Corriere della Sera, 27 novembre 2018
In pensione i cani antidroga. Con l’erba legale sono inutili
NEW YORK Arrivi all’aeroporto Kennedy e, mentre aspetti i bagagli attorno al nastro, ti trovi tra le gambe un beagle scodinzolante che si infila tra zaini e trolley, alla ricerca di salami e altri cibi «proibiti»: magari il panino che non hai finito di mangiare in volo. Se, invece, vedi arrivare un labrador, sai che si tratta di un controllo antidroga. Al piano di sopra, area partenze, è più facile incontrare grossi cani scuri, soprattutto pastori tedeschi e belgi, addestrati a fiutare gli esplosivi.
Droga, terrorismo, contrabbando e anche incendi (in quello che nei giorni scorsi ha fatto centinaia di vittime in California il ritrovamento di tracce dei corpi inceneriti è affidato ai cadaver dog): queste patologie devastanti che colpiscono la società nei modi più diversi vengono combattute, negli Usa e in Europa, ricorrendo a questi animali, sottoposti a un addestramento severo e spesso penoso.
In America i cani K-9, quelli reclutati nei reparti dell polizia, vengono onorati come i soldati veterani di guerra. Ma adesso per molti di loro sta arrivando il momento di una prematura messa a riposo: congedati non perché non sanno fare bene il loro mestiere, ma perché la legalizzazione della marijuana in molti Stati dell’Unione, dal Colorado alla California, ha cambiato la situazione. Questi cani, addestrati a fiutare tutte le droghe, non sanno distinguere la cannabis dalle altre sostanze psicoattive. Per un po’ di tempo le polizie hanno pensato di tenerli comunque, lasciando agli agenti della narcotici distinguere tra «falsi allarmi», il ritrovamento di marijuana, e gli altri casi.
Ma ora le cose stanno cambiando anche perché, come scrive il New York Times, una sentenza della Corte d’Appello del Colorado ha creato un precedente che può inficiare tutte le indagini e le incriminazioni fatte col contributo di questi cani: la storia è quella di Kilo, un cane della polizia della contea di Moffat che, a un posto di blocco anticontrabbando, ha preso di mira un camionista che, hanno scoperto gli agenti, aveva con sé una pipa con residui di metanfetamine. Anche se il caso non riguardava la marijuana, i giudici hanno sentenziato che l’uso di un animale addestrato in modo inadeguato rispetto al nuovo quadro legislativo toglie legittimità all’indagine, rendendo nulli i suoi risultati.
Per Kilo e molti suoi compagni il futuro è incerto. Sono costati molto – mediamente seimila dollari per animale e spesso ne vengono spesi altrettanti per l’addestramento – e ora le polizie non sanno che farsene. Qualche unità ha provato a riaddestrarli escludendo la marijuana, ma i risultati non sono stati confortanti. Intanto arriva una nuova generazioni di cani – labrador e, soprattutto, malinois belgi, preferiti ai pastori tedeschi perché più piccoli e più resistenti alle malattie – addestrati sulla base delle nuove norme (sono indifferenti alla cannabis).
Certo, per i cani dal naso sopraffino le possibilità sono infinite: da quelli da tartufo alla medicina, visto che alcuni studi scientifici attribuiscono a questi animali la capacità di fiutare i pazienti affetti da certe patologie. In California, ad esempio, i cani vengono usati anche per individuare certi molluschi pericolosi per l’ambiente a causa del ritmo di riproduzione estremamente rapido. Mentre in Oregon, il primo Stato a legalizzare la cannabis, i cani vengono usati anche per individuare le rane maculate, una specie in via d’estinzione. Ma l’aggiornamento professionale, problematico per gli umani, lo è ancora di più per i nostri amici a quattro zampe.