Libero, 29 novembre 2018
L’estetica mafiosa dai Casamonica a Escobar
Sono i rubinetti d’oro la cosa che ha più colpito, delle immagini passate in tv sulle otto villette sequestrate ai Casamonica al Quadraro. Nei lavandini e negli idromassaggi. L’oro nei sanitari lo amava anche Pablo Escobar, specie nelle docce. Rubinetti d’oro stavano nella famosa villa di 22 stanze di Tony Accardo, il boss di Chicago che aveva incominciato con Al Capone. Cinque bagni con rubinetti d’oro luccicavano a nella villa sequestrata al clan Mazzaferro a Bardonecchia nel 2009. Più in generale, lo storico John Dickie nel suo libro sulla storia della mafia siciliana ha scritto che negli anni ’70 «l’afflusso dei proventi della droga dagli Stati Uniti installò rubinetti d’oro in minuscole case contadine». Insomma, si tratta di una icona abbastanza diffusa di quello che potremmo definire “gusto mafioso”. Di oro, peraltro, i Casamonica avevano anche una culla in stile Luigi XVI, un trono, un cavallo rampante, specchiere, candelabri. Però, forse più che dal versante della materia prima, ancora più importante nel “gusto mafioso”rimbalza la preziosità dell’impianto idrico in sé. E un altro elemento in comune sono le belve: anche se le tigri e i leopardi dei Casamonica erano simbolici, solo in ceramica. Pablo Escobar li aveva invece veri, anche se un po’ tutto nella vicenda dello ?Zar della Cocaina? del Cartello di Medellín è su una scala molto più grande, rispetto al clan sinti della periferia romana.
LE PROPRIETÀ Erano infatti oltre 500 le proprietà a lui attribuite: sparse tra Colombia, Messico, Panama e Stati Uniti, e per lo più intestate a una quantità di prestanome, e soggette dunque a sorti diversissime. La Hacienda Nápoles di Medellín, ad esempio, è diventata uno Zoo Safari. Quella di Tulum, in Messico, un hotel di lusso dove si può dormire al prezzo di 500 dollari a notte. L’Edificio Mónaco di Medellín e la Finca La Manuela sono invece in abbandono dopo essere stati entrambi semidistrutti da attentati all’esplosivo del Cartello di Cali: come la villa di Isla Grande, anche senza attentati. Quella di Miami è stata invece acquistata da privati che l’hanno poi distrutta per verificare se davvero nelle fondamenta fosse nascosto un tesoro. Ma la più emblematica era “La Catedral”: il carcere di superlusso che lui stesso si era fatto costruire per esservi recluso, dopo aver trattato la resa con le autorità colombiane. Rimase un anno in quella sorta di residence dotato di discoteca, sauna, sala biliardo, centro fitness, angoli bar di classe, camere comode e spaziose, arredamento di design, un campo da calcio, un ufficio personale. Ma anche lì una cosa a cui Escobar teneva particolarmente erano le Jacuzzi e una cascata naturale. D’altra parte nei 3000 ettari della Hacienda Nópoles c’erano ben 27 laghi artificiali e 3 zoo con 1500 animali, oltre a due piste di atterraggio per elicotteri e alla pista di motocross più grande di tutta l’America Latina. Le riproduzioni le aveva di dinosauri: in una sorta di Jurassic Park, a grandezza naturale. Insomma, un megalomane di notevole levatura, capace di prendere un aereo personale per andare a gustare una specialità gastronomica nel suo Paese di origine. Ma, in fondo, non un buzzurro. Tra i Casamonica quella profusione di vasi, soffitti stuccati o dipinti a grottesche, scale di marmo, colonne rivela un gusto tra il rococò e il liberty pesantemente dozzinale. Escobar per la Catedral si fece mandare invece mobili e piastrelle sì dall’Italia: ma del nostro miglior design nazionale, e non certo commissionato ai fornitori dei Casamonica. Per i bar prediligeva uno stile futurista, ai divani stile Impero dei Casamonica preferiva le pelli di zebra, e poi aveva cura che le sue abitazioni fossero sempre rifornite di fiori freschi: essendo dopo tutto il suo Cartello associato a una città che ne produce tra i migliori del mondo. Nota di cultura: aveva anche una collezione di lettere di Manuela Sáenz, l’amante di Simón Bolívar, al Libertador. E alle pareti voleva quadri di Dalí, Picasso e Botero. Dalla Colombia al Messico, anche il famoso “Capo dei Capi” Marcos Arturo Beltrán-Leyva aveva in casa due leoni veri, due tigri e due pantere, oltre a un ippopotamo; e anche lui aveva nel mezzo della villa una piscina e una sauna a forma di grotta cui si accedeva attraverso un ponte sospeso. Una impressione da Indiana Jones, ulteriormente accresciuta da una ricchissima collezione di reperti di varie culture da fare la gioia di un antropologo. Ma all’oro preferiva raffinate rifiniture in pietra e legno.
LA PISCINA Jacuzzi, piscina per adulti e piscina per bambini stavano anche nella villa di Joaquín Archivaldo Guzmán Loera: “El Chapo Guzmán” ora sotto processo a New York, il narco che era riuscito a entrare nella classifica Forbes dei miliardari. E anche lui aveva uno zoo privato con pantere, coccodrilli, tigri e orsi: tra l’altro disegnato dal suo architetto di fiducia, specialista anche in tunnel, con cui aveva messo in comunicazione ben sei differenti abitazioni. Il suo gusto di arredamento però era moderno: mobili molto raffinati ma essenziali, stile resort. E aveva persino una collezione di arte, di cui però non è filtrato molto: quel po’, fa intendere che in quadri aveva invece un gusto alla Casamonica. Ancora in Messico Amado Carrillo Fuentes, ?il Signore dei Cieli?. Famoso per l’idea di contrabbandare cocaina con una flotta da 720 aerei da turismo, si era fatto fare una villa con cupole a cipolla stile Aladino, che infatti era stata ribattezzata ?Mille e una notte?. Gusti e metodi insomma estrosi, come fu estrosa la sua morte: durante un intervento di chirurgia plastica per farsi cambiare la faccia in modo che la Legge non potesse più riconoscerlo. Alfredo “el Negro” Durazo: lui si era fatto fare addirittura una replica del Partenone da 20.000 metri quadrati, oltre a una copia pure personale della famosa discoteca newyorkese Studio 54 e a un cinodromo. Tutto sommato, la villa di Al Capone a Miami Beach era più sobria, nel suo stile coloniale. Però pure lui aveva voluto concedersi una chicca idraulica: una piscina di acqua salata collegata direttamente al mare, che si alzava e scendeva con le maree.