Corriere della Sera, 28 novembre 2018
È giusto cambiare le fiabe?
Sarà stato quel «certo pizzicor entro le vene» che illanguidisce Fiordiligi? O magari è stata la personale concezione dell’«uno vale uno» di Despina («Un uomo adesso amate/ Un altro n’amerete;/ Uno val l’altro»)? Fatto sta che nelle Marche il Così fan tutte di Mozart è stato ritenuto sufficientemente osé da convincere un gruppo di insegnanti a non portare gli allievi (scuole medie) a teatro.
E così domani la messa in scena organizzata dalla Fondazione Lirica delle Marche al Ventidio di Ascoli Piceno sarà, con ogni probabilità, disertata da almeno due scuole. Con tanto di caduta dal pero da parte dell’88enne Pier Luigi Pizzi, regista e autore di scene e costumi: «Parla di infedeltà, ma non è un’opera volgare». E cade dal pero anche uno psicoterapeuta di lungo corso, specialista dell’età evolutiva, Fulvio Scaparro: «Ma come si fa a proibire Mozart? Si parla di allusioni e malizia? E a nessuno viene in mente che l’arte è lo strumento migliore per educare alla giusta e sacrosanta dose di malizia?».
Ma se Ascoli si scandalizza, Bologna non è più audace: l’artista Margherita Cennamo, una che mette in scena fiabe con spettacoli di burattini, si è sentita dire dalle maestre di una materna di Monterenzio: «Scusa, ma non si potrebbe cambiare il finale della Regina delle Nevi? Per esempio mettere un mago al posto del diavolo? E fare in modo che la scheggia invece che nell’occhio venga infilzata nel dito?».
Mozart o Andersen, sempre d’arte parliamo. Scaparro provoca: «Ma allora dovremmo nascondere ai ragazzi e ai bambini praticamente tutto, Divina Commedia compresa. E anche il Cantico dei Cantici». Sì però le legittime domande delle mamme hanno una dignità e in tanti si chiedono: come accompagnare adolescenti o pre adolescenti alla scoperta di sesso, malizia, paura, turbamento? Quale regola usare nella scelta degli spettacoli o delle fiabe?
Sofia Bignamini, psicoterapeuta con lunga esperienza accanto ai più giovani e autrice del saggio «I mutanti» per Solferino, osserva: «Ultimamente vedo il mondo adulto spaccato in una vistosa incoerenza: da una parte ci convinciamo che i ragazzi siano fragilissimi e abbiano bisogno della nostra protezione; dall’altra però, più o meno consapevolmente, li esponiamo a un bombardamento di immagini e simboli fortemente erotizzanti». Pensiamo alla nudità scultorea di Ronaldo, alle canzoni allusive di certi rapper o cantanti pop, o alla inspiegabile familiarità che hanno ormai assunto le effusioni della coppia Fedez-Ferragni. «È questo il vero messaggio che manda in confusione i ragazzi – dice Bignamini —, perché se da un lato si traccia un confine perentorio tra ciò che è giusto vedere e ciò che non lo è, dall’altro si sdoganano atteggiamenti molto più conturbanti».
E quando si cerca di proteggere un figlio dalla paura, si scorda che le fiabe erano in origine scritte per gli adulti e che molte delle versioni arrivate fino a noi sono in realtà già «epurate»: la madre di Biancaneve in origine era quella naturale, ma poi venne trasformata in matrigna per difendere il sacro senso materno dalle efferatezze che la donna compirà. Eppure il mito resta l’unico modo per trasformare le pulsioni in arte.
Citando sempre Shakespeare, ma stavolta l’Amleto, sono «parole, parole, parole».