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 2018  novembre 22 Giovedì calendario

«L’Harry’s Bar sono io». Arrigo Cipriani racconta i segreti del locale di Venezia

Non fa in tempo a dire buongiorno che già il cameriere gli ha sfilato il soprabito. Arrigo Cipriani va a sedersi al suo tavolo preferito, nella sala al pian terreno dell’Harry’s Bar, il locale di Venezia più famoso nel mondo, fondato da suo padre Giuseppe nel 1931. «Le portiamo un caffè, dottore?», gli chiede il barman da dietro il banco, mentre sistema i bicchieri per il Bellini. Cipriani è un elegante signore di 86 anni, innamorato della vita e di questo storico angolo di buon gusto in calle Vallaresso, vicino a piazza San Marco. Qui è lui la star, come lo fu suo padre. I clienti si avvicinano per avere l’autografo, perché Cipriani è l’Harry’s Bar. Nel suo libro, Elogio dell’accoglienza, pubblicato a inizio anno dall’editore Aliberti, racconta i segreti di questo vecchio magazzino di corde trasformato in bar negli anni ’30, dove Hemingway era di casa, come pure a Torcello nella locanda di famiglia, per poi essere dichiarato “patrimonio nazionale” dal ministero dei Beni Culturali. «Il primo segreto è la semplicità complessa», dice Cipriani mostrandoci le cucine al piano superiore, «una semplicità ricercata in tutto, dai piatti all’arredamento all’accoglienza degli ospiti, che va di pari passo con la complessità dei dettagli che lasciano piena libertà al cliente. Il principio è non imporre alcun tipo di costrizione. Pensare alla comodità, all’essenziale. Le giuste proporzioni tra il tavolo e la sedia, le dimensioni e l’equilibrio delle posate, la forma dei piatti e delle tazzine da caffè, la qualità della stoffa delle tovaglie, il servizio perfetto, il menu che non deve soddisfare il narcisismo dello chef, ma rispettare la genuinità e la tradizione dei piatti del territorio». Il primo cuoco dell’Harry’s Bar fu Enrico Caniglia, abruzzese, con il quale Giuseppe Cipriani creò tutte le ricette che vengono servite ancora adesso. In quarant’anni di servizio non mise mai piede in sala. «Qui da noi non ci sono chef ma solamente cuochi», aggiunge il patron dell’Harry’s, «la differenza è fondamentale. Nessun protagonismo, molta sostanza». Così per il menu, che è espressione della cucina Cipriani e di quella veneta: il risotto alla primavera, gli scampi alla Thermidor, il carpaccio, le sarde in saor, il baccalà mantecato, l’insalata di piovra. «I miei piatti del cuore continuano ad essere quelli che mi ricordano l’infanzia, come la trippa con la polenta o il baccalà alla vicentina. Piatti imperdibili perché ci appartengono. Lo vedo quando un bambino assaggia per la prima volta il fegato alla veneziana. Ha un gusto abbastanza particolare, ma gli piace, è come se lo avesse già provato, è come se fosse dentro di lui nel suo ippocampo. Perciò quando lo mangiamo da adulti torniamo indietro nel tempo, facciamo un viaggio dentro noi stessi. Sono i sapori di quando non c’era il frigorifero e i cibi dovevano essere conservati con la cipolla, affumicati, salati, messi sott’olio. Guai a perdere tutto questo». Cipriani negli ultimi tempi va molto più spesso a Torcello, dove il nipote Bonifacio gestisce la Locanda Cipriani. «Avevo un piccolo terreno sull’isola e da poco ne abbiamo acquistato un altro più ampio. Ho fatto piantare trentamila piante di carciofi. È un posto meraviglioso. Il carciofo violetto è sempre stato coltivato a Torcello, ma tutti lo associano solo a Sant’Erasmo, altra isoletta della Laguna dove viene prodotto. Ne smerceremo tanti di carciofi tra tutti i nostri locali Cipriani nel mondo, a parte l’Harry’s Bar dove li proponiamo da sempre con i risotti oppure semplicemente lessi. E poi vicino ai nostri campi, entro un paio di anni, apriremo un piccolo resort nel verde e daremo anche una mano al Comune nella ristrutturazione della vecchia scuola elementare oggi in disuso, per riconvertirla in un centro di informazione turistica sull’isola». Il signor Arrigo prende posto a tavola per il pranzo, siamo nella sala da cui si gode una vista incantevole sulla Giudecca, San Giorgio, Punta della Dogana e la Chiesa della Salute. Il cameriere arriva con un Bellini, il drink inventato da Giuseppe 70 anni fa, nel ‘48, a base di succo di pesche fresche e prosecco (e a proposito di anniversari, quest’anno si festeggiano i 60 anni del lussuoso Hotel Cipriani alla Giudecca, acquisito dalla catena Belmond). Arrigo ricomincia a parlare di stile e genuinità. «L’Harry’s Bar è qualcosa di più di un bar o di un ristorante – conclude – è una trattoria italiana che conserva le tradizioni e la dote più importante dell’oste, l’accoglienza».