Corriere della Sera, 24 novembre 2018
I problemi di Piaggio Aerospace
La recente visita del premier Giuseppe Conte ad Abu Dhabi avrebbe dovuto sbloccare tutto. D’altronde il governo emiratino, che controlla il fondo Mubadala, ha avuto negli ultimi anni buoni uffici con l’esecutivo italiano, come testimonia anche l’investimento di lungo termine in Unicredit tramite il fondo sovrano Aabar. Eppure giovedì da Abu Dhabi hanno deciso che la misura fosse colma e che l’investimento in Piaggio Aerospace (1,2 miliardi di euro negli ultimi dodici anni) dovesse azzerarsi chiedendo al cda di fare l’ultimo passo: la richiesta al ministero dello Sviluppo dell’amministra-zione straordinaria. Fonti vicine al fondo Mubadala raccontano, però, di una situazione insostenibile.
Ieri l’amministratore delegato Renato Vaghi si è dimesso perché ora subentreranno tre commissari nominati dal dicastero guidato da Luigi Di Maio. Prima di lasciare ha scritto una lettera ai dipendenti rassicurandoli sul fatto che Piaggio Aerospace non andrà in liquidazione. Lo stesso top manager mercoledì era stato ascoltato per la prima volta in audizione in Parlamento e aveva chiesto di accelerare sulle risorse rivendicando la bontà del programma condiviso con Leonardo, primo fornitore e primo creditore di Piaggio Aerospace con un’esposizione di 117 milioni. I sindacati sono sul piede di guerra: Piaggio Aerospace impiega oltre 1.300 persone tra Villanova d’Albenga e Genova e insiste su un’area industriale in forte crisi, come ricorda Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria. Che ieri ha chiamato Di Maio: ha raccontato che il vicepremier lo ha tranquillizzato «sullo sviluppo dell’azienda». Che per le attività di produzione di aerei civili era in trattativa per la vendita di alcuni brevetti a una cordata cinese, bloccata dalla golden power del precedente governo. Intanto, per il 7 dicembre, Di Maio ha convocato il tavolo con i sindacati al Mise.