il Giornale, 23 novembre 2018
Stroncatura del nuovo romanzo di Francesco Piccolo
Nessuno se n’era mai accorto prima, ma in ogni uomo c’è una parte animale e una parte culturale. Per fortuna è arrivato Francesco Piccolo con il suo nuovo romanzo L’animale che mi porto dentro, edito da Einaudi, e la scoperta è di una tale importanza che il Corriere della Sera gli ha dedicato ben due pagine, neppure per un Nobel. Ma per Piccolo questo e altro: già vinse il Premio Strega con un romanzino in cui ci spiegava come, da bambino, il suo modello di riferimento fosse Berlinguer. Non Batman o Spiderman, come per un bambino normale, ma Berlinguer, roba da pazzi, però ti fa pensare, l’hanno premiato per questo.
Qui però c’è un upgrading epistemologico notevole: per trecento pagine il grande Piccolo ci spiega l’animale che si porta dentro, che non è Berlinguer, è il suo essere maschio. Per esempio Piccolo si è accorto che «il grado di evoluzione sessuale di un maschio si può dedurre dal rapporto tra la sua parte complessa e la sua parte semplice». E cioè? «Abbiamo rapporti complessi, civili, e di volta in volta diversi con gli esseri umani di sesso femminile. Ma poi, accanto a tutto ciò, c’è una costante semplicità che consiste in alcuni quesiti che riguardano le forme del corpo, il culo, le tette, il grado di desiderio che provocano, il grado di disponibilità».
Neppure Massimo Recalcati si era spinto a tanto, nessuno c’era mai arrivato, e è per questo che Piccolo ha sentito il bisogno di scrivere questo libro. In pratica tu parli con una donna, le parli in quanto persona, però poi le guardi anche il culo, che è la parte animale che c’è in te, è una teoria veramente rivoluzionaria. È un capolavoro della letteratura, almeno a vedere come l’ha commentato Pierluigi Battista, paragonando Piccolo perfino a Philip Roth.
Tenete presente che Piccolo ha usato se stesso come un banco di prova, mica parla a vanvera. Ci spiega che «se sto parlando con una collega, con la mamma di un compagno di scuola di mio figlio, con la barista perché vorrei un cappuccino più caldo, riesco a tenere separate la parte complessa e quella semplice». E fin qui tutto normale, ma in Piccolo succede qualcos’altro, perché ha un animale che si porta dentro, e dunque solo in apparenza riesce a tenere separate le due parti. «Ma dentro di me, sempre, sia che io lo voglia sia che non lo voglia, sempre, lavora un pensiero che sta sotto tutti questi: me la scoperei, come sarà nuda, però che culo, però che tette, sembra desiderosa, sembra rigida, chissà se le piaccio». Sono discorsi profondi che ti fanno riflettere, che ti fanno capire perché Piccolo si è meritato due pagine intere del Corriere della Sera. Ci starebbe davvero un Nobel non solo per la letteratura ma anche per la scienza.
Ma la parte più intensa del romanzo, che è sfuggita anche al Corriere della Sera, e è strano perché il Corriere della Sera è molto vicino al movimento del #metoo, è il capitolo dedicato alla moglie. Già, sembra incredibile ma Piccolo ha una moglie. È un capitolo drammatico, dove Piccolo racconta della sua infinita soddisfazione per aver vinto il Premio Strega, e di come ne abbia sempre parlato alla moglie, e di come tutti siano affascinati da lui da quando ha vinto il premio, e di come adesso la moglie non gli parli più. «La inseguo, le parlo e lei mi risponde, io non la capisco perché mi parla di spalle e allontanandosi, e allora dico: cosa hai detto? E lei dice: ma sei diventato sordo? E io dico: no veramente sei tu che quando parli con me ti metti a fare altro». Mentre Piccolo vorrebbe parlarle in continuazione di quando sognava di essere Berlinguer, o di quando entra in una festa e tutti si girano a guardarlo (ma a quali feste andrà?), perché «è la mia, la forza che ha fatto voltare tutti verso l’entrata», e lei, la moglie, «non si è accorta che quando comincio a parlare le persone mi ascoltano». Non so come abbia il culo o le tette, la moglie di Piccolo, non sto ragionando con l’animale che ho dentro come fa Piccolo, troppo difficile, ma leggere quelle pagine mi ha commosso.
«Quando ho vinto il premio» scrive Piccolo o l’animale che si porta dentro, «mia moglie mi ha fatto un discorso che nella sostanza è traducibile così: per tutti questi anni hai rotto molto il cazzo, adesso hai avuto una bella soddisfazione, di conseguenza potresti cercare di non rompere più il cazzo». Ecco, in qualche modo è quello che pensavo io da subito, ma l’ha detta lei, la signora Piccolo, veramente un mito, è a lei in fondo che dovrebbero dare un premio e dedicarle almeno l’editoriale di prima pagina del Corriere della Sera.