ItaliaOggi, 27 novembre 2018
Gli Emirati puntano sul design
Il nuovo oro nero di Dubai si chiama design. La città, che si prepara al post-petrolio, sta investendo per creare un humus capace di dare al proprio design un’identità precisa. L’obiettivo è di ricavarsi un posto accanto ai giganti mondiali del settore, dall’Italia alla Scandinavia. Il design degli oggetti sta provocando la rinascita dell’artigianato negli Emirati. Ed è uno strumento semplice ed efficace per diffondere la cultura degli Emirati. L’ambizione di Dubai è di non essere vista solo come piazza finanziaria, ma centro di un nuovo mondo culturale. E il design, come strumento di comunicazione, permette di tessere le fila.Nel 2017 Dubai è entrata nella lista dell’Unesco delle città creative per il design. E nel 2020 ospiterà l’Expo universale che sarà un occhio aperto sul futuro. Oggi, ha un intero quartiere abitato dai creativi, che ospita tutte le iniziative che favoriscono l’emergere di un ecosistema e di nuovi talenti.
Si chiama Dubai Design District (d3), il quartiere urbano di riferimento per i designer e i creativi, dove hanno indirizzo le startup, gli showroom e gli spazi di coworking. Nato nel 2013, oggi è una scommessa vinta: l’85% degli spazi è occupato, secondo quanto ha riportato Le Monde. C’è un grande fermento.
È qui, all’ombra dello skyline con i grattacieli avveneristici più alti del mondo, che la Dubai Design Week ha festeggiato la sua quarta edizione chiusa il 17 novembre. Da un anno è diretta dal britannico William Knight. Arrivato dal London Design Festival ha già messo insieme delle energie. Il 13 novembre, la prima università di design industriale (Dubai institute of design and innovation) ha aperto le proprie porte agli studenti in uniforme grigia e bianca, in puro stile britannico.
La fiera commerciale Downtown, del 13 novembre, ha riunito 175 espositori internazionali, tra i quali Cappellini, Artemide e Cassina. E ha inaugurato la speciale sezione Downtown Editions che riuniva le creazioni in serie limitata di una quaratntina di designer del Medio Oriente.
Parallelamente, nella città vicina di Charjah è stata lanciata la biennale Fikra, primo festival del Medio-Oriente dedicato alla progettazione grafica. «Il design è il cemento culturale che manca al nostro paese. Si parla di design italiano, scandinavo, libanese, ma anche quello degli Emirati Arabi Uniti nonostante abbia ancora connotati da definire e da consolidare» ha detto a Le Monde il designer Khalid Shafar, 38 anni, con studi all’università americana di Belle Arti di Dubai, e specializzazioni ottenute nelle scuole di Londra e della Nuova Zelanda.
Khalid Shafar è considerato il padre del design di Dubai. Dal 2011 la sua collezione Palm, ispirata ai palmizi, l’ha portato all’attenzione internazionale, fino al Louvre di Abu Dhabi per il quale ha realizzato un affresco monumentale. Per la Dubai Design Week è il curatore dell’esposizione dedicata alla prossima generazione degli Emirati. The Next Generation from The Emirates, centrata su 10 giovani designer emiratini che propongono oggetti moderni ispirati alla tradizione.
Il design di Dubai affonda le radici nel rinnovamento della tradizione dei beduini, ma tiene anche conto di preoccupazioni contemporanee come il rispetto dell’ambiente, ad esempio. E vuole proporre oggetti di arredo urbano sostenibili in una città dominata dal cemento. L’idea di Asna Moazzam Khan è di utilizzare le foglie di palme da dattero, le stesse che fino agli anni Sessanta venivano usate per costruire case e recinzioni e che, invece, oggi abitualmente vengono buttate via (circa 420 milioni di foglie l’anno): questo materiale naturale potrebbe servire per realizzare le fermate dei bus, le panchine pubbliche, ma anche mobili per la casa. Una testimonianza dei vecchi villaggi dei nomadi per ritrovare, nella moderna Dubai, le gesta del passato.