Libero, 23 novembre 2018
I 21 Paesi che uccidono cristiani
Trecento milioni: la cifra, enorme, fa impressione, quasi terrorizza, visualizzanadola con tutta la brutalità dei numeri. Sono infatti quasi trecento milioni i cristiani perseguitati nel mondo, il gruppo religioso più sottoposto a violazioni di diritti umani, violenze, soprusi, vere e proprie persecuzioni. Eppure nessuno sembra scandalizzarsi più di tanto, soprattutto qui in Occidente.
NON SOLO ISLAM
L’annuale Rapporto sulla libertà religiosa a cura dell’associazione ?Aiuto alla Chiesa che soffre? pone davanti agli occhi una fotografia agghiacciante di quello che deve affrontare, quotidianamente, un cristiano ogni sette, visto che vive in un Paese in cui la sua religione lo trasforma, automaticamente, in una vittima. Il caso di Asia Bibi, con la questione delle leggi sulla blasfemia, è emblematico: ieri alcuni parenti della donna hanno denunciato il fatto che squadracce islamiche danno loro la caccia. Ma i fatti sono migliaia. Si spazia dal fenomeno degli ultranazionalismi in crescita esponenziale, alle leggi anticonversioni in India, i rapimenti di donne e ragazzi in Egitto per far loro rinunciare alla loro religione. Il Rapporto, pubblicato in sei lingue, è stato presentato ieri a Roma, all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e contemporaneamente dalle 23 sedi di Acs in tutto il mondo. Nel periodo analizzato – dal giugno 2016 al giugno 2018 – emerge chiaramente come siano aumentate le violazioni della libertà religiosa in molte aree del pianeta. Sono 38 i Paesi identificati quali teatro di «gravi o estreme violazioni». Tra questi, 21 sono classificati come Paesi di autentica persecuzione: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Turkmenistan, Uzbekistan, Yemen. E poi ci sono luoghi in cui la discriminazione è una prassi, come in Ucraina, Egitto, e i cosiddetti paradisi esotici come le Maldive o il Brunei. In estrema sintesi: il 61 per cento della popolazione mondiale vive in posti in cui non vi è rispetto per la libertà religiosa, nel 9 per cento delle nazioni si vive in un’atmosfera di discriminazione e nell’11% si vive in un regime di persecuzione. In alcuni di questi Paesi la situazione è peggiorata, in altri invariata, perché già gravissima, come in Corea del Nord, Nigeria, Arabia, Afghanistan, Eritrea, dove la persecuzione «manifesta il suo volto più crudele», spiegano Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro, rispettivamente presidente e direttore di Acs-Italia, presenti all’incontro, insieme al cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di Acs, al vescovo conto cattolici Botros Hannah, e Tabassum Yousaf, donna avvocato cattolica del Pakistan. Tra le tante questioni sul tappeto, una in rilievo: la sconfitta militare dell’Isis non implica necessariamente la sua scomparsa e quindi la sua minaccia concreta.
IL CASO PALESTINESE
In Africa, in Medio Oriente e Asia si sono affermati altri movimenti militanti islamici, del resto il fondamentalismo islamico è presente in ben 22 Paesi. In Nigeria, ad esempio, Boko Haram sembra perdere terreno, ma intanto sono in aumento le violenze contro i cristiani da parte dei pastori islamisti fulani. Drammatica la situazione della comunità cristiana in Palestina: negli ultimi sei anni i cristiani di Gaza sono diminuiti del 75 per cento: da circa 4.500 si sono ridotti a circa mille persone. E in Occidente? Violenze così crudeli non se ne registrano, ma avanza un atteggiamento di quasi totale indifferenza a quel che succede che forse è altrettanto letale. E comunque, come fedelmente registra il Rapporto Acs, sta crescendo un sentimento antisemita, fenomeno spesso legato alla crescita dell’islam militante proprio in Occidente.