La Stampa, 26 novembre 2018
Intervista a Margherita Panziera, l’ultima romantica del nuoto
Bionda, veneta, oro nei 200 metri agli ultimi Europei di nuoto. E non è Federica Pellegrini. Lei si chiama Margherita Panziera, altro stile, dorso e altro approccio: un romanticismo difeso con determinazione.
Nel 2008 Pellegrini vince l’oro ai Giochi. Lei quattordicenne davanti alla tv?
«No, confesso. Nuoto da quando ho 4 anni ma quello era il periodo più complicato. I compagni adolescenti iniziavano a farsi la loro vita e io stavo sempre in vasca. Risultato: una volta fuori non volevo saperne di questo sport. Mi chiedevo pure se volessi davvero starci dentro».
Che cosa l’ha convinta?
«Meglio chi: i miei genitori. Mia madre infermiera, mio padre impegnato nello stabilimento chimico di Porto Marghera, solidi, pratici, presenti. Mi hanno portata ovunque, a tutte le ore e mi hanno insegnato che anche i sogni vanno costruiti un tassello alla volta. Non appaiono e scompaiono di colpo».
Oro nei 200 dorso agli Europei, nella stagione della tripletta di Quadarella. La piscina al femminile non è più solo Pellegrini?
«Non l’ho mai vista come una rincorsa e ora non mi sembra un’eredità. Abbiamo fatto il nostro percorso e siamo sbocciate al momento giusto, alla prima occasione vera. Solo che adesso si azzera. Abbiamo davanti due mondiali, il primo in vasca corta. Alla fine dell’estate vediamo a che punto stiamo».
A che punto si sente?
«Il livello si è alzato e io limiti non me ne pongo. Certo, se Katinka Hosszu è in forma probabilmente è imprendibile, ma chi lo sa. Anche Federica ha battuto Ledecky quando tutti dicevano che non c’era gara».
Ruberebbe qualcosa alla sua collega veneta?
«Sono contenta come sto».
Dopo l’oro che cosa ha fatto?
«Mi sono laureata in economia aziendale, tesi su come le Olimpiadi possono essere un guadagno».
Potrebbe lavorare alla candidatura italiana per i Giochi invernali del 2026.
«Volentieri, sono stufa di sentir dire che i Giochi sono uno spreco di soldi. Citano Atene come se nel 2004 avessero certificato il fallimento dei Cinque cerchi: hanno solo provato i danni che può fare una pessima amministrazione».
Il governo vuole cambiare la gestione fondi del Coni. Che cosa ne pensa?
«Mancano dei parametri di valutazione: come e quanto vogliono intervenire concretamente sulla distribuzione dei fondi, con che criteri, quali persone se ne occuperanno. Se c’è trasparenza una gestione dello Stato magari può portare un maggiore coinvolgimento».
È la prima atleta Aniene, club legato al presidente del Coni Malagò, che non è contraria.
«Non ci fanno il lavaggio del cervello... Voglio sapere prima di giudicare, ne ho parlato a lungo con il mio fidanzato e la pensa così anche lui».
Simone Ruffini, campione del fondo azzurro. Prima di stare con lei ha fatto una proposta di matrimonio pubblica a un’altra nuotatrice...
«Stavo proprio lì, sul molo, all’arrivo di quella 25 km. Stessa squadra... tifavo e siccome sono un’inguaribile romantica mi sono pure emozionata».
Quante volte glielo ha rinfacciato?
«Parecchie, però ho giurato di smettere: esiste il diritto all’oblio».
Ora però vorrà una proposta ancora più scenografica.
«Ho 23 anni e il matrimonio non è proprio all’orizzonte».
E dove sta il romanticismo?
«Nel lieto fine. Ci credo, voglio storie in cui tutto si aggiusta, voglio Disney e non mi vergogno a dichiararmi appassionata della categoria cartoni perché lì il bene trionfa. Concetto sottovalutato. Ho pure un cane che si chiama Lilly e canto tutte le colonne sonore».
Film preferito?
«Mulan».
Una donna guerriera...
«Certo, è il mio spirito. Per questo mi sono tatuata un leone sulla schiena. L’unica volta in cui ho mollato è quando mi hanno fatto provare le acque libere, la specialità di Simone. Dopo 4 km nel lago Trasimeno ho pianto per mezz’ora».
Come vede una 4x200 con Quadarella e Pellegrini?
«Ci si devono mettere loro, io non mi sento competitiva sulla distanza. Ci dovrei lavorare così tanto che l’idea mi intriga poco».