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 2018  novembre 27 Martedì calendario

McEnroe su se stesso

Comincia con un incubo ricorrente, la finale del Roland Garros del 1984 contro Ivan Lendl. Ogni volta, a John McEnroe sembra di sentire ancora il sapore della terra rossa tra le labbra. Finisce sempre allo stesso modo, con una sconfitta, un rimpianto, un urlo e un bagno di sudore. Fa meno male, brucia ancora: «Voglio essere chiaro: niente potrà mai mai mai compensare quello che è accaduto quel giorno». Un’autobiografia non gli è bastata. McEnroe aveva ancora troppe cose da dire. Dopo il suo primo libro” Sul serio”, esce oggi il secondo “100%”. L’ex tennista americano, seduto sulla sedia dell’arbitro, senza essersi mai completamente pentito delle sue sfuriate e degli insulti, delle mani tra i capelli, delle racchette distrutte,” you cannot be serious!”, ride di sé stesso, del Supermoccioso che è stato ma anche di tutti gli altri. Il tennis è stato la sua vita. Il campo gli manca e continuerà a mancargli. Ma in quasi sessant’anni c’è stato anche molto altro. Per esempio sua moglie, la cantante Patty Smyth a cui il libro è dedicato e che giura che suo marito è l’unica persona al mondo capace di tranquillizzarla. Dice sul serio anche lei. McEnroe è stata una rock star, negli anni ’80 tutti pronunciavano il suo nome, tutti volevano stringergli la mano: i Rolling Stones, Donald Trump, Nelson Mandela, Andy Warhol. Non ha mai fatto sconti: «L’opinione che avevo di Warhol era che lui fosse un mediocre. Ma, soprattutto, lo trovavo irritante e noioso». Quel «rompicoglioni» saltava sempre fuori in mezzo alle feste con la sua macchina fotografica. «Non so quante foto mi abbia fatto, ma anche se me ne avesse fatta una, sarebbe stata una di troppo». Trump nel 2000 offrì un milione di dollari per organizzare una versione aggiornata della battaglia tra i sessi, un incontro tra McEnroe, allora 41enne, e una tra le sorelle Williams. Né Serena né Venus accettarono. «Non so bene perché, ma la questione dell’incontro tra me e Serena non è passata di moda. Io penso di poterla battere? Non ditelo a nessuno, ma penso di poterci ancora riuscire». Björn Borg, invece, è intoccabile. Non si sono mai odiati, nemmeno quando si giocavano la vita o la morte sul centrale di Wimbledon. Si piacevano troppo. Un giorno, pochi anni fa, il papà di McEnroe ha telefonato a suo figlio per dirgli che avrebbe voluto accompagnarlo in un torneo in Belgio. John rispose che non se ne parlava nemmeno, Borg allora ha preso il telefono e gli ha detto: «Non ti preoccupare, se John non ti ci porta, ti ci porto io». Poi, rivolto al suo antico avversario, lo svedese ha aggiunto: «È tuo padre, John, ed è l’unico che hai». Il Supermoccioso ha vissuto una vita piena di gloria, di trofei e di applausi del pubblico. Scrive a futura memoria degli altri e di sé stesso: non vuole dimenticarsi di niente.