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 2018  novembre 29 Giovedì calendario

Perché digiunare fa bene

Non serve solo a perdere peso. Il digiuno è terapeutico. È una forma di purificazione del corpo (e della mente) che aiuta l’organismo a ritrovare il suo equilibrio e a disintossicarsi da tutto ciò che ingeriamo in sovrabbondanza. Per golosità, abitudine, convivialità, bombardamenti mediatici. A sostenere il potere del piatto vuoto non sono solo i seguaci della meditazione orientale o delle mode zen, ma medici e oncologi.
BASTA CENE A PIÙ PORTATE
Primo fra tutti Umberto Veronesi, che dagli amici era stato ribattezzato «il digiunatore» e appena poteva rifuggiva dalle cene infinite con chissà quante portate. Fu lui, una decina di anni fa, a scrivere il libro «La dieta del digiuno» e a raccontare le sue giornate senza cibo, «al massimo un caffè macchiato o una spremuta di frutta». «Per me il digiuno è fonte di chiarezza mentale – diceva l’oncologo – Intasare di cibo il corpo fa perdere la lucidità e le capacità creative». 
Ma perché fa bene digiunare? Perché attiva l’autofagia, cioè il processo di rimozione e pulizia cellulare. Quando ci si mette a digiuno, nelle cellule non arriva il glucosio e loro fanno un esame di ciò che possono mangiare ma che non serve per la loro sopravvivenza. Quindi cominciano a cibarsi delle proteine. Tutte le malattie neurodegenerative (il Parkinson, l’Alzheimer, la Sla) sono caratterizzate dal deposito di proteine dentro le cellule nervose. Per questo Franco Berrino, direttore del dipartimento di medicina preventiva dell’Istituto nazionale dei Tumori, sostiene che sarebbe sufficiente saltare periodicamente la cena per attivare questo processo. 
13 ORE A STOMACO VUOTO
«Uno studio realizzato in Israele sulle donne con ovaio policistico – spiega – persone cioè impossibilitate ad avere una gravidanza a causa dell’obesità, ha mostrato risultati sorprendenti. Una metà veniva nutrita a colazione e pranzo, l’altra a pranzo e cena. Stesse calorie, e stesso cibo. Quelle che saltavano la cena sono dimagrite, normalizzando una serie di parametri metabolici riguardanti la fertilità». Un altro studio si è occupato di donne con tumore alla mammella. Chi faceva passare più di 13 ore tra l’ultimo pasto di una giornata e quello del giorno successivo sviluppava meno metastasi e un processo di miglioramento molto più evidente rispetto alle altre che non rispettavano questi tempi. Saltare la cena è la forma più leggera di digiuno ma Berrino sostiene che l’ideale sia spingersi oltre, saltando anche il pranzo e la colazione. «È importante – spiega il medico – scegliere di dedicare al digiuno giornate tranquille in un ambiente quieto, lontani da cause di stress. Gli ormoni dello stress alterano la concentrazione di glucosio nel sangue, causando fame di zuccheri». Meglio non sperimentare i primi digiuni in inverno, l’ideale è un clima più mite.
BASTA UN GIORNO
Il fitoterapeuta ed erborista Marc Mességué spiega la sua teoria di digiuno nel libro «Basta un giorno». Digiuno non significa stare totalmente a stecchetto ma semplicemente mangiare poco e magro. Niente regimi restrittivi e punitivi, ma una giornata leggera in cui sono ammesse verdura e proteine ma vietati olio e sale. Se fuori pasto non si resiste, ci si può concedere un frutto. Stop. Gli studi nutrizionali dimostrano che digiunare in maniera ragionata aiuta il corpo a fare un buon uso delle riserve di grasso, inducendolo cioè a trasformarle in energia. Il che significa che si brucia la massa grassa, con il conseguente aumento del metabolismo. 
Mangiare poco (ma solo di tanto in tanto) potenzia, inoltre, la capacità delle cellule di liberarsi dalle sostanze di scarto, responsabili non da ultimo di gonfiore e ciccia accumulata. L’essenziale è che questa restrizione non sia protratta nel tempo, ma sia limitata solo a un giorno a settimana, altrimenti il rischio contrario è di addormentare il metabolismo. Tra le ultime versioni del piatto vuoto, c’è la dieta mima digiuno proposta da Valter Longo, dell’Istituto di Longevità della University of Southern California. Non propone un vero e proprio digiuno, ma solo una diminuzione dei pasti. La dieta, spiega, andrebbe praticata ogni 3-4 mesi per almeno 5 giorni, ma anche una volta al mese in presenza di particolari problematiche come colesterolo alto o pre-diabete. Si può mangiare nell’arco di 12 ore, iniziando dopo le 8 e terminando prima delle 20. Nelle 3-4 ore prima di andare a dormire è preferibile non assumere nulla.