la Repubblica, 27 novembre 2018
Intervista a Fabio Rovazzi
Non ha ancora stabilito cosa fare nella vita. Per ora è cantante, regista, autore attore e anche conduttore.
Fabio Rovazzi, 24 anni, i baffi che contrastano sulla faccia da bambino, è un tipo curioso. Coi suoi tormentoni è diventato un fenomeno, Topolino l’ha celebrato col personaggio di Paperazzi.
Alterna certezze a dubbi esistenziali, colpisce il modo in cui parla: a tratti sembra un vecchio saggio. È il volto degli spot della Fiat, da “non cantante” è stato premiato con 12 dischi di platino, il tormentone Andiamo a comandare, esploso nel 2016 – oltre 250.000 copie vendute – ha superato i 165 milioni di visualizzazioni su YouTube.
Tutto molto interessante più di 137 milioni, con Volare in coppia con Gianni Morandi oltre 120 milioni.
Per il nuovo singolo Faccio quello che voglio, già disco di platino, ha coinvolto Al Bano, Emma e Nek. Il 20 e il 21 dicembre condurrà Sanremo giovani su Rai1 in coppia con Pippo Baudo che ha lanciato nel mondo dei social aprendogli in diretta da Fabio Fazio il profilo Instagram (da zero adesso ha 55mila follower).
Rovazzi, per citare il suo disco, lei fa veramente quello che vuole.
«Mi diverto. Lo share di Fazio ci ha dato una mano, per Pippo c’è un numero di like incredibile.
Omaggiare un presentatore è complesso, uno come lui, poi, che ha fatto la storia della tv.
E invece lavoreremo insieme».
Ammetterà, siete una strana coppia.
«Per me è un onore poter presentare Sanremo giovani con lui, è una figura importante, un monumento. Si mangia il palco, spero di fare la mia parte.
Ma con persone come lui è bello poter fare qualcosa una volta nella vita, impari. E alla fine puoi anche dire: ho fatto quel Sanremo con Baudo».
Ha già avuto collaborazioni celebri.
«Sono fortunato: ho cantato con Morandi e con Al Bano.
La cosa bella di questi grandi personaggi è che ti raccontano la vita, te la spiegano, e a me piace ascoltare. Nascono nuove amicizie, quella con Al Bano ad esempio, è bellissima».
Le piacerebbe andare a Sanremo come cantante o come ospite?
«Certo. Ma a Sanremo non ci andrei per sfoggiare le mie non esaltanti doti canore, mi piacerebbe esibirmi e fare una cosa in stile Elio. Uno non va al Festival per fare brutta figura».
Che vuole fare da grande?
«Mi sta piacendo tutto quello che faccio. Quando cominci non sai quale mezzo funziona di più, voglio testarmi su più fronti – web, musica, tv. Il cinema, che m’interessa molto, mi permette di fare altre cose ancora».
Come nasce il fenomeno Rovazzi?
«Ho frequentato il liceo artistico a Milano. Nasco come grande appassionato di videomaking.
Facevo video in discoteca, è stato il mio primo lavoro, poi ho girato i primi video musicali per il web e non mi limitavo solo a filmarli, li interpretavo e curavo il montaggio. Sono autore di me stesso, questa è la chiave».
Ha la mania del controllo?
«In un certo senso sì. Non mi fido di quello che mi mettono in bocca, preferisco presentarmi in riunione con un’idea scritta da me. Conosco il web ma non sono un influencer, per me conta la qualità e quello che comunichi deve avere un senso».
A chi si ispira come comico?
«Qualcuno ha tirato in ballo Peter Sellers, altri Mister Bean che ha un’espressione facciale buffa.
Non so bene la mia identità, ma sono superfan di Elio e le Storie tese anche a livello tecnico».
Come vive la popolarità?
«Con Andiamo a comandare era diventato virale il balletto e tutti volevano farlo. Senza nessun rispetto, mi fermavano e via. Non c’è troppa educazione nell’approccio con gli altri».
Ha fondato una casa di produzione, la Raw: il futuro è da manager?
«Ma no, la casa di produzione non ha lo scopo di seguire artisti.
La cosa che mi piacerebbe fare è autoprodurmi, come è successo per l’ultimo video, così controllo tutto, dai costi al montaggio».
Quanto contano i social nella sua vita?
«Non li controllo sempre.
Ho numeri pazzeschi ma non mi piace far vedere cosa faccio. Sono un cultore del metodo Zalone, lo stimo. Fino a quando non esce un suo film sparisce».
È stato legatissimo a Fedez e J-Ax, poi l’amicizia è finita.
Che è successo?
«Posso non rispondere a questa domanda?».