Corriere della Sera, 28 novembre 2018
Alphonse Mucha, la bellezza è vita
Nel manifesto, Sarah Bernhardt è ritratta nel ruolo di Mélissinde, la principessa di cui Jaufroy Rudel, trovatore d’Aquitania, aveva cantato in versi la straordinaria bellezza sino ad innamorarsene. Prossimo alla fine, il poeta decide di raggiungere Tripoli per incontrarla. Accompagnato da Bertran d’Alamanon ed essendo troppo debole per scendere dalla nave, Rudel manda l’amico a pregare la donna di raggiungerlo. Scambiando Bertran per Jaufroy, Mélissinde gli si concede. Ma il rimorso di entrambi fa sì che essi raggiungano l’uomo morente: solo allora la principessa si renderà conto di essere innamorata proprio di Jaufroy.
Datato 1897, il manifesto viene disegnato dal ceco Alphonse Mucha (1860-1939) per La princesse lointaine di Edmond Rostand (autore del più famoso Cyrano de Bergerac). Mucha, arrivato a Parigi dieci anni prima, a 27 anni, nel dicembre del 1894 incontra Sarah Bernhardt, in quel momento la più celebrata attrice della Ville Lumière.
Il suo primo lavoro? Gismonda, melodramma di Victorien Sardou, interpretato da Sarah, raffigurata come una dea bizantina. La prima dello spettacolo ha luogo al Théâtre de la Renaissance, il 31 ottobre 1894. Sarà proprio «la divina» a lanciare Mucha come affichiste, legandolo a sé con un contratto quinquennale (1895-1900): egli deve occuparsi anche di scenografie e costumi.
Sia Gismonda che Mélissinde fanno parte della mostra bolognese di Mucha, curata da Tomoko Sato: ottanta fra manifesti, pastelli, dipinti e grafica pubblicitaria (27 esposti per la prima volta in Italia), in quel Palazzo Pallavicini in cui nel 1770 si esibì il quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart. Sarah è anche La dama delle camelie di Dumas figlio, Lorenzaccio di De Musset, La samaritana (sempre di Rostand) e la protagonista di temi popolari come Le quattro stagioni rappresentate da altrettante ninfe, del manifesto della XX esposizione del Salon des Cent; de Il canto di Boemia, in occasione dell’indipendenza della Cecoslovacchia, di Sognare ad occhi aperti, e così via.
E pensare che quando, nel 1877, il diciassettenne Mucha vuole iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Praga, la sua domanda non viene accettata: «Sceglietevi un altro lavoro per il quale potete essere utile», gli viene suggerito. Alphonse ha appena finito il liceo, ma già da tempo si cimenta col disegno.
Comunque, nonostante sia stato respinto, Mucha segue la vocazione che lo porterà a diventare uno degli artisti più interessanti e rappresentativi dell’Art Nouveau. Anzi – ha scritto Rossana Bossaglia – «è l’Art Nouveau a concretarsi in Mucha. Senza di lui questo stile sinuoso e asimmetrico, dolce e iperbolico, che stava prendendo forma agli inizi degli Anni Novanta nelle arti applicate, non avrebbe trovato una propria adeguata immagine pittorica. Mucha sta all’Art Nouveau, nella sua fase specifica a cavallo del secolo, come Klimt sta al medesimo stile nella sua fase tarda, quella che oggi riconosciamo più o meno sotto l’etichetta di “stile Secessione”».
Da Praga, Mucha va a Vienna: scenografo al Teatro Ring. I suoi lavori piacciono così tanto al conte Karl Khuen-Belasi che questi gli fa decorare il castello d’Emmahof e, dal 1884 al 1889, lo manda a studiare a Monaco (Accademia di Belle arti) e a Parigi (Accademie Julian e Colarossi). Prime illustrazioni per libri e giornali. Dal 1890 collabora a «Le Figaro» illustrato, «Le monde moderne », «Petit Francais illustré », «La Plume» .
Quindi, come detto, nel 1894 avviene l’incontro più importante della sua vita artistica: con Sarah Bernhardt, per la quale, nel giro di cinque anni, realizza celebri manifesti e gioielli (famosa la coppia anello-bracciale a mo’ di serpente). Una lunga lettera dell’interprete de La signora delle camelie di Dumas e di Lorenzaccio di De Musset gli farà da presentazione al catalogo d’una mostra. Ma è all’Esposizione universale di Parigi, del 1900, che l’artista avrà la sua consacrazione (Padiglione della Bosnia Erzegovina).
Da qui, cartelloni per teatri, café-chantant, prodotti commerciali (sigarette, biscotti, biciclette). Mucha è un convinto assertore della funzione sociale dell’arte e, quindi, alla sua diffusione e riproducibilità proprio attraverso i manifesti. Ha uno stile straordinariamente accattivante. Nei pannelli decorativi riesce a conciliare i simboli femminili della bellezza ideale, ricchi di fascino e carnalità, e un certo realismo popolare. Stesso discorso per le copertine dei libri. Se all’inizio, qua e là, s’intravvede una certa eco di Von Stuck, in seguito Alphonse, che non tiene conto della Secessione viennese, si rifà ad uno stile prettamente ceco. Si confrontino i volti delle sue «eroine»: bellezze tipicamente slave, con elementi orientaleggianti in cui si respira una sorta di tardo romanticismo, di simbolismo. La bellezza si identifica con la vita.