La Stampa, 23 novembre 2018
Ennio Doris spiega il flop dei Btp Italia
La scarsa domanda all’asta dei Btp Italia è un segnale chiaro: le preoccupazioni dei grandi investitori istituzionali che hanno portato lo spread da 130 punti base a superare quota 300 hanno contagiato tutti gli operatori economici». Ennio Doris, 78 anni, fondatore e presidente di Banca Mediolanum, non ha dubbi: «Anche i piccoli risparmiatori hanno perso fiducia e questo è molto pericoloso per l’economia».
Presidente Doris, che cosa sta succedendo?
«Le faccio un esempio. L’altro giorno stavo prendendo un caffè nel mio paese, in Veneto. C’è un signore che parla bene del governo. Ma quando mi riconosce mi dice: “Sa che ho paura a investire in titoli di Stato?”. Parliamo di un loro elettore...».
Lei cosa ha risposto?
«Di stare tranquillo, di investire. Ma non sono segnali positivi. I risparmiatori sono anche consumatori. Se sono preoccupati per i risparmi, tendono anche a tirare i remi in barca pure negli acquisti».
Come giudica la manovra?
«Sulla carta è espansiva: spende 8 miliardi per il reddito di cittadinanza, li mette in tasca di persone che hanno bisogno e che sicuramente li spenderanno. Nei numeri dovrebbe stimolare il Pil».
Dove sta il problema?
«L’effetto sullo spread ha spaventato la massa dei risparmiatori-consumatori. La ricaduta complessiva sui consumi rischia di essere negativa. Non solo. Anche le imprese hanno rallentato gli investimenti. Una manovra sulla carta espansiva sta creando effetti recessivi nei comportamenti».
Pesano i litigi con l’Europa?
«Non sono preoccupato tanto del litigio con l’Europa, quanto dal litigio con i mercati. Sono gli investitori istituzionali che stanno a New York, a Chicago piuttosto che a Londra o a Tokyo che ci danno i soldi. Se percepiscono un rischio più alto, ci chiedono interessi maggiori».
Cosa non li convince?
«Parlo ogni giorno con molti di questi investitori. Anzitutto anche solo evocare la possibilità di un’uscita dall’euro ha fatto danni enormi. Il problema, poi, non è tanto il 2,4% di deficit, quanto che è un deficit fatto soprattutto su spesa corrente».
Cosa servirebbe invece?
«Una manovra incentrata più sugli incentivi, in particolare fiscali, per lavoratori e imprese. Anche con un deficit del 2,4% si avrebbero effetti positive sull’economia e il mercato istituzionale reagirebbe in maniera diversa. C’è poi il capitolo infrastrutture».
Ossia?
«Nessuna economia può crescere davvero se non è accompagnata da infrastrutture adeguate ai tempi. L’Italia è in ritardo».
Allude alla Tav e al no dei 5 Stelle?
«Non servirebbe solo la Torino-Lione. L’Italia a Sud marcia più lentamente che a Nord: servirebbe una Tav fino a Palermo per avvicinare il Mezzogiorno alle economie europee: si avrebbe più lavoro, si metterebbero a frutto le nostre ricchezze che sono i paesaggi, le opere d’arte».
Invece siamo alle prese con mercati ballerini. Cosa consiglia di fare ai suoi clienti?
«I risparmiatori devono avere le idee chiare su cosa vogliono fare dei loro soldi. Se devono comprare un’automobile di lì a pochi mesi, meglio tenere tutto sul conto».
Altrimenti?
«Se si pensa al futuro, allora bisogna puntare sull’economia reale. Il Pil mondiale è calato un solo anno, nel 2009, per gli effetti psicologici del fallimento di Lehman Brothers: per il resto è sempre salito. La fetta più grande del Pil mondiale la fanno le imprese quotate».
A indovinare quelle giuste...
«Con i fondi si può diversificare bene, ridurre il rischi. I periodi in un cui il mercato è in flessione rappresentano grandi opportunità nel lungo termine».
Anche in Italia?
«Certo: abbiamo un sistema industriale straordinario, la seconda manifattura in Europa, negli ultimi tre anni abbiamo esportato più di inglesi e francesi, in due anni, nel 2015 e nel 2017, anche della Germania. Errori del passato ne hanno fatto un sistema troppo dipendente dalle banche».
Lei investe ancora in titoli di Stato italiani?
«Certo, come banca impegniamo 3 miliardi ogni anno, su scadenze più brevi di 10 anni: li teniamo fino a scadenza».
Secondo lei i mercati preferirebbero uno scontro continuo con questo esecutivo o una crisi di governo?
«Il mercato ragiona sulle prospettive. Una crisi di governo è generalmente negativa. Ma se un nuovo esecutivo sapesse stimolare meglio l’economia, il mercato prenderebbe la cosa molto bene».