Corriere della Sera, 23 novembre 2018
Il potere della tv è minacciato dai nuovi mezzi di comunicazione?
Mercoledì 21 novembre, la Rai ha celebrato la 22ª giornata mondiale della televisione, il World Television Day. Non ce ne siamo accorti, anche perché il tema di questa edizione era la qualità: «L’eccezionale qualità dei programmi tv si riflette nel modo in cui questo mezzo, diventato ormai familiare, ha la capacità impareggiabile di intrattenere, ispirare e informare gli spettatori, attraverso tutte le piattaforme».
Il 21 novembre 1996 si svolse a New York il primo World Television Forum, in cui i rappresentanti delle più importanti tv mondiali iniziarono a discutere degli sviluppi di questo mezzo nell’informazione, nella cultura e nell’intrattenimento. Le Nazioni Unite dichiararono quella data come la Giornata Mondiale della Televisione, sottolineandone l’importanza fondamentale per la democrazia, la libertà d’informazione, lo sviluppo economico, sociale e culturale.
È ancora così? La pervasività del mezzo televisivo e la sua centralità nell’esperienza dell’uomo contemporaneo sono ormai evidenze poco contestabili. Ma proprio qui risiede un paradosso: per l’eccesso di chiacchiere sul suo potere, riverito o criticato, la tv rischia il più delle volte di perdere visibilità, di farsi trasparente nel suo essere data per scontata, oggetto banale su cui, evidentemente, non vale la pena interrogarsi troppo seriamente. L’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione, la diffusione di internet e dei nuovi device hanno reso più complessa e forse meno indiscussa la sua posizione, anche se siamo ben lontani da una marginalizzazione del piccolo schermo nelle abitudini di consumo mediale. La tv generalista è passata dall’universo simbolico del consumo intellettuale (tv delle origini) all’universo concreto del consumo materiale.
Oggi la produzione televisiva è culturalmente bassa perché è basso e periferico il suo pubblico. La volgarità sta anche nell’occhio di chi guarda.