La Stampa, 23 novembre 2018
Intervista a Kimi Raikkonen che dice addio alla Ferrari
La Ferrari gli ha organizzato una festa a sorpresa ad Abu Dhabi, con maglietta dedicata «We love Kimi». E lui si è quasi commosso. Quasi. Anche se si sono parlati poco, Raikkonen e il Cavallino si sono voluti bene negli 8 anni trascorsi insieme. L’ex Iceman sorride, scherza, soprattutto parla. Persino le interviste che una volta si riducevano a qualche brontolio indecifrabile, alla vigilia dell’ultimo Gp del 2018 scivolano via come una chiacchierata. «Io di buon umore? Guardi che lo sono sempre» esordisce l’ex uomo di ghiaccio, rilassato in poltrona su una terrazza dell’autodromo. Sullo sfondo si vede la pista in cui domenica correrà per l’ultima volta al volante di una Ferrari.
È un distacco difficile?
«Ma no, ci siamo già lasciati una volta (nel 2009, ndr). E poi non vedo nessun motivo per essere tristi: continueremo a vederci nel paddock, faremo nuove esperienze, ci divertiremo e lavoreremo come sempre».
Un bilancio delle due esperienze a Maranello?
«Ho vinto un Mondiale piloti e due titoli dei Costruttori, non ci sono riusciti in molti. Abbiamo avuto anche momenti difficili, ma fa parte del gioco».
Ha fatto il pilota, è diventato campione, è ricco e famoso: si ritiene un uomo fortunato?
«Tutto questo non ha niente a che fare con la fortuna. Nasci con una dote, il talento o qualsiasi cosa sia, ma poi nella vita devi crescere e imparare. In pista sono stato veloce, e lo sono ancora. Non ho perso nulla con l’età, non posso lamentarmi».
Torniamo al presente: Bottas è staccato di 14 punti. Quanto è importante per lei mantenere il terzo posto?
«Non mi cambia l’esistenza. Anzi, se finissi quarto mi eviterei la cerimonia di chiusura. Un viaggio in meno».
Quali sono i suoi obiettivi con la Sauber?
«Lo capirò dopo aver provato la nuova macchina. Ovviamente sarà una sfida diversa rispetto a quella con la Ferrari. Oltretutto la fabbrica è vicino a casa mia in Svizzera, il che è un altro vantaggio».
Lei ha detto spesso che non le interessa ciò che viene detto sul suo conto. C’è qualcuno a cui invece dà retta?
«Ognuno ha il diritto di parlare, non mi interessa se sono critiche o complimenti. Faccio le cose che sono giuste per me, non quelle che la gente si aspetta. Mi va di sbagliare di testa mia».
Ha mai pensato di smettere o di cambiare categoria?
«È già successo con i rally (dal 2010 al 2012, ndr), un’esperienza che mi ha arricchito. Se non l’avessi fatta, ora non sarei qui in Formula 1. Mi sarebbe piaciuto correre ancora nei rally durante le pause della F1, ma la Ferrari era terrorizzata all’idea che mi facessi male. Un peccato, perché pilotare su strada ti migliora».
Come ha reagito quando le hanno detto che dal 2019 avrebbe corso con la Sauber?
«Non me l’hanno detto, l’ho deciso io. Mi è stato comunicato che il mio contratto con la Ferrari non sarebbe stato rinnovato. Allora mi sono messo d’accordo con la Sauber. Sono contento, altrimenti non avrei firmato».
Il suo rapporto con Vettel è cambiato in questi anni?
«No. In passato, c’è stato qualche screzio, ma dal momento in cui ci siamo ritrovati nello stesso team, abbiamo collaborato in modo costruttivo».
Ha apprezzato che lui la volesse come compagno di squadra?
«È normale che lo abbia detto, perché abbiamo lavorato bene insieme».
Lei è il pilota più anziano: che consigli dà a un giovane come Giovinazzi che dal 2019 sarà con lei in Sauber?
«Non credo di poterlo consigliare. Come le spiegavo, io mi comporto nel modo che ritengo giusto, ma le nostre esistenze sono tutte diverse: ognuno deve vivere la sua al meglio».
Questo è un consiglio...
«È il mio modo di vedere: bisogna avere fiducia nelle proprie sensazioni».
Il prossimo anno compirà 40 anni: che regalo vorrebbe?
«Me lo ha chiesto anche mia moglie. Grazie, non ho bisogno di nulla. Vorrei essere in buona salute, non avere infortuni, far passare quei dolorini qua e là».
Qual è il miglior pilota contro cui ha gareggiato?
«È impossibile fare una graduatoria. Dovremmo dare a tutti la stessa macchina, altrimenti tanto vale prendere le classifiche a fine campionato».
E tra i più scarsi o scorretti?
«Mah, qualche incidente succede sempre quando vai al massimo. Non ce l’ho con nessuno».
Il soprannome Iceman la rappresenta ancora?
«Ognuno di noi è in un modo sul lavoro e in un altro nella vita privata».
C’è un gran premio che ricorda con particolare gioia?
«La gente crede che se non vinci hai corso male. Non funziona così: magari hai la macchina che non va e finisci sesto dopo una gara pazzesca. Molte volte ho guidato benissimo e non ve ne siete accorti».