la Repubblica, 29 novembre 2018
Cala il sipario su Springsteen a Broadway
Sta per calare il sipario, forse definitivamente, su una delle più inaspettate e controverse imprese del rock dell’epoca moderna. Di sicuro la più complicata, o la più banale, a seconda dei punti di vista: rimanere per oltre un anno sotto la luccicante bandiera di Broadway, riempiendo i 950 posti del Walter Kerr Theatre, cinque sere a settimana, quasi un impiego (fisso, ripetitivo), con una scaletta pressoché bloccata e altrettanti racconti parlati, praticamente identici, come fosse una rappresentazione della sua vita, un copione esistenziale, un distillato di autobiografica poesia rock. La data finale è il 15 dicembre: Bruce Springsteen si ripresenterà per l’ultima volta da solo («in quello che probabilmente è il più piccolo posto in cui abbia suonato negli ultimi 40 anni»), con chitarra e pianoforte lì accanto sul palco, per raccontare la sua biografia artistica attraverso 15 pezzi, a cominciare da Growin’ up a finire con Born to run, e proseguire nel percorso di autoanalisi e rivelazione pubblica iniziato con la sua autobiografia. Dal 16 lo show si trasferirà nel mondo virtuale e andrà in streaming sulla piattaforma di Netflix, grazie alla versione registrata in due serate speciali. Poi fine, davvero, o almeno così sembra, anche perché il giorno prima verrà pubblicato Springsteen on Broadway, il disco che documenta questa straordinaria esperienza a New York (anticipato in questi giorni dal singolo Land of hopes and dreams) che uscirà in versione 4 vinili, doppio cd e download digitale. Una strategia non esente da dubbi e controversie che hanno attraversato l’universo dei fan, notoriamente tra i più accaniti e rispettosi al mondo. In molti hanno fatto fatica a digerire la scelta di esibirsi in un teatro con biglietti esageratamente cari, spesso lievitati fino a cifre imbarazzanti a causa del secondary ticketing. Molti hanno accettato con stupore perfino la scelta della ripetitività, voluta dal Boss come forma di rispetto per chi poteva assistere a un solo concerto, ma di sicuro inaspettata per uno che ha fatto delle varianti di scaletta un’arte. La risposta va cercata tra i demoni personali, quelli che lo accompagnano dall’adolescenza, dal difficile e mai risolto rapporto col padre fino alle crisi e alle depressioni della maturità.
Lo Springsteen di oggi cerca l’intimità, e forse per questo ha scelto la dimensione teatrale, la ripetitività quasi quotidiana di un rito di lavoro, ma anche di un confronto costante con se stesso, senza l’aiuto degli amici. È lo stesso Springsteen disposto a raccontare i suoi crolli, le crisi devastanti di cui recentemente ha parlato su Esquire: «Sono andato border line con la malattia mentale. Una varietà di farmaci mi tiene in equilibrio; altrimenti posso oscillare piuttosto drammaticamente e le ruote possono staccarsi un po’. Mi attacco alla famiglia. Guardo i miei figli e con loro sono stato fortunato». Dal 16, chi non ha potuto andare a Broadway sborsando centinaia di dollari per un biglietto, potrà godersi lo show in streaming, con la certezza che sarà esattamente quello che hanno vissuto gli spettatori del Kerr Theatre. Tranne pochissime varianti, come quando di tanto in tanto si è presentata la moglie Patti Scialfa per duettare su Tougher than the rest e Brilliant disguise, o piccolissime modifiche nella scaletta, l’ultima delle quali è datata 10 novembre, quando ha deciso di chiudere con This hard land, come del resto aveva già fatto inserendo anche The ghost of Tom Joad in momenti di particolare rabbia contro Trump, sul quale non è mai tenero. Il sipario cala, e nessuno sa quando e come si alzerà di nuovo.