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 2018  novembre 24 Sabato calendario

Biografia di Giuseppe Toniolo

Capita, e non è cosa insolita per chi coltiva interessi storici, che dal passato emergano biografie di particolare interesse. Alcune entrano stabilmente nel dibattito culturale, altre restano affidate alla casualità di qualche ricorrenza.
Non è detto che la scriminante possa essere l’attualità del loro pensiero e delle loro azioni. Si pensi, ad esempio, a quanto sono pressanti oggi temi quali il rapporto tra mezzi e fini nei comportamenti economici, piuttosto che la compatibilità tra pulsioni individualistiche e azioni solidali nei confronti di chi sconta diseguaglianze crescenti, o le sofferenze del regime democratico. Questioni non trascurabili in economie complesse in cui i comportamenti collettivi sono condizionati da chi, per ruolo politico o sociale – o per potere reale sul mercato – definisce il confine tra interessi frazionali e responsabilità generali. Non solo in ossequio modaiolo alle parole di Papa Francesco, ma per ragioni di sostenibilità e di efficienza sistemica.
Eppure un Giuseppe Toniolo (Treviso, 1845 – Pisa, 1918), studioso cattolico che a tali scomode domande ha dedicato una vita, è sempre stato ai margini del dibattito economico e politico. Questa dispersione di memoria è segnata in un percorso biografico molto atipico: economista con l’attitudine a interpretare i processi sociali, titolare dal 1879 al 1917 della cattedra di Economia politica all’Università di Pisa, ha tracciato un’originale via alla santità segnata da una profonda religiosità vissuta in famiglia e ispiratrice di una fervida attività intellettuale di respiro internazionale, affiancata dalla costante promozione di iniziative sociali. A lui si devono le Settimane sociali dei cattolici italiani, la «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie» e, nel 1917 in piena guerra, l’idea di un istituto internazionale per la pace. Sua la richiesta a padre Agostino Gemelli di fondare un ateneo per dare al Paese una giovane classe dirigente ispirata ai valori cristiani. Il 29 aprile 2012 Giuseppe Toniolo è stato proclamato beato da Benedetto XVI.
Non gli hanno certo giovato la questione romana, le coeve rigidità dell’istituzione ecclesiastica del non expedit e il suo stesso faticoso distacco dal corporativismo cattolico. Né gli era favorevole l’orientamento emergente nel cattolicesimo italiano, da Luigi Sturzo in poi, a confidare sulle espressioni politico-partitiche più che sugli attori sociali, considerati troppo fragili in un Paese culturalmente e socialmente arretrato.
Il fulcro analitico del suo pensiero chiedeva al mondo cattolico di aprirsi alla modernizzazione e di confrontarsi con gli assetti del capitalismo industriale in un’«economia mondo» in piena affermazione. Un contesto incompatibile per i cattolici con una vita buona per i singoli e giusta per tutta la società.
Per immergersi in quella realtà e coglierne tutta la dinamica complessità, Toniolo ricorse a tutte le scienze dell’uomo, dall’analisi dei processi storici di lungo periodo allo studio dell’incidenza delle diversità territoriali sulle strutture socioeconomiche. La disciplina che professava, la scienza economica, gli offrì l’intelaiatura concettuale e metodologica per un realistico discernimento sostenuto dalla riflessione filosofica.
Le sue considerazioni su Il compito economico più urgente dell’avvenire (così il titolo di un suo saggio edito nel 1900), si fondavano su affermazioni del tutto divergenti dalle dominanti teorie neoclassiche. Mentre i marginalisti si applicavano a elaborazioni teoriche astratte e lontane dai problemi concreti, Toniolo si immergeva in quella nuova realtà segnata dai drammi della grande depressione di fine Ottocento e, nei brevi anni della Belle époque, dalla rimozione dei malesseri sociali e politico-istituzionali dell’età liberale.
Per cogliere l’essenza di quella tumultuosa fase storica, Toniolo si applicò all’elaborazione di un paradigma economico e sociale coerente con la Rerum Novarum, l’enciclica di Leone XIII il cui titolo recitava De conditione opificum. Il ruolo dei lavoratori, dunque, fattore di produzione ed espressione compiuta dell’umanità della persona, assunto come finalità ineludibile delle azioni economiche in alternativa morale ed economica alle azioni speculative. «Nel flusso quotidiano del progresso», scriveva Toniolo, ogni costo economico coincide con un costo morale in quanto riguarda l’uomo e l’intero ambito delle sue relazioni sociali, nei luoghi di produzione come nelle comunità intermedie liberamente costituite. Come ha notato il presidente Sergio Mattarella nel bel messaggio in ricorrenza del centenario della sua scomparsa, il pensiero di Toniolo entra nel concreto di un’economia centrata sulla persona. In una dimensione etica che impone agli operatori economici e ai soggetti sociali di produrre e di ridistribuire ricchezza così da ridurre le condizioni di bisogno e di povertà che scaturiscono dagli egoismi individuali e dagli eccessi dell’autoritarismo statale. Ma senza illusioni: «I poveri infatti li avete sempre con voi» (Vangelo di Matteo 26,11).
Da questi presupposti derivava il disegno tonioliano di una democrazia «sostanziale», fondata sui valori cristiani e sull’emancipazione dei ceti più deboli, premessa di una convivenza compiutamente civile.
La «vita buona», per Toniolo, era una costruzione sociale e politica realizzabile con azioni concrete, non strettamente economiche e non solo politiche, in grado di dare esempio alle nuove generazioni delle responsabilità per il bene comune.