Corriere della Sera, 30 novembre 2018
Ludovica, protagonista in “L’amica geniale”
Dai «papà, vediamo di nuovo quel film. Lei mi piace assai». Il film è «Ieri, oggi e domani» e lei è Sophia Loren. Si specchia, Ludovica Nasti, la dodicenne coprotagonista delle prime due puntate della fiction «L’amica geniale» nella donna «che fa tanti figli per non andare in carcere». E si ritrova in lei. Nello sguardo verace e spesso anche imbronciato dell’attrice con cui Lila (nome d’arte voluto da Elena Ferrante nel libro da cui nasce la fiction di RaiUno) condivide le origini puteolane. E oggettivamente la somiglianza non è soltanto frutto della suggestione popolare (a Pozzuoli Ludovica è chiamata da tutti Sophia) né effetto dello scatto-confronto postato dalla stessa Nasti su Instagram con l’eloquente didascalia: «Alla domanda a chi ti ispiri? Io dico: a lei…». È una somiglianza autentica. La carnagione olivastra, le linee del viso e delle labbra, il colore degli occhi e i modi spicci sono affinità che chiunque nota, osservando insieme la ragazzina diventata famosa all’improvviso e la più grande attrice italiana di tutti i tempi. Ludovica sogna di raccoglierne l’eredità. «Non chiamatemi presuntuosa – dice – ma guardo Sophia e resto incantata. Non è soltanto bellissima, è forte. Come me».
A dodici anni può sembrare prematuro, ma Ludovica (Lila) ne ha passate talmente tante da non poter essere smentita. Dai cinque ai dieci ha lottato contro la leucemia («ho perso i capelli, ma non il sorriso. Quello mi serviva per combattere la malattia»), e appena guarita si è messa per strada. A giocare a pallone con i ragazzini più grandi. «Sono attaccante in una squadra femminile. Con i maschi diventa una sfida ancora più forte, ne sento tante di parolacce. Poi faccio gol e li zittisco».
Il piglio è lo stesso di Lila, l’amica geniale, che nella Napoli degli anni 50 deve combattere per sopravvivere. Sul set sfida il padre che poi la getta dalla finestra. «Quella è stata la scena più bella – ammette —. Forte, intensa. Ero io, con il mio animo ribelle». A scuola c’è chi la chiama Sophia, al bar in piazza è la piccola Loren. Un mito che rivive da vicino. Senza riflettori, né sovrastrutture.
«Mi piace tutto questo – insiste Ludovica – ma spero di non cambiare mai. Voglio continuare a piangere. Sorridere per strada insieme con il mio nipotino Gennaro. Voglio far gol, sognare che il Napoli di Insigne possa vincere lo scudetto e io con loro a festeggiarlo». Minuta fisicamente, lo sguardo parlante anche quando è in silenzio. Sobria nel modo di vestire e di muoversi, respinge con forza «i piercing e le shirt corte che non coprono la pancia».
Ha posato come modella, poi il set. Il casting per «l’Amica geniale» arrivato per caso. «Al primo provino chiesero di presentarmi con un monologo, lo scrissi con mia cugina in una notte. Non l’avevo imparato, quando mi toccò recitarlo feci come se stessi raccontando di me a un’amica. Una vocina dentro mi disse che ce l’avrei fatta». Sette mesi prima del sì: «Sei tu la Lila che cerchiamo». Una piccola Loren, attrice geniale. Ieri, oggi e… chissà domani.
Da Los Angeles a Venezia, red carpet e tanti ciak, alla sua Pozzuoli. Il piccolo centro sul mare dove Ludo è tornata a giocare a calcio, ha rivisto le amiche e i prof a scuola. Dal dialetto napoletano che ha dovuto perfezionare per esigenze di copione, alle lezioni di inglese. «Perché Sophia parla bene anche l’americano!».