la Repubblica, 29 novembre 2018
La scienza contenuta in una palla di carta
Accartocciare un foglio, per uno scienziato, di norma non è un buon segno: significa che qualche calcolo è riuscito male. Ma per i fisici Shmuel Rubinstein e Omer Gottesmann, dell’Università di Harvard, questo è stato il modo per arrivare a una scoperta che potrebbe avere risvolti importanti anche per ridurre i danni, in futuro, di eventi come i terremoti: l’esistenza di una sorta di ordine che può semplificare il caos delle mille piegoline che si formano in modo apparentemente disordinato durante l’accartocciamento. Un ordine che può aiutare a prevedere il comportamento futuro dei materiali esposti a stress meccanico. Ciò che succede quando i materiali si comprimono ripiegandosi per effetto di pressioni esterne è qualcosa che fino ad oggi si riteneva – per la quantità di variabili – troppo difficile da modellare. Come nel caso dei lunghi filamenti di Dna che piegandosi si compattano per poter occupare il minimo spazio possibile nel nucleo delle cellule, o degli strati profondi della crosta terrestre, che sotto certe condizioni di stress si increspano e formano pericolose faglie. «Quello che più serve in tutti questi studi è una riduzione della complessità. E il nostro studio va proprio in questo senso», spiega Shmuel Rubinstein. «Abbiamo accartocciato moltissime volte dei fogli di mylar, resina plastica che si comporta come la carta ma resiste meglio ai test, ricavando molte variabili promettenti per predire il comportamento del foglio: dal numero delle pieghe, alla loro lunghezza, alla distanza tra i rilievi e gli avvallamenti che si formano, e così via. Giocando con questi numeri, a un certo punto ci siamo resi conto che ne bastavano soltanto due – la somma delle lunghezze di tutte le piegoline e la pressione che si esercita sul foglio – per determinare ciò che accadrà al prossimo accartocciamento». Così i ricercatori hanno ottenuto un’equazione di stato semplice e precisa. «Ci permette di predire il comportamento del materiale conoscendo solo il suo stato presente: senza l’equazione avremmo dovuto sapere tutta la sua storia pregressa, cosa che in molti ambiti è impraticabile» spiega Rubinstein. «Per fare un paragone: alle elezioni politiche la tv non riporta soltanto gli exit poll, ma anche i risultati delle scorse elezioni, e di quelle ancora precedenti, e così via. Così come nello sport prima di una partita si citano le statistiche di quell’incontro. Il nostro studio ci dimostra invece che nel caso dell’accartocciamento tutto questo non serve: basta conoscere la situazione attuale del foglio: la mappa delle sue increspature». Di qui l’idea della previsione di terremoti. «Gli strati della crosta terrestre, perlomeno a livello concettuale, sono sistemi molto simili al nostro foglio di carta: subiscono di continuo pressioni, passano attraverso periodi di rilassamento e poi di nuove pressioni, che possono creare increspature e crepe», spiega Rubinstein. «Se si riuscisse anche per i terremoti a trovare un’equazione di stato come quella che abbiamo scoperto per la carta, sarebbe meraviglioso: potremmo ottenere modelli predittivi molto affidabili». L’idea di Rubinstein e Gottesmann potrebbe aiutare anche lo studio dell’evoluzione. «Capire quali tipi di accartocciamenti casuali procurano meno danni strutturali, e sono quindi più adatti a essere adottati da organismi viventi, può aiutare i biologi a capire come si siano sviluppate le ali di coleotteri come le coccinelle, pieghevoli perché alloggiate sotto elitre assai più piccole di loro» spiega Rubinstein. Curioso come sia nato il tutto: «È da quando ero dottorando che mi appassionava capire ciò che succede ai materiali che si comprimono tante volte», chiosa Rubinstein. «Mi sono concentrato sulla carta perché tra tutti era quello più alla portata di un giovane squattrinato».