la Repubblica, 22 novembre 2018
Il catalogo Einaudi 1933-2018
«Si può leggere un catalogo? Forse non è neppure da augurarsi un lettore capace di una simile impresa». Così Ernesto Franco, direttore dell’Einaudi, introduce il ponderoso Millennio che ospita, per oltre mille e seicento pagine, il catalogo storico della casa editrice dalla nascita, nel novembre del 1933, ai giorni nostri.
Ottantacinque anni e va da sé, argomenta ancora Franco, che la casa editrice non può più essere quella degli esordi, quando, sono parole di Giulio Einaudi, «ogni libro era quasi un manifesto» ed è dunque logico parlare piuttosto di epoche che si sono succedute nel tempo, man mano che cambiavano le generazioni e scomparivano i protagonisti, Ginzburg, Pavese, Vittorini, Calvino, Bollati e, infine, proprio alla fine del secolo scorso, lo stesso Einaudi. C’è però un elemento, nell’origine della casa editrice, che aiuta a comprenderne il cammino ed è quello che potremmo definire il dna gobettiano. Nell’ottobre del 1998, in occasione della laurea honoris causa in Lettere conferitagli dall’Università di Torino, Einaudi riepilogò l’incredibile attività editoriale di Piero Gobetti che in soli due anni aveva pubblicato un centinaio di volumi, tra cui anche Ossi di seppia del giovane Montale. In più aveva all’attivo tre riviste.Gobetti era stato allievo di Luigi Einaudi e il giovane Giulio, quattordicenne, lo aveva visto una volta quando era venuto in casa per parlare con il padre. Non è un caso che, come editore, Einaudi cominci proprio con le riviste, memore dell’idea gobettiana secondo la quale proprio le riviste permettono di creare gruppi di persone che attente allo studio si preparano all’azione.
Nel 1966 Franco Antonicelli riunì in un volumetto di Scheiwiller i pochi scritti che Gobetti aveva dedicato al mestiere di editore. Il libretto era intitolato L’editore ideale. Poi, come si sa, i fascisti che tiravano diritto, come anche oggi qualcuno ama ripetere, massacrarono di botte Gobetti che andò a morire a Parigi. Einaudi ha voluto, nella scia di Gobetti, essere anche lui l’editore ideale. Aiutato da Leone Ginzburg rilevò la rivista La Cultura e cominciò a reclutare collaboratori che furono anche tra i primi autori della casa editrice, da Augusto Monti a Luigi Salvatorelli, da Cesare Pavese a Carlo Levi, da Arnaldo Momigliano a Paolo Treves, da Massimo Mila a Giulio Carlo Argan. Poi iniziarono i guai: Ginzburg fu incarcerato per “attività clandestina” e condannato a quattro anni, di cui due amnistiati. Come avrebbe poi raccontato Vittorio Foa, si era diffusa l’idea di una casa editrice formata da cospiratori. Giulio Einaudi fu ammonito e per molto tempo sorvegliato. Se si muoveva da Torino e arrivava a Roma, subito i servizi si chiedevano il perché del viaggio. Gli inizi erano stati difficili, ma il gruppo funzionava. Nel tempo si sarebbe consolidata la prassi delle discussioni del mercoledì. Non si cercava la concordia, caso mai si lavorava intorno ad una concordia discors, come ha ricordato ancora Ernesto Franco. Nessuna casa editrice italiana ha visto nel tempo apparire tante memorie personali di protagonisti maggiori e minori.
Memorie venute fuori magari mezzo secolo dopo e oltre, come quelle di Daniele Ponchiroli. Memorie piene di pro, ma anche di contro, tuttavia tese a documentare la singolarità di quel gruppo. Poi ci sono le memorie di Giulio… E del resto quanti altri editori portavano dirigenti e collaboratori illustri in montagna per discutere di libri e di cultura?
Certo scendendo nella storia minuta ci sono alti e bassi da registrare, il tracollo economico, il commissariamento… Sono storie molto note. In ottantacinque anni il mondo è cambiato infinite volte e una casa editrice non è fuori dal mondo. Nel catalogo c’è un saggio di Ambrogio Borsani su come Einaudi, nel tempo, ha comunicato i suoi libri, attraverso bollettini, locandine, riviste e la pubblicità sui quotidiani. E c’è un secondo saggio, di Luca Bianco, sugli artisti che hanno collaborato con la casa editrice e sono troppi per poterli qui citare. Diremo solo che Mimmo Paladino per questo catalogo ha creato uno Struzzo, perenne marchio della casa editrice, riprodotto su un vero uovo di struzzo.