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 2018  novembre 27 Martedì calendario

Magalli appoggia Salvini

Se davvero fosse diventato presidente della Repubblica, come auspicava Il Fatto quotidiano alcuni anni fa, forse non avrebbe potuto fare certe affermazioni. Ma Giancarlo Magalli è un comune cittadino, dotato di un osservatorio privilegiato sul sentire degli italiani, quali sono i programmi seguitissimi che conduce. E così, con onestà e una certa competenza, duegiornifa,invitato allamanifestazione di Cantiere Italia, la fucina politica messa su da Gianni Alemanno, il celebre conduttore ha potuto fare il suo endorsement a favore di Salvini (che poi lo ringrazierà in un tweet), smentendo alcuni luoghi comuni. Salviniè un razzista?, gli chiedono. E lui: «No, semmaiè un protezionista. Preferisce non far arrivare gli stranierinon perchéli odia,ma perché sono persone che spesso portano violenza, delinquenza e disordine». OVAZIONE Qualcuno ora potrebbe insinuare che anche Magalli, al tempo dei populisti al governo e dei giallo-verdiin Rai, sta provando a salire sul carro(ccio) del vincitore. Ma la verità è che il conduttore parla dall’alto della sua esperienza perché ha il polso della situazione, abituato com’è, da anni, a farsi i Fatti… Vostri, cioè di tutti noi italiani. E infatti non si può non sottoscrivere quanto dice dopo: «Il fatto che ogni volta che Salvini ne dice una, anche più grossa di quella prima, aumenta i voti, vuol dire che non parla proprio nel vuoto… Forse esprime cose chela gente condivide». Fattuale: Salvini, comunque la si pensi, traduce quello che è oggi il convincimento di molti italiani, e infatti non è un caso che più di un cittadino su trelovoterebbe. E poi, a prescindere dalministro dell’Interno, Magalli afferma una cosa sacrosanta, che riguarda il senso dell’essere italianieil diritto di difendere questa identità, chiarendo che «sovranismo» non è una parolaccia. «Tutto quello che finisce in -ismo», dice lui, «dal nazismo al marxismo al razzismo, sembra sempre una cosa brutta. Ma a me sovranismo non sembra una cosa brutta: forse, se si chiamasse “sovranità nazionale”, sarebbe più eroico come termine. È la stessa cosa però suona meglio». Alla base, in ogni caso, c’è «il rispetto della propria identità nazionale» e una certezza: «Non sta scritto danessuna parte che la sovranità di un popolo debba essere esercitata da un altro popolo». E giù ovazione del pubblico. Ciò che è interessante, al di là delle convinzioni personali, è il contributo simbolico che Magalli può dare alla causa sovranista:lui, insieme ai volti del cinema che hanno dichiarato la propria stima per Salvini, dalla Gerini a Scamarcio fino ad Amendola, aggiunge una sfumatura pop all’ondata populista, rende cioè la vulgata leghista spendibile, oltre che nelle piazze e sui social, anche nei salotti televisivi. E mostra la contiguità tra i due mondi a livello comunicativo: in entrambi i casi, offrire un messaggio semplice, comprensibile e schietto aiuta a far crescere il numero di chi ti segue, siano telespettatori o elettori. IL SEGRETO In aggiunta a ciò,Magalli potrebbe insegnare al ministro dell’Interno come si faccia a rimanere così a lungo sulla cresta dell’onda, a non invecchiare mai nei ruoli di comando, di una trasmissione o di un Paese. Lui,conuna carrierain televisione di oltre quarant’anni, potrebbe spiegare a Salvini il segreto della durata, che è arte ben più difficile del guadagnarsi il consenso. In cambio, per ottenere questi suggerimenti e avere una persona di esperienza nel settore, Salvini, perché no, potrebbe proporre Magalli comeministro delle Telecomunicazioni. O magari tornare allavecchiaidea difarlo capo dello Stato, presidente ideale di una Repubblica televisiva e sovranista. Una presenza di peso al Quirinale, e non solo per la stazza. ©