap e Cerberus, fino alla Algebris di Davide Serra, presenti da diversi anni in Italia, si sono affacciati nell’ultimo anno e mezzo altri gruppi esteri: Bain Capital Credit, fino alla svedese Intrum, ma anche divisioni specializzate dellee banche d’affari come Bank of America Merrill Lynch, per arrivare a Davidson Kempner, Hoist Finance, Varde Partners. 
Le prospettive del mercato 
Il 2018, secondo le stime di PwC che verranno presentate in settimana al mercato, si dovrebbe chiudere con cessioni per oltre 70 miliardi. «Supereremo così i 68 miliardi del 2017 – spiegano Pier Paolo Masenza e Alessandro Biondi, rispettivamente partner Financial services leader e co-head Npl di PwC – a conferma della vivacità del mercato». Il picco di 340 miliardi di deteriorati lordi del 2015 è lontano. A giugno, lo stock totale di crediti non performanti (Npe) era sceso a sceso a 22o miliardi, 130 dei quali sofferenze. In termini netti, le sofferenze sono scese dai 64 miliardi di fine 2017 ai 43 di giugno. Più rilevante il peso delle inadempienze probabili (Utp), che a livello netto ammontano a 56 miliardi, più delle sofferenze. L’accelerazione nelle vendite si deve a più fattori. La prima, spiegano i consulenti, è «la pressione della Vigilanza, che costringe le banche a ridurre il rapporto tra deteriorati e crediti totali». Un grande aiuto è «poi giunto dalla garanzia pubblica Gacs». In ultimo, decisivo è stato il lavoro delle banche italiane che, a costo di un sacrificio sulla marginalità, hanno aumentato le coperture sui crediti e reso così più agevoli le cessioni. Non è un caso che da BancoBpm a Unicredit, da Mps a Bper, siano molti i soggetti pronti a a varare ulteriori cessioni.
Acquisti a prezzi scontati 
La fotografia del mercato è assai variegata. Nato da capitali italiani è l’Italian Recovery Fund di Quaestio Capital, che ha fatto la parte del leone con l’acquisizione di 24,1 miliardi di crediti di Mps, la più grande cartolarizzazione d’Europa, finalizzata nel 2018. «Anche se è presto per fare bilanci, i primi flussi di recupero dicono che le cose stanno andando in linea con quanto ci aspettavamo», spiega Paolo Petrignani di Quaestio. D’altra parte, «il fatto che l’economia stia rallentando e che il mercato immobiliare segua a ruota il ciclo è un doppio fattore che pesa sul futuro».
Negli ultimi 5 anni il mercato italiano è stato redditizio in termini di rendimenti. Chi ha comprato all’inizio dell’ondata di vendita tendenzialmente ha spuntato prezzi migliori o si è potuto accaparrare asset di migliore qualità. Non solo. La maggior completezza dei dati sugli Npl raccolti da parte delle banche, unita a una maggiore capacità di segmentare i portafogli, ha aumentato la trasparenza e reso più efficiente il mercato, dando così alle banche più armi per chiedere prezzi più elevati. Sul mercato oggi si respira incertezza legata al rischio Italia, ma è vero che la maggior competizione tra acquirenti tiene i prezzi a galla, soprattutto sul credito garantito. «In generale – dice Alexandre Astier, managing director capital markets di Cbre – la maggior parte degli investitori si posiziona su obiettivi di Irr (rendimento composito annuo) intorno al 10%-12%». 
«Ad affacciarsi sul mercato – aggiunge Riccardo Serrini, Ceo del gruppo Prelios e di Prelios Credit Servicing – oggi sono fondi opportunistici Usa che hanno raccolto grandi capitali da fondi pensione e sovrani, fondazioni e assicurazioni». Ma accanto ai fondi Usa e agli specialisti presenti sin dal 2015 e al successivo arrivo di nuovi player prima attivi solo nel resto d’Europa, gli ultimi 12 mesi hanno visto anche il consolidamento di gruppi industriali operanti nel mercato del credito deteriorato come Intrum o la nascita di realtà come Spaxs-Illimity. «Data la rilevanza della componente immobiliare all’interno delle esposizioni classificate come Utp – dice Astier – il mercato sta poi attirando l’attenzione anche di soggetti originariamente più legati al mondo immobiliare. In questo momento ci sono quindi oltre 50-60 investitori istituzionali provenienti da tutto il mondo focalizzati sugli Npl e sugli Utp italiani».
Le prospettive, tra Gacs e Utp  
Una delle leve utilizzabili per ottenere più valore dalle cessioni di Npl, è l’utilizzo delle Gacs, cioè le garanzie statali. Secondo i dati raccolti dal Sole 24Ore sulle 16 cartolarizzazioni effettuate dal mercato con Gacs, la garanzia ha permesso di cedere i crediti a una media del 25,7% del valore originario lordo.«Per ridurre il costo medio ponderato del capitale (Wacc) – dice Serrini – le cartolarizzazioni pubbliche, assistite o meno da Gacs, sono operazioni che minimizzano il costo capitale e valorizzano al meglio l’operazione. In questa sede, il track record del servicer riveste un ruolo chiave in sede di approvazione del business plan». La garanzia statale è stata prorogata fino al marzo 2019. Si vedrà se e come potrà essere riattivata. Resta da capire se c’è spazio per estenderla alle inadempienze probabili (Utp), nuova frontiera di intervento: «La Gacs non è a mio avviso applicabile agli Utp relativi a prestiti di grande entità con sottostante immobiliare. Meglio sarà invece per gli Utp granulari» afferma Marco Sion Raccah, general manager di Aurora Recovery Capital. Da smaltire ci sono circa 90 miliardi di Utp, di cui almeno il 75% concentrato negli 8 istituti maggiori. «Al contrario delle sofferenze – dice Sion Raccah – nel caso degli Utp il rapporto è vivo, e va gestito con un approccio che non sia di tipo liquidatorio bensì di turnaround finalizzato a ripristinare la continuità della azienda e massimizzarne la creazione di valore. Si tratta di aziende vive, che costituiscono parte di un tessuto economico e sociale che è importante cercare di preservare».