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 2018  novembre 26 Lunedì calendario

Colf e badanti, uno su due è in nero

Le liti sul lavoro domestico che arrivano davanti al sindacato sono in aumento nell’ultimo decennio, del 3-5% all’anno. Lo rivelano le analisi condotte da Domina e Fondazione Moressa. Alla base di queste liti tra le famiglie, da un lato, e colf, baby sitter e badanti,dall’altro, c’è l’elevato tasso di irregolarità nel settore, che occupa in totale quasi due milioni di addetti, 864.526 regolari e oltre un milione sconosciuti a Inps, Inail e Fisco. 
La stima Istat di sei domestici irregolari su dieci trova conferma nei controlli dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che hanno scoperto prestazioni completamente “in nero” nelle famiglie nel 56,4% dei casi monitorati nel 2015, nel 60,8% nel 2016 e nel 47,3% nel 2017. Un comportamento che può costare caro ai datori, che possono vedersi arrivare richieste di pagamenti arretrati per svariate migliaia di euro.
È la “vicinanza” con i lavoratori domestici, che frequentano abitualmente la casa e si prendono cura dei bambini o degli anziani, a indurre le famiglie a non formalizzare il rapporto secondo le regole del contratto nazionale di lavoro, affidandosi ad accordi verbali – a volte poco chiari – e a stipendi versati in contanti. L’indagine «Vertenze nel lavoro domestico: il confine tra legalità e necessità» è realizzata dalla Fondazione Leone Moressa per Domina, l’Associazione nazionale delle famiglie di datori di lavoro domestico. Sarà presentata a Milano il 12 dicembre e fa luce sul tipo di irregolarità che sta alla base delle liti arrivate al sindacato (lo step successivo è il tribunale).
I controlli effettuati dall’Ispettorato nazionale del lavoro sui datori di lavoro domestico (1.718 nel 2015, 1.191 nel 2016 e 1.068 nel 2017) rivelano che oltre all’attività totalmente in nero, esiste anche un’area di lavoro grigio, cioè sottoinquadrato o con un orario dichiarato che non corrisponde a quello effettivo. Succede, ad esempio, che una badante assunta per prendersi cura di un anziano non autosufficiente sia inquadrata come una colf addetta alle pulizie, senza esperienza o competenze particolari. A questo inquadramento più basso corrisponde naturalmente una retribuzione oraria inferiore. Nel 2017 il sottoinquadramento dei lavoratori è stato scoperto nel 17,7% dei controlli degli ispettori sulle famiglie-datori di lavoro domestico, rispetto al 6,4% dei casi rilevati nel totale degli altri accertamenti.
Un’altra prassi diffusa tra le famiglie e altrettanto rischiosa in caso di controversia con il lavoratore, è quella di dichiarare all’Inps un orario diverso da quello effettivamente svolto, ad esempio la metà delle ore settimanali, versando una parte della retribuzione in nero: il datore risparmia sui contributi e il lavoratore dovrà versare meno imposte sul reddito. Questa prassi è stata riscontrata nel 4,2% delle famiglie ispezionate nel 2017, mentre nel resto degli accertamenti incideva per il 14,6 per cento. Ma nel 2016 erano state riscontrate irregolarità sull’orario di lavoro domestico nel 13,1% delle famiglie, in linea con il 13,8% rilevato nei controlli sugli altri settori. Dopo anni di lavoro con questa prassi, però, può accadere che una persona impiegata come badante chieda pagamenti arretrati riferiti a 54 ore settimanali, per un periodo anche molto lungo, mettendo la famiglia davanti a una richiesta di denaro che può tranquillamente arrivare a 35mila euro.
L’indagine di Domina-Fondazione Moressa mette sotto la lente anche il valore economico del lavoro domestico, considerando che l’8,3% delle famiglie italiane ha almeno un collaboratore e che il numero delle badanti – dato anche l’invecchiamento progressivo della popolazione – è cresciuto dell’8% dal 2012 al 2017. La spesa per pagare i servizi di colf, baby sitter e badanti è di 6,9 miliardi all’anno: 5,6 miliardi per le retribuzioni, 0,9 miliardi per contributi e 0,4 miliardi per il Tfr. Se si aggiunge a questa cifra la spesa per retribuire i lavoratori irregolari, secondo Domina si arriva a un totale di 18,96 miliardi. 
«È evidente – spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina – quanto sia necessario sostenere le famiglie che assistono a casa le persone anziane e non autosufficienti, facendo risparmiare allo Stato 15 miliardi all’anno. È necessario estendere alle retribuzioni del personale domestico – aggiunge – la deducibilità fiscale oggi prevista solo per i contributi, almeno per le persone non autosufficienti. Una spesa che si ripagherebbe almeno in parte, per lo Stato, con i contributi e con le imposte dei lavoratori che emergerebbero dal nero».