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 2018  novembre 27 Martedì calendario

Ora e sempre, Medioevo

La nostra idea di Medioevo si è formata alcuni secoli dopo la sua fine, ed è sbagliata. Il Medioevo non è sinonimo di superstizione, oscurantismo e violenza ma non è nemmeno anticipatore illuminato di teorie o dottrine contemporanee. Esiste però un pensiero politico medievale, istruito e dotto, originale e indissolubilmente legato alla sua epoca, che va oltre la strumentalizzazione dei moderni, impegnati ora ad attribuirgli la radice dei mali, delle manchevolezze e dei fallimenti di ogni epoca, quasi fosse una specie di bad company della storia europea, ora invece a scorgervi il momento della nascita dell’Europa e degli Stati nazione.
Idee che credevamo di capire
Il Medioevo non è niente di tutto questo, spiega un nuovo e delizioso saggio di Gianluca Briguglia che fa da mappatura, e storia intellettuale, de Il pensiero politico medievale (Einaudi, pp. 235, € 21). Briguglia, 48 anni, è direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Strasburgo, dove insegna Storia medievale. E proprio da Strasburgo, dalla sua splendida cattedrale gotica di 142 metri, Briguglia parte per raccontare la storia del pensiero politico dell’Europa occidentale tra il XII e il XV secolo: la cattedrale di Strasburgo è contemporanea, scrive Briguglia, perché è parte vitale della città odierna, oltre che per tutta la storia che vi si è sedimentata arrivando fino a noi, ma allo stesso tempo non sappiamo nulla dell’epoca in cui è stata costruita, delle ragioni per cui è così alta e di molto altro, perché in fondo il mondo storico che ha prodotto la Cattedrale non esiste più e per questo, continua Briguglia, si può dire che la cattedrale di Strasburgo semplicemente non esiste, così come non esistono le idee e le teorie medievali che crediamo di capire e di apprezzare, ma che in realtà non conosciamo, anche se a volte abbiamo l’impressione che siano contemporanee. 


La rassegna che fa Briguglia dei pensatori medievali grandi e piccoli, con quei nomi memorabili che vanno da Giovanni di Salisbury a Brunetto Latini, da Tolomeo da Lucca a Giacomo da Viterbo, e poi i più noti Marsilio da Padova, Tommaso d’Aquino, Dante Alighieri, Guglielmo di Ockham, è una formidabile sceneggiatura di idee e di pensiero sulle città, sul ruolo di Dio, sul discorso pubblico, sulla nascita di una cultura politica. Lo scopo del saggio non è quello di mostrare la grandezza di questi autori sulla base della loro capacità di precorrere i tempi e le idee, al contrario è quello di invitare i lettori a limitarsi a cogliere la specificità e l’originalità del loro pensiero e nel rispetto del contesto storico. 
Il potere della parola pubblica
Eppure, ci scuserà Briguglia, è difficile non pensare ai demagoghi dei giorni nostri leggendo di Boncompagno da Signa che reputa «sregolata e plebea», da «illetterati senza istruzione e ragionevolezza», l’ostentazione oratoria dei concionatores che arringano le folle in sella a un cavallo «che è quasi fatto fremere ad arte come segno di energia, che impugnano la spada con volto feroce e la fanno roteare, che ricordano le vittorie degli antichi e le offese ricevute dai nemici, fino a quando il popolo non urlerà, alla domanda se si vuole scatenare la guerra, «Fiat, fiat», ovvero: «Sia fatto, sia fatto». Altrettanto improbabile non fantasticare sull’urgenza di un manuale d’uso per i social ispirato al Liber de doctrina dicendi e tacendi di Albertano da Brescia il quale, nel 1245, agli albori dello spazio politico creato dalla parola dei cittadini, invitava a stare molto attenti a quella nuova forma di comunicazione: «Ricerca chi sei tu che parli, che cosa dici, a chi lo dici, perché, come e quando parli», ovvero un magistrale manifesto, per usare le parole di Briguglia, «sul potere della parola pubblica, sui suoi pericoli, sulle sue opportunità, sulle sue regole e sul valore del tacere».