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 2018  novembre 27 Martedì calendario

Re Luigi X di Francia morì dopo una partita di tennis in una giornata nella quale il sovrano bevve troppo vino gelido rivelatosi poi letale

Saggista e traduttore in quota Adelphi, il genovese Matteo Codignola firma un’esultante, briosa e a tratti malinconica apologia del tennis: Vite brevi di tennisti eminenti. Un titolo che ricalca il classico Vite brevi di uomini eminenti del letterato inglese John Aubrey, autore nel Seicento di pettegole e fulminanti biografie di contemporanei (un classico della letteratura barocca, ma anche un classico titolo Adelphi, che lo stampa e ristampa da decenni).Tra le vite brevi di Aubrey c’è quella di Shakespeare: «Mr William Shakespeare era nato a Stratford sull’Avon nella contea di Warwick. Suo padre era un macellaio, e mi hanno raccontato tempo fa alcuni suoi vicini di casa che da ragazzo egli abbia fatto il mestiere del padre, ma che ogni volta che uccideva un vitello lo faceva in stile grandioso e pronunciava un discorso».
Tra le vite brevi di Matteo Codignola troviamo quella della californiana Alice Marble, che negli anni trenta dell’altro secolo, da «tennista più forte al mondo», giocava il doppio con un William Randolph Hearst (il Citizen Kane d’Orson Welles) deciso a stracciare Charlie Chaplin sul campo da tennis. Codignola è telegrafico: «Il contratto. A tempo determinato, come sceneggiatrice part-time per Wonder Woman. La missione, negli ultimi giorni di guerra, per l’OSS, che chiede a Alice di volare a Ginevra e riallacciare i rapporti con Hans [una sua vecchia fiamma, anzi il suo «primo amore»] diventato nel frattempo il banchiere di fiducia di un numero rilevante di capoccia nazisti: scena seguente, Alice nella cantina del suo ex, nel cuore della notte, china con una minuscola macchina fotografica sul registro dei clienti di Hans, e dei loro beni depositati nei suoi caveau; e poi, ancora, Alice in fuga, verso l’aeroporto di Ginevra, sulla Mercedes rubata a quel fesso di Hans, che la insegue invano su un’altra macchina». Alice, conclude Codignola, «nel mélo si trovava a suo agio tanto quanto nel film d’avventura».
Non che Vite brevi di tennisti eminenti sia una sorta d’action movie sub specie paneririco del tennis. Ma un po’ lo è, naturalmente: il tennis ha un suo «lato in ombra», un suo côté avventuroso, una sua romanzesca dimensione estetica. Codignola, che costruisce ogni capitolo del libro come commento d’una vecchia fotografia di tennisti all’opera fuori e dentro il campo, esplora soprattutto questa mappa laterale e letteraria dello sport più elegante e sciccoso mai praticato su questo pianeta: le brachette 1950 «con l’ornamento stesso della lussuria: il pizzo» di Gussie Moran, la sfrenata grandezza di Francisco Pancho Segura, i traumi di guerra di Art Larsen detto Tappy, l’invenzione del tennis professionistico da parte di Jack Kramer (in copertina) e l’immeritato, incomprensibile oblio di Nicola Nick Pietrangeli («una vicenda perfetta per biografi non condannati alla brevità: il sangue russo da parte di madre, l’infanzia in Tunisia, la guerra, il primo match nel campo di prigionia dove Pietrangeli padre era detenuto»). Tutte queste storie, come in un murales di Diego Rivera o in una tavola di Jacovitti, compongono una vasta e luminosa Commedia umana popolata di personaggi d’ogni sorta, crudeli e generosi, ridicoli e malmostosi.
Molte le storie, e tra le storie anche la Storia: «È piuttosto eloquente», racconta Codignola, «che uno dei primi eroi del tennis sia stato Luigi X di Francia, non a caso soprannominato «il Litigioso», morto dopo un’estenuante partita giocata in un torrido pomeriggio di giugno, al termine della quale il sovrano aveva bevuto una quantità di vino gelido poi rivelatasi letale. Un destino non troppo diverso da quello di un altro regnante, Giacomo I di Scozia, che il 20 febbraio del 1437 venne ucciso da un gruppo di cospiratori cui avrebbe potuto tranquillamente sottrarsi. Come? Fuggendo per un camminamento segreto che a palazzo esisteva da sempre in previsione di circostanze simili, ma che Giacomo aveva fatto tombare tre giorni prima, ritenendo che il buco fetido dell’imbocco distruggesse l’armonia del suo campo da tennis privato, oltre a inghiottire un numero decisamente eccessivo di palline».

Diego Gabutti Matteo Codignola, Vite brevi di tennisti eminenti, Adelphi 2018, pp. 294, 22,00 eu