1 - L'ASCESA DEI 900 CASAMONICA: PRIMA I CAVALLI, POI L' USURA, 22 novembre 2018
COME SI COSTRUISCE UN CLAN? – TRA MATRIMONI E UNIONI VARIE, L’INTERA FAMIGLIA CASAMONICA SUPERA LE 900 PERSONE. MA COME HANNO FATTO A DIVENTARE COSÌ POTENTI? – I CAPOSTITI ABRUZZESI (ENRICO E ERSILIA) ERANO GIOSTRAI E CAVALLARI, POI IL CLAN SINTI È ARRIVATO NELLA CAPITALE E HA PRESO IN MANO IL GIRO DELL’USURA E DELLE ESTORSIONI – L’ALBERO GENEALOGICO NEGLI ATTI DELL’INCHIESTA -
Alessia Marani e Camilla Mozzetti per “il Messaggero” L'eco degli elicotteri dei carabinieri che sorvolano la roccaforte di Porta Furba ancora risuona per le strade del Tuscolano. Prima delle demolizioni di via del Quadraro, l' ultimo scacco ai Casamonica arriva con le 37 ordinanze di arresto emesse dalla Direzione distrettuale antimafia a luglio: mesi e mesi di indagini del Nucleo Investigativo dell' Arma di Frascati abbattono il muro di omertà e connivenza intorno al fortino addossato a un altro pezzo di acquedotto, quello del Mandrione, a un chilometro di distanza appena dalle ville che in queste ore vengono demolite.
Estorsioni, usura, droga, armi, minacce e attentati: al clan non più solo «pericolosa banda» viene contestata l'associazione mafiosa. Il nome dell' operazione Gramigna lascia intendere la percezione che si ha degli arrestati: proprio come quell' erba cattiva che tanti danni crea a chi la tocca.
«Una struttura organizzata nella roccaforte di vicolo di Porta Furba ma controllante il territorio della zona Appio-Tuscolano», svelano i militari nell' informativa spedita in Procura. «Che terrorizza gli abitanti e li induce all' omertà proseguono i carabinieri infiltrandosi nell' economia legale con l' acquisizione di attività commerciali nel settore delle discoteche, dei ristoranti e dei centri estetici, mediante prestanome e società schermo».
LA FAMIGLIA Ne hanno fatta di strada criminale i Casamonica da che negli anni 60 e 70 da Avezzano, Enrico Casamonica e la moglie Ersilia Guarnieri approdarono nella Capitale. I loro sei figli Ferruccio, Guido, Loreta, Antonietta, Raffaele e Guerrino, tra gli anni 80 e 90 si imparentarono con altre famiglie di rom italiani: i Di Silvio, i De Rosa, i Di Guglielmo, gli Spinelli e gli Spada conquistando a poco a poco tutta la periferia Sud di Roma fino a Grottaferrata e Monte Compatri.
Alla fine, tra matrimoni e unioni, l' intera famiglia supera le 900 persone. I rom abruzzesi erano giostrai e cavallari, ma alcuni di loro derazzarono, prendendo in mano il giro dell' usura e delle estorsioni e permeando all' occorrenza il sottobosco della criminalità romana.
IL CAPO INDISCUSSO Guerrino sposa Virgilia Spada e dalla loro unione nascono Nando, Laura e Vittorio, il don la cui morte nel 2015 venne celebrata con il funerale show stile Padrino. Per la Dda «Vittorio è indiscusso capostipite dei Casamonica anche attraverso l' uso smodato di molte piattaforme di comunicazione attraverso cui costoro (lui e i suoi sodali) con fare smargiasso ostentavano e ostentano le loro ricchezze».
Il suo funerale «particolarissimo» viene letto come una sfida allo Stato. Annotano i carabinieri nelle informative: «Si è voluto dare un chiaro messaggio alla città di Roma nonché dei rapporti di questi con Enrico Nicoletti già noto per i suoi rapporti storici con Cosa Nostra e la Banda della Magliana». Per la Procura di Giuseppe Pignatone «l' organigramma del clan Casamonica è un ginepraio in cui ogni cellula familiare diventa autonoma ma che «nelle manifestazioni di potere criminale verso l' esterno si mostrano fra loro legate da un comune senso di appartenenza alla stessa famiglia». Nuclei autonomi ma comunque «federati».
Che spendono il nome Casamonica come un marchio di intimidazione e pressione. L'ascesa è veloce. Ma sono i rampolli oggi a segnare lo strappo con le vecchie generazioni che, a modo loro, valori ne avevano: «Mai toccare le donne e i bambini, mai toccare la droga», le tre regole d' oro degli storici affiliati. «Qualche sòla l' abbiamo data, ma a chi se la meritava, niente più», sorride Tony Casamonica.
Poi la coca ha cambiato tutto. E sono arrivati anche gli affari con i calabresi che inondano di droga la periferia Est di Roma, e non solo. Tanto che nel 2004 Luciano (cugino dell' altro omonimo immortalato a cena con Salvatore Buzzi) viene arrestato dalla Dda di Catanzaro insieme a un gruppo di esponenti delle 'ndrine vibonesi. I rampolli Casamonica diventano ancora più spavaldi e violenti fino al raid di Pasqua al Roxy bar.
2 - IL CLAN E GLI SGOMBERI RINVIATI: TUTTI I «NON RICORDO» DEI POLITICI Lorenzo De Cicco per “il Messaggero”
«Precedenza assoluta alla demolizione», recita la circolare dei vigili urbani datata 24 marzo 1998. E infatti le ville dei Casamonica sono state buttate giù solo vent' anni dopo. Alla faccia della «precedenza», «assoluta» per di più, annotata sulle carte bollate del Campidoglio.
Carte che raccontano vent' anni di lungaggini, rimandi, rimpalli limacciosi tra funzionari, un timbro dopo l' altro. Notifiche perentorie, contraddette un attimo dopo alla prova dei fatti. E che oggi vengono dimenticate (rimosse?) dagli ex assessori competenti, che sfoderano una serie di «non ricordo». Il primo ordine di abbattimento, per i villoni del clan al Quadraro, risale al 94.
Tre anni dopo, il 24 dicembre 1997, l' Unità tecnica della circoscrizione sforna una «determina di demolizione delle opere abusive», perché, si legge nella direttiva, le palazzine erano state tirate su in un' area «con vincolo archeologico, paesistico e monumentale». Addirittura «entro 30 giorni», scrivevano i tecnici comunali, si doveva procedere «alla demolizione» e al «ripristino dei luoghi», ovviamente tutto «a spese dei responsabili dell' abuso». C' è anche la firma di un Casamonica in calce - la notifica è del 14 gennaio 98 - ma di giorni, anziché 30, ne sono passati 7.637.
«Per vent' anni nessuno ha mai controllato che questi ordini venissero eseguiti», può dire allora la sindaca Virginia Raggi, mentre le ruspe, ieri mattina, cominciavano a picconare le case con gli stucchi dorati e i drappi di velluto.
Le ha risposto l' ex sindaco Francesco Rutelli, sostenendo che quella delle demolizioni è «un' opera da sostenere, senza se e senza ma», eppure, dice Rutelli, «non è la prima volta che si fanno operazioni simili. Solo nei primi 4 anni della mia amministrazione - rivendica - realizzammo oltre 300 demolizioni, la prima una settimana dopo la mia elezione, sulla Casilina. Centinaia di migliaia di metri cubi cancellati». Quanto ai Casamonica, «all' epoca le famiglie di delinquenti di cui si parla molto oggi non erano cresciute per statura criminale, mentre si arricchivano con l' abusivismo altri gruppi malavitosi. E non avevamo il pieno sostegno dei media».
Va detto che tra gli ex assessori all' Urbanistica del Comune di Roma, chi cioè era a capo degli uffici che si occupano di abusivismo e abbattimenti vari, nessuno pare aver memoria del «borghetto» dei Casamonica germogliato, senza lo straccio di un' autorizzazione, a due passi dal gioiello medievale dell' Acquedotto Felice e dai binari della ferrovia Roma-Napoli. «I Casamonica?
Non ricordo la vicenda specifica», dice Domenico Cecchini, al timone dell' Urbanistica comunale tra il 93 e il 2001. «Ma la lotta all' abusivismo l' abbiamo fatta - sostiene - ho perfino digiunato contro il condono del 94 di Berlusconi». Roberto Morassut, in carica dal 2001 al 2008, precisa che in realtà, sotto la giunta Veltroni, quelle pratiche facevano capo all' ufficio anti-abusivismo, guidato da un dirigente esterno e non alle dipendenze del suo assessorato.
«NESSUNA VIGILANZA» Marco Corsini, che ha guidato l' Urbanistica nella giunta Alemanno dal 2008 al 2013 e oggi sindaco di Rio, nel Livornese, ammette con franchezza che «demolire non fa comodo a nessuno». Perché «è costoso e complicato dal punto di vista organizzativo». È plausibile, dice «che ci sia stato quell' ordine di demolizione contro i Casamonica, ma organizzare un' operazione di quel genere è difficilissimo».
«Noi abbiamo affrontato l' argomento in modo serio, penso ai blitz a Ostia», aggiunge. Ma il problema, dice l' ex assessore, «è un altro: una villa non sorge dalla sera alla mattina. Chi è dunque che non c' è o si gira dall' altra parte per non vedere e lascia che le cose arrivino fino a questo punto? Chi è che per non rigettarle non esamina da anni le istanze di condono chiaramente non ammissibili». È colpa degli uffici, quindi?
«Non c' è vigilanza né efficienza amministrativa. Ma non c' è neppure controllo civico». Giovanni Caudo, assessore all' Urbanistica con Marino e oggi minisindaco del III Municipio, anche lui «non ricorda esattamente» la vicenda delle ville dei Casamonica, «mi pare che se ne occupasse l' ufficio condono». All' epoca, racconta, «non c' erano fondi per le demolizioni, ma trovammo un accordo con la Cassa depositi e prestiti». Le ville abusive al Quadraro, però, rimasero lì.