Giancarlo Perna per “la Verità”, 22 novembre 2018
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE DIBBA – PERNA FA IL PELO E IL CONTROPELO AL “CHE GUEVARA” DI ROMA NORD: “HA LA SINDROME DELL’ABBANDONO. GRILLINO IRREGOLARE, È L' ANTIPODE DI DI MAIO. DOPO LA LEGISLATURA A MONTECITORIO, HA INIZIATO IL TOUR TRA LE GIUNGLE CENTRAMERICANE CON LA SPERANZA DI ESSERE RICHIAMATO A FURORE DI POPOLO” – ANTOLOGIA DELLE SUE PERLE -
Nei giorni scorsi, Alessandro Di Battista ha mostrato la faccia nascosta. Da sfrontato che era, si è mostrato timoroso di essere dimenticato e adulatore. Seguitemi. Irregolare dei 5 stelle, con una inclinazione romantica all' avventura, il Dibba, soprannome da social, è l' antipode di Lugi Di Maio. Questi, carrierista; l' altro, spirito del vento che punta alla vita per la vita, senza calcoli pratici.
Così, dopo una legislatura a Montecitorio (2013-2018), è salito sul destriero ed è balzato tra le giungle centramericane dove esotismo e povertà s' intrecciano. Con sé ha portato la compagna francese, Sahra, e il figlioletto, Andrea, per mostrare i luoghi che lo videro giovane terzomondista impegnato nel volontariato. È questo, infatti, il viaggio numero 3 di Alessandro in quelle contrade.
Il primo fu, finiti gli studi, quando trascorse due anni in Colombia, Bolivia, Guatemala ecc., tra cactus e pueblos. L' altro nel 2011 per documentarsi sulla malavita locale in vista del suo libro d' esordio, Sicari a 5 euro, uscito l' anno dopo per Casaleggio e Associati. Una gioventù, dunque, alla Laura Boldrini che pure affiancò a lungo i campesinos nella raccolta della tapioca. Tuttavia, se è bello a 40 anni - Dibba li ha compiuti in agosto - inseguire i ricordi, è pesante rinunciare a ciò che ci si era conquistati.
Vedere sul computer, a migliaia di miglia di distanza, tutti quei bei talk show con Di Maio che tracima, Matteo Salvini che trasborda, Matteo Renzi che strabuzza, ha dato al nostro Alessandro il senso acuto dell' abbandono. È vero che è stato lui a rinunciare a tutto ma l' ha fatto con lo spirito di Charles De Gaulle. Ossia, con la speranza di essere richiamato a furore di popolo. E se ciò non accadesse? Ecco il tarlo che lo rode, laggiù nello Yucatan.
il panegirico a travaglio Di Battista ha così approfittato della prima occasione per fare nuovamente parlare di sé. Gliel' ha data l' imprevedibile assoluzione del sindaco di Roma e sua compagna di partito, Virginia Raggi. Fingendo gioia - ma era già pronto a scendere in lizza per sostituirla al Campidoglio se condannata - il Dibba se l' è presa con i giornalisti che avevano seguito la causa, dividendosi al solito tra qualche innocentista e tanti colpevolisti. «Puttane» ha inveito dal Guatemala all' indirizzo di costoro, aggiungendo il più morbido e scontato, «pennivendoli».
La stampa ha reagito dicendosi preoccupata per la libertà di espressione. Turbamento che ha tolto il sonno anche a me. Allora, per rimediare, Di Battista - che in cuor suo si sente giornalista, innamorato com' è della scrittura, dei viaggi e, come vedremo, anche dei vantaggi della professione - ha detto due giorni dopo che non tutti si prostituiscono. «Giornalisti liberi ce ne sono», e ha snocciolato qualche nome. Il primo della sua lista è stato, Marco Travaglio. E chi è Marco Travaglio?
È il direttore del Fatto quotidiano, che da tempo pubblica i reportage di viaggio del medesimo Di Battista. Colossali paginate sul folclore centromericano, tipo Ernest Hemingway sulle corride, accompagnate da filmati del Dibba che Travaglio trasmette sulla sua tv, Loft.
CORTIGIANERIA E ADULAZIONE Ora, niente da dire sulla libertà del dottor Travaglio. Ma come ha potuto Di Battista essere così reggicoda da incensare proprio colui da cui dipende la rubrica che gli è assegnata e i suoi compensi? Nemmeno sotto tortura farei qualcosa di simile al mio direttore, Maurizio Belpietro. La cortigianeria può essere un disturbo. Tanto è vero che l' uscita del Dibba ha messo in rotta il povero Travaglio con la propria redazione. Adesso, i giornalisti del Fatto vogliono sapere quanto pesi sulle casse del giornale il guatemalteco che insulta i pennivendoli.
Travaglio tace discreto. Il nostro Di Battista è il solito grillino che ha trovato la prima sistemazione entrando in Parlamento a 35 anni. Ci giunse con un reddito annuo - dichiarazione 2013 - di 3.176 euro, senza proprietà a suo nome. L' anno dopo ne denunciava 78.000.
Nel 2017, era proprietario di un immobile a Roma e incassava 113.000 euro. Nel quinquennio, fu poco prolifico e molto assente. Ha presentato una sola proposta di legge (sulle regole di elezione dei deputati esteri). In aula, si è fatto vedere la metà delle volte. L' altra metà risultava in missione. Quando c' era, è stato notato perché saliva sul tetto di Montecitorio in segno di protesta, per qualche intemperanza in aula e alcuni discorsi accesi.
LO SFOGATOIO SOCIAL Ecco un' antologia delle cose che ha dette, alcune tratte dai social, che ci danno un' idea del Dibba pensiero. «Il terrorista non lo si sconfigge mandando più droni ma elevandolo a interlocutore. L'Isis nasce dalle guerre occidentali, come prodotto delle strategie Usa e Nato. Il terrorismo è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. Non riesco a essere vegetariano del tutto. Prima o poi, ci ricasco.
Però, se mangi meno carne stai meglio dal punto di vista fisico. Ma pure mentale, perché ingerire animali morti non è il massimo per l' anima. Il viaggio è un investimento in felicità. In realtà di che abbiamo bisogno? Salute psicofisica, tempo libero, un reddito. Le macchine ci daranno le prime due. La politica l' altro: il reddito universale non è infatti assistenzialismo. È il futuro».
i diari della motocicletta Nel 2016, fece il giro d'Italia in moto per convincere gli elettori a votare No al referendum di Renzi. Su quell' esperienza, e altre avute nella sua vita avventurosa, ha scritto il secondo libro A testa in su, pubblicato da Rizzoli, proprietà di Silvio Berlusconi. Il Foglio ne ricavò degli estratti, facendone una rubrica fissa I Diari del Dibba. Mentre era sul traghetto nello Stretto di Messina, intrecciò con un passeggero il seguente dialogo riportato nel libro. «"Ma lei è lei?", domandò lo sconosciuto. "Io sono io, lei è lei?", risposi sorridendo. "Sì, anche io sono io", "Quindi ognuno è sé stesso, molto bene", aggiunsi».
Di Battista è molto romano ed è considerato un piacione come il concittadino Francesco Rutelli. Ha fatto l' animatore di discoteche ed è un bel ragazzone di 1,85 che veste finto scaciato. Porta la felpa col cappuccio da truzzo, ma scarpe da ginnastica di gran marca.
Ai romani va a genio, dai quartieri chic di Roma Nord, che votano sinistra, ai popolari di Roma Sud, che votano destra. Se un giorno correrà da sindaco, gli è accreditata un' ampia maggioranza. A quelli di sinistra, piace lui. Quelli di destra sono tranquillizzati dal suo papà, Vittorio, che è un fascista dichiarato.
PERFETTA SINTONIA CON IL PAPÀ Piccolo industriale della ceramica di Civita Castellana (Vt) - paese della giovinezza del Dibba -, Vittorio è uno che non le manda a dire. Questo il suo pensiero su Renzi: «È un grullo cazzaro». Padre e figlio, nonostante le differenze, sono in perfetta sintonia. E Roma, città tradizionalista, apprezza.
Concludiamo con la recente paternità alla quale il Nostro ha dedicato il suo terzo libro, Meglio liberi (Rizzoli). Eccone il clou. «Sahra si avvicina e mi fa: "Credo di essermi persa qualcosa lì sotto". "Sarà pipì", ho detto scherzando. Era invece il liquido amniotico e siamo corsi all' ospedale. Fu come se anch' io avessi vissuto la mia gravidanza». Il piccino doveva chiamarsi Edoardo. «Ma abbiamo deciso per Andrea perché non aveva la faccia da Edoardo». Con questo, avendone concluso il periplo, ci accomiatiamo dal Dibba lasciandolo sul groppone del dottor Travaglio.