1. È DOLCE IL VERO PADRONE DEL BRAND: SEPARAZIONE SOCIETARIA IN VISTA?, 22 novembre 2018
LO ''SHITSHOW'' DI DOLCE & GABBANA NON È GROSSO MA GIGANTESCO: LA CINA VARREBBE UN TERZO DEL FATTURATO DEL GRUPPO. DOLCE, CHE È IL VERO PADRONE DEL BRAND (CONTROLLA TRA IL 70 E IL 90%) SAREBBE STATO VISTO PIANGERE. A MILANO SI PARLA DI DIVORZIO PROFESSIONALE - I NEGOZI CINESI SERVONO MOLTO COME PROMOZIONE: IL GROSSO SI INCASSA ONLINE. E L'ORDINE DELLE AUTORITÀ DI PECHINO È CRUDELE: LASCIATELI APERTI PERCHÉ…
Dagonews Domenico Dolce è il vero padrone del brand: dovrebbe controllare tra il 70 e il 90 per cento della società. Da Shangai dicono di averlo visto piangere nei corridoi del quartier generale di #TheGreatShow ormai trasformato in #TheShitshow. E a Milano circola la voce di un imminente divorzio professionale tra i due.
Non per nulla il fidanzato di Stefano che si chiama Luca Santonastaso e di solito è attivissimo sui social nel difendere Gabbana, stavolta è prudente: si limita a prendere in giro Chiara Ferragni che ha commentato la notizia del disastro di Shanghai con un lapidario “KARMA”. La sua Ig Story di oggi si apre con un “STAI KARMA” è poi c'è la solita foto di Fedez che piange e sotto il posto “Le hai chiesto la mano e ti ha dato il piede” @Karma. Insomma cazzate.
Il fatto grave è che un terzo del giro d'affari di D&G viene dalla Cina dove da oggi non è più possibile comprare nulla del marchio sulle varie piattaforme internet dove i cinesi fanno il 90 per cento dei loro acquisti. I negozi hanno infatti una mera funzione promozionale e D&G ne hanno tantissimi in Cina.
Costano tra l'altro un botto e pare che l'ordine governativo sia di lasciarglieli aperti per far loro spendere inutilmente un sacco di soldi. Gli esperti di politica economica cinese dicono che questa è solo la prima di tante rappresaglie: potrebbe anche partire un serio boicottaggio internazionale. Insomma il merdone pestato da Stefano Gabbana non è grosso ma gigantesco.
2. BUFERA DOLCE E GABBANA: "SONO RAZZISTI E SESSISTI". E SALTA LA SFILATA-KOLOSSAL Daniela Fedi per www.ilgiornale.it
A far divampare un incendio senza precedenti nel mondo della moda sono stati i netizen, ovvero le persone che secondo Wikipedia «partecipano attivamente alla vita di Internet contribuendo e credendo fermamente nella libertà di espressione».
Una di loro lunedì scorso ha visto su Weibo (il sito di microblogging che in Cina sostituisce e unifica i social media) tre filmati lanciati da Dolce & Gabbana in occasione di «The Great Show»: una sfilata-evento in programma ieri sera nei mastodontici spazi di Expo Shangai.
Si dice che il magico duo abbia investito 12 milioni di euro per mettere in piedi un vero e proprio kolossal con 1500 invitati provenienti da tutto il mondo, 500 abiti cuciti e ricamati a mano sul corpo di 400 tra modelle e performer che avrebbero dovuto dar vita a uno spettacolo in tre atti della durata di un'ora. Tra le voci di spesa ci sarebbero anche i tre filmati girati nel ristorante cinese Maoji di Piazza Aspromonte a Milano.
Tra lanterne rosse, dragoni e ventagli arriva una ragazza dagli occhi a mandorla che tenta di mangiare con le bacchette in un film la pizza, in un altro gli spaghetti e nel terzo un gigantesco cannolo siciliano dalla forma inequivocabilmente fallica. Come se questo non bastasse una voce maschile fuori campo le chiede in cinese «È troppo grande per te, vero?». La netizen Michaela Phung Thanh Tranova che vive a Londra ed è di origini asiatiche, dopo aver visto il filmato ha scritto un messaggio sul seguitissimo profilo Instagram di Stefano Gabbana accusandolo di razzismo, sessismo, ignoranza e mancanza di rispetto della moderna cultura cinese. Con sua grande sorpresa dal profilo sono arrivate risposte a raffica con insulti di vario tipo (da «stupida» a «cagna» se così vogliamo tradurre «bitch») e con la minaccia di dichiarare ai quattro venti che la Cina è un paese di «m...da» (la parola è stata sostituita con 5 disegnini di cacche sorridenti) dove si mangiano i cani, tutti sono ignoranti e c'e una schifosa puzza di mafia.
L'esterrefatta Michaela ha immediatamente girato lo screenshot dei messaggi all'account Instagram @Diet_Prada seguitissimo dal popolo della moda perché i suoi due creatori, Lindsey Shuyler e Tony Lin, non guardano in faccia a nessuno quando devono denunciare copiature, scivoloni di gusto, gaffe e nefandezze del settore. Apriti cielo. I film sono stati ritirati da Weibo dove per altro in poche ore ci son state 120 milioni di visualizzazioni. Tutti hanno potuto leggere e indignarsi. Le agenzie di modelle hanno disdetto le prenotazioni, star come Zhang Ziyi e Li Bingbin hanno rispedito al mittente l'invito cosa che ha fatto anche Angelica Cheung, direttrice di Vogue China.
A questo punto l'evento è stato cancellato dall'ufficio degli affari culturali cinesi con l'appoggio della potentissima lega della gioventù. Stefano Gabbana ha subito dichiarato che il suo profilo IG e quello dell'azienda hanno subito l'attacco degli hacker e la scritta «NOT ME» a caratteri cubitali rossi ha coperto buona parte dei messaggi offensivi. Poi è anche arrivata una dichiarazione dei due designer: «Il nostro sogno era realizzare a Shanghai un evento che fosse un tributo alla Cina, che raccontasse la nostra storia e la nostra visione.
Non sarebbe stata una semplice sfilata ma una cosa creata con amore e passione proprio per la Cina e per tutte le persone che al mondo amano Dolce & Gabbana. Ciò che è accaduto oggi è davvero spiacevole non solo per noi ma per tutti coloro che hanno lavorato notte e giorno per dar vita a questo progetto. Dal profondo del cuore vogliamo esprimere la nostra gratitudine a tutti coloro che avrebbero condiviso con noi questo momento».
Impeccabile a dir poco, la dichiarazione ha diviso il mondo della moda in due. C'è chi dice che il testo è opera di una super crisis unit, di quelle che riescono a far passare le notizie di disastri economici e ambientali per semplici bagatelle. «Stefano è fatto così» dice un amico di Domenico chiedendo di mantenere l'anonimato perché i due sono notoriamente permalosi e vendicativi.
Altri dicono che di tutto li puoi accusare tranne di far male i vestiti e di non essere bravi nel gestire il business. Per cui non avrebbero mai fatto un simile autogol visto che dalla Cina dovrebbe arrivare il 30 per cento del loro enorme giro d'affari. Certo non ha torto Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana quando dice: «Questo potrebbe essere un danno per tutto il made in Italy».