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 2018  novembre 27 Martedì calendario

Biografia di Paolo Scaroni

Paolo Scaroni, nato a Vicenza il 28 novembre 1946 (72 anni). Dirigente sportivo. Presidente e amministratore delegato ad interim del Milan (dal 21 luglio 2018). Banchiere. Vicepresidente di Rothschild (dal 2014). Dirigente d’azienda. Già amministratore delegato di Eni (2005-2014), Enel (2002-2005), Pilkington (1996-2002) e Techint (1985-1996). «Una vita passata tra elettricità, petrolio, gas, impianti industriali, banche, finanza, rapporti internazionali da Vladimir Putin all’ex segretario di Stato Usa Rex Tillerson, passando per quasi tutti i capi di Stato dall’Africa al Sudamerica» (Stefano Agnoli). «Cambiare è l’unico modo per ringiovanire» • Figlio dell’imprenditore Bruno Scaroni (1913-2011), cofondatore e direttore (1945-1983) di Assindustria Vicenza, e di Clementina Boniver. «Dopo la laurea in Economia e commercio nel 1969 alla Bocconi di Milano e dopo una prima esperienza di lavoro di tre anni in Chevron, Scaroni ha conseguito un master in Business administration presso la Columbia University di New York, e ha continuato la sua carriera in McKinsey. E McKinsey, soprattutto nei decenni passati, è stata una specie di marchio di fabbrica che garantiva la preparazione di un manager doc, molto teso e motivato a raggiungere i risultati attesi dall’azionista. Seguono poi due decenni, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta e fra questi ultimi e i Novanta, in cui Scaroni si conquista uno spazio fra i grandi manager» (Adriano Bonafede). «È nel 1973 che trova la sua strada nell’industria del vetro, entrando nella francese Saint-Gobain, con la quale resterà fino all’85, lavorando tra Milano, Parigi e l’America latina e arrivando ad assumere la responsabilità di tutte le attività della divisione “vetro piano” del gruppo a livello mondiale. Nell’85 c’è il primo ritorno in Italia con la carica di vicepresidente e amministratore delegato in Techint, dove è responsabile, oltre che delle attività nel nostro Paese del gruppo Rocca, anche di numerose altre controllate. Tra il 1993 e il 1996 ha gestito per Techint le privatizzazioni di Siv, Italimpianti e Dalmine. Prima di ripartire dall’Italia trovò il tempo di scrivere un best-seller per Mondadori, dal titolo Professione manager. Poi, l’inizio dell’avventura londinese con la direzione delle attività mondiali della divisione vetri per automobili e l’ingresso nel “board of director” della Pilkington. Da amministratore delegato della multinazionale britannica mette a punto un piano di ristrutturazione premiato dai mercati, soprattutto dalla Borsa di Londra, dove il titolo raddoppiò il suo valore in soli tre mesi. Nel 2001 inizia un nuovo riavvicinamento all’Italia, con l’elezione a presidente di Unindustria Venezia e l’ingresso nella giunta di Confindustria» (Mario Calabresi). «Scaroni, che intanto all’estero si è costruito una solida fama di “tagliatore di costi” (un’inchiesta del Financial Times dell’ottobre 2002 gli attribuisce questa qualifica), è pronto per tornare in Italia. A riportarlo in un ruolo di primissimo piano […] è il governo Berlusconi, che dopo aver vinto le elezioni nel 2001 lo mette alla guida dell’Enel a partire dal giugno 2002. Ma […] già nel febbraio del 2004 cominciano a circolare voci che nel 2005, alla scadenza del mandato di Vittorio Mincato, lui sarà uno dei più accreditati manager nella gara per la conquista dei vertici dell’Eni. Scaroni ha fama di manovratore nei meandri del governo e del sottogoverno, e il legame con il governo di centrodestra (tra l’altro è anche parente di Margherita Boniver, membro sia di qualche governo Craxi che di quello di Berlusconi) sembra dargli forza. In più, la sua fama di manager con esperienza internazionale è conosciuta e apprezzata anche all’estero. E la sua esperienza all’Enel ha riscosso il giudizio positivo di analisti e mercato. La manovra riesce, anche perché non sono tanti i manager del suo livello in circolazione vicini al governo Berlusconi. E così, nel giugno del 2005, effettivamente Scaroni viene proiettato dall’allora ministro del Tesoro, Giulio Tremonti, a capo della più grande azienda italiana, l’Eni» (Bonafede). «Dal 2005, quando è diventato il ceo del Cane a sei zampe, ha movimentato investimenti per circa 115 miliardi e allargato progressivamente il baricentro verso nuovi Paesi, portando il gruppo a consolidarsi soprattutto in Africa. Gli è sfuggito l’obiettivo dei 2 milioni di barili prodotti al giorno, ma il bilancio delle scoperte è largamente positivo: dal 2008 il Cane a sei zampe ha scovato 9,5 miliardi di barili di olio equivalente di risorse, che corrispondono a 2,5 volte la produzione cumulata del periodo. Basti pensare al Mozambico: un vero colpaccio, il più grande successo esplorativo di sempre per Eni in veste di operatore; ma anche a Kenya, Congo, Angola e Gabon in Africa, bacino del Pacifico, Mare di Barents e Cipro. […] Senza la guerra civile in Libia e le turbolenze in Nigeria sarebbe andata ancora meglio. Peccato anche per il prolungato stop di Kashagan, l’immenso giacimento offshore più croce che delizia per Eni e altre big oil come Exxon Mobil, Shell e Total, che ci hanno investito 50 miliardi di dollari e dovranno attendere ancora a lungo prima di rifarsi: gli impianti sono stati fermati appena un mese dopo l’inaugurazione di settembre 2013 per una fuga di gas, e restano ancora chiusi [nel 2014: la produzione è stata poi riavviata nell’autunno 2016 – ndr]. L’altra cifra della gestione Scaroni è la crescita dei dividendi: dal 2005 ai soci sono andati circa 37 miliardi. Eni, che oggi capitalizza circa 63 miliardi di euro, supera anche l’esame del Tsr (Total shareholder return, il ritorno reale per gli azionisti che si ottiene sommando andamento del titolo e cedole): il risultato è di un +56%, che si confronta col +42% realizzato in media dai competitor, e soprattutto col dato negativo del Ftse-Mib (-12,44%)» (Angela Zoppo). Rimase amministratore delegato dell’Eni fino al 14 aprile 2014, quando, allo scadere del suo terzo mandato triennale, il governo Renzi gli preferì Claudio Descalzi, sino ad allora numero due di Scaroni e direttore generale dell’area Esplorazione & Produzione. «E pensare che, da vecchia volpe, Scaroni si era mosso per tempo. Il 14 febbraio Enrico Letta si è appena dimesso. Scaroni va da Bloomberg Tv e del futuro premier dice un gran bene. “Ha impeto, è davvero una persona che vuole riformare il Paese, e riformare il Paese a volte non equivale a essere popolari, ma quando si vuole qualcosa davvero si è già a metà strada”. Poi l’immancabile domanda sulla sua riconferma: “Certo che sono disponibile!”. Renzi lo sarà meno, disponibile» (Francesco Spini). «La vulgata che circola è che proprio con lei alla guida l’Eni, all’ombra del rapporto privilegiato tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, abbia di fatto aumentato la nostra dipendenza energetica dalla Russia… “Sono chiacchiere da bar, che non hanno nulla di vero. Basti dire che nel 2000 la Russia pesava per il 37% delle nostre forniture di gas, mentre nel 2012 la quota era scesa al 28%. E poi Prodi ha rapporti con la Russia buoni almeno come quelli di Berlusconi. E lo stesso è vero per Monti o per la cancelliera tedesca Merkel. Non si tratta certo di amicizie personali, ma di uomini di Stato che fanno giustamente la politica del loro Paese. E i rapporti tra Italia e Russia sono forti e buoni […] da sessant’anni almeno, da quando era ancora l’Unione Sovietica ed eravamo in piena Guerra fredda”» (Francesco Manacorda). «Oggi, grazie anche al patrimonio dei tanti rapporti accumulati negli anni, è approdato alla banca Rothschild come vicepresidente. Incarico prestigioso, come quello nel board della francese Veolia (ambiente ed energia, quotata a Parigi), che non gli impedisce comunque di occuparsi, sempre da presidente, anche del gruppo Giuliani (lo storico amaro medicinale)» (Agnoli). Solido anche il legame con la statunitense Elliott Management Corporation, il più grande fondo d’investimento attivista del mondo, per conto del quale nell’aprile 2017 Scaroni entrò a far parte del consiglio d’amministrazione del Milan, in seguito all’acquisto della squadra da parte dell’imprenditore cinese Li Yonghong. Constatata l’insolvenza di quest’ultimo, nel luglio 2018 fu proprio il fondo Elliott, subentratogli nella proprietà, a nominare Scaroni presidente e amministratore delegato ad interim della società sportiva. «“È un grande onore per me che sono milanista essere presidente della squadra”, ha detto Scaroni, chiarendo di essere stato “scelto lo scorso anno (peraltro attraverso una società di executive search) per rappresentare Elliott in qualità di membro del cda”. L’uso dei cacciatori di teste sembra, come spesso in casi simili, pleonastico, dato che nel network londinese di Scaroni il fondo Elliott è da tempo un perno. […] I rapporti con Elliott sono anche valsi a Scaroni e a Rothschild ruoli non formali di consulenza nella scalata del fondo al vertice di Telecom, coronata a maggio, e nel riassetto del Milan in corso. Ma anche i passati dossier Ilva e Versalis hanno visto il veterano di Rothschild all’opera. E chissà che prossimamente la sua esperienza non possa rivelarsi preziosa anche nel caso in cui Elliott cerchi un clamoroso bis sulla galassia Mediobanca-Generali, uno dei dossier di recente passato sul tavolo di Paul Singer. Per ora sia il fondo sia Scaroni hanno smentito coinvolgimenti, e anche Rothschild ha fatto sapere di non essere coinvolta. Resta il fatto che nella Trieste del Leone Scaroni ha lasciato un pezzo di cuore: dal 2007 al 2014 è stato in consiglio, lasciando obtorto collo in seguito alla condanna in primo grado a tre anni per disastro ambientale sulla centrale Enel di Porto Tolle. Una beffa, anche perché nel gennaio 2017 Scaroni e tutti gli altri imputati sono stati assolti in appello, e la sentenza è stata confermata dalla Cassazione un anno dopo» (Andrea Greco) • «Grande tifoso del Milan, è di lunga data anche il legame con il mondo del calcio. Nel 1997, infatti, Scaroni subentra a Virgilio Marzot come presidente del Vicenza e mantiene la carica fino al 1999, in rappresentanza della società britannica Enic, attiva nel campo del petrolio: il Vicenza di Scaroni è il primo club italiano a passare in mani straniere. Sono gli anni d’oro della compagine veneta, che sotto la guida tecnica di Francesco Guidolin nel 1996 vince a sorpresa una Coppa Italia e l’anno dopo arriva fino alle semifinali di Coppa delle Coppe, quando è eliminata dal Chelsea. Nei due anni di presidenza Scaroni, il Vicenza ottiene un ottavo posto e una comoda salvezza l’anno successivo, perdendo anche una finale di Supercoppa italiana contro la Juventus» (Antonio Martelli) • «Con Berlusconi Scaroni ha tanto in comune oltre al tifo: la gioviale simpatia che lo rende uomo di mondo, sfruttata per farsi un’agenda globale ai massimi livelli della politica e del business; il senso pratico, molto italico, che non si arrende facilmente davanti ai problemi o ai vincoli formali; la mentalità da uomo d’impresa anzitutto, sull’esempio del padre Bruno. […] Due uomini fatti per piacersi: e nel periodo iniziato nel 2002 con la nomina all’Enel s’è visto quanto. Ma è negli anni di capo dell’Eni che Scaroni ha reso inossidabile l’asse con il Cavaliere: fatto di usi generosi del budget di comunicazione e sponsorizzazioni dell’azienda (quasi 2 miliardi di euro in tutto), di disponibilità a pagare l’autostrada libica del "Trattato di amicizia" riparatore tra Berlusconi e Gheddafi, che nel 2008 impegnò la sola Eni a versare 250 milioni di dollari per vent’anni, di missioni geopolitiche spesso in tandem tra Mosca, Tripoli, Astana e ovunque governo e azienda potessero fare da terzo incomodo contro il blocco anglosassone delle sette sorelle» (Greco) • Sposato con Francesca Zanconato, già vicepresidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano; tre figli: Clementina (1974), avvocato, Bruno (1977), dirigente di Generali, e Alvise (1986), dirigente di Boston Consulting Group • «Dirigente d’impresa cosmopolita ma anche provinciale (provincia di Vicenza), archetipo dei boiardi ultimi scorsi con patenti di governi di ogni colore, carriera cinquantennale di consulente-industriale-petroliere-banchiere passato senza una piega dalle infrastrutture al vetro, dall’elettricità alla geopolitica degli idrocarburi, poi alla finanza. Infine al calcio, passione di sempre. […] Sempre amico dei poteri e pronto a risalire sull’onda, per l’abilità rara di gestire situazioni complesse senza compromettersi del tutto» (Greco). «Un vero ceo all’americana. […] In lui e nella sua gestione si compie il trapasso dall’assolutismo regio alla democrazia dittatoriale illuminata e cortese. Chi comanda? Lui. Chi gestisce? Lui. Chi ordina? Sempre lui» (Fernando Napolitano). «Il più grande monopolista della storia, ma anche il più simpatico» (Luca Cordero di Montezemolo) • «L’indipendenza energetica è l’indipendenza».