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 2018  novembre 28 Mercoledì calendario

La causa del dipendente alla società di famiglia quando Luigi Di Maio era già socio

Un dipendente della Ardima Costruzioni – la ditta di Antonio Di Maio e Paolina Esposito – ha fatto causa per farsi riconoscere le ore lavorate «in nero». Il contenzioso era ancora in corso nel 2014, quando la società è stata donata alla Ardima srl di cui sono proprietari i figli Luigi – capo politico del M5S – e Rosalba, mentre il fratello Giuseppe è amministratore. C’è stato anche un tentativo di transazione, che però è andato a vuoto perché l’operaio ha deciso di presentare ricorso in appello. E adesso bisognerà stabilire chi ne fosse stato informato e l’abbia gestito visto che l’attuale ministro del Lavoro e attuale vicepremier – che detiene il 50 per cento dell’azienda – ha dichiarato pubblicamente: «Non mi risultano contratti in nero». Anche perché sarà l’ispettorato del Lavoro – che dipende dal suo dicastero – a dover verificare i rapporti con tutti i lavoratori chiamati nei cantieri.
Domenico Sposito decide di rivolgersi ai giudici di Nola nel 2013. Racconta il suo rapporto con la Ardima Costruzioni, spiega di essere stato pagato per quattro ore al giorno, mentre le altre quattro sarebbero state stipendiate «fuori busta». E per questo chiede la regolarizzazione. La società fa capo a Paolina Esposito, mamma di Di Maio, ma il giudice convoca suo marito che effettivamente si occupa dell’azienda. Nell’interrogatorio Antonio Di Maio assicura che il rapporto era regolare. E specifica: «Sposito lavorava dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 18. Quando abbiamo lavorato al cantiere di via Manzoni non arrivava prima delle 9 e andava via dal deposito alle 16,30. Abbiamo lavorato lì dall’8 luglio al 7 agosto del 2009. Si occupava di ritirare e depositare il materiale. Preferiva ricevere un acconto a prodotto delle giornate effettivamente lavorate per 75 euro al giorno entro la prima decade, poi quando il consulente del lavoro ci portava la busta paga aveva il saldo. A lui veniva pagato tutto l’importo della busta paga più una somma in contanti pari alle giornate lavorate per 37 euro al giorno e ciò accadeva per esigenze personali e lavorative». Sposito cita come testimoni altri operai, uno è Salvatore Pizzo che per primo di fronte alle telecamere delle Iene ha ammesso di aver lavorato senza contratto. 
L’8 gennaio 2016 la sua istanza viene respinta, la causa è persa. Da due anni Luigi Di Maio – che in quel momento è vicepresidente della Camera – ha le quote della Ardima srl. Poco tempo dopo è però suo padre Antonio Di Maio a proporre una mediazione a Sposito: soldi per chiudere il contenzioso. Ma l’operaio non accetta e va in secondo grado. Il fascicolo passa alla Corte d’appello di Napoli e la prossima udienza è fissata nel 2020. In attesa, saranno gli ispettori a dover effettuare nuove verifiche sui contratti siglati con tutti i dipendenti delle due aziende. 
Domattina Antonio Di Maio dovrà invece presentarsi al civico 69 di via Umberto I nel comune di Mariglianella. Su quel terreno, che possiede al 50 per cento perché l’altra metà è intestata alla sorella, sorgeva un rudere adibito a deposito dove aveva sede legale la Ardima Costruzioni. I dati catastali – è stato Il Giornale a scoprirlo – non corrisponderebbero però con quelli reali e il sindaco forzista, Felice Di Maiolo, ha inviato i vigili urbani per effettuare il sopralluogo e scoprire eventuali irregolarità.