Giorgio Gandola per “la Verità”, 21 novembre 2018
''MEGLIO CON I 5 STELLE CHE CON FINI E CASINI'' - CALDEROLI, VICEPRESIDENTE DEL SENATO, PRONTO AL SALTO NEL BUIO: ''NON CI FERMERANNO CON LO SPREAD, ORMAI L'ASSE FRANCO TEDESCO È ISOLATO. ORA O MAI PIÙ. SENNÒ SI TORNA NELLA PALUDE - LA VERA SCOPERTA È CONTE, SEMPRE SUL PEZZO - FORZA ITALIA HA DUE FACCE: SUL TERRITORIO TUTTO BENE, A ROMA NON LI CAPISCO'' -
Vietato chiamarlo nonno della Repubblica, si innervosisce perché a 62 anni dà la paga a tanti in dinamismo. Ma con le sue otto legislature (tre volte ministro), quattro vicepresidenze del Senato e la barba bianca, in mezzo ai nerd e ai neofiti di questa tornata a suo modo rivoluzionaria, Roberto Calderoli sembra il saggio della montagna. Il Senato è il soggiorno di casa sua, l' osservatorio da dove il medico dentista bergamasco (tutti i Calderoli lo sono da generazioni) verifica la tenuta dell' istituzione, l' alleanza di governo, il rapporto con Silvio Berlusconi, il declino di questa Europa il proprio rinnovato ruolo di tessitore silenzioso. O quasi.
Presidente Calderoli, gli scricchiolii che si sentono, provengono dalla maggioranza? «Credo che questo sia il momento più difficile perché dopo cinque mesi i fatti concreti prendono il sopravvento. È normale, dopo gli entusiasmi della prima notte di nozze, ecco la realtà».
Fra Lega e 5 stelle vede nero? «Per niente. Anzi vedo che i problemi si stanno superando, che le consonanze vincono sulle differenze. Le discussioni sono fisiologiche, segno di vitalità. E per essere sincero ne vedo meno che in passato».
In che senso? «L' esperienza dei vecchi tempi l' ho ben presente. E quello che ho passato nel periodo dell' alleanza con Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini me lo ricordo, per non parlare delle contorsioni di Gianni Letta. Tutto un gioco di sponde e trabocchetti che adesso non esiste».
Le leggi sono come gestazioni. «Non mi pare, qui il rapporto è diretto, chiaro. Si decide e si fa, come per il decreto Sicurezza o quello su Genova. Posso annunciare che adesso il pragmatismo viene prima di tutto. I tempi delle lungaggini erano altri».
A cosa si deve il merito? «Mi lasci dire, anche alla riforma del regolamento del Senato che avevo portato a termine alla fine della scorsa legislatura. Adesso siamo una macchina da guerra».
Qui serve un approfondimento. «Ma sì, adesso il Senato è tre volte più veloce della Camera, senza bisogno di porre la fiducia e senza quei bizantinismi che avevano stancato il mondo. Una riforma portata a casa in sei mesi con metodo bergamasco».
Dopo il Porcellum, il Bergamellum. Che metodo sarebbe? «Ho ragionato come si fa nei cda delle aziende serie: arrivare agli obiettivi in tempi certi. Prima era un gran pagar la gente per perdere tempo, ma l' indecisionismo non paga e gli italiani non vogliono più vedere politici fannulloni».
Ci faccia un esempio concreto. «Decreto Genova, abbiamo messo alle spalle 320 emendamenti in due ore. Aule vuote? Al Senato non succede più e siamo costretti ad aspettare i tempi più lenti della Camera, noi Ferrari e loro Topolino. E questa è concretezza bergamasca, ce la riconoscono tutti, dagli uffici alle opposizioni».
Matteo Renzi voleva abolirlo, il Senato. «Certo, però noto che si è fatto eleggere in Senato e parla dal Senato. Detto questo, sono per la riforma del bicameralismo perché non concepisco due Camere che si occupino degli stessi temi. Purtroppo una mia vecchia proposta di riforma fu bocciata».
Perché? «Perché la sinistra non la voleva, avrebbe cambiato tutto, introdotto la variabile della specializzazione. Ma si sa quanto sono conservatori da quelle parti».
Nella sua vita politica ne ha viste tante. Siamo davvero a un bivio? «Ora o mai più, non ci sono più storie o vie di fuga. Oggi non bisogna ragionare e basta, bisogna fare perché in caso contrario si torna nella palude. Anzi non so più neppure cosa sia la palude. Gli italiani stanno col fiato sul collo».
Chiedono delle risposte, sono stanchi di parolai lombardi, siciliani o fiorentini. «Ecco appunto, è completamente cambiato l' orizzonte. E allora bisogna azzardare anche con un' alleanza nuova, diversa, come questa. Galleggiare sarebbe peggio che sbagliare».
Però se si sbaglia si finisce nel baratro. «È la minaccia di chi è aggrappato al vecchio sistema. Galleggiare serve solo ai poteri forti, a chi fa i giochini con lo spread. Col debito pubblico a 2.300 miliardi le vecchie ricette fanno solo ridere».
Come si fa a ridurlo? «Di sicuro non si chiama a governare chi lo ha creato. In nessuna azienda darebbero la responsabilità della ristrutturazione agli stessi manager che hanno sfasciato tutto. Si cambia linea, gli italiani lo hanno detto col voto. Ma in molti non lo capiscono e parlano. Come Tito Boeri».
Il presidente dell' Inps difende le pensioni. «Ma va, lui fa politica. Non vuole quota 100, non vuole un calo dell' immigrazione, non è d' accordo su niente. Si dimetta, nessuno lo sta trattenendo».
La Lega è al centro del progetto, sicuro che non sia un azzardo? «Noi abbiamo una fortuna unica: siamo cresciuti in trincea. Siamo partiti come assessori nei piccoli Comuni, poi sindaci, poi parlamentari. Capiamo cosa funziona e cosa non funziona nel sistema-paese per esperienza vissuta. Direi che è una buona garanzia».
Ma i 5 stelle sembrano marziani. «Questa è una narrazione che piace a voi giornalisti. Ci sono anche persone preparate, che capiscono, con le quali si ragiona. Piuttosto, talvolta loro sono soggetti a diktat politici. Mi auguro che col tempo il competente abbia più credito del soldatino».
Che rapporto ha con Luigi Di Maio? «Ci vado d' accordo, è un ragazzo che sa ascoltare. Ma una vera scoperta è il premier Giuseppe Conte; non lo conoscevo e mi ha fatto un' ottima impressione».
Lo accusano di non emergere. «Non emerge perché è una persona normale e gentile. Già trovare un professore universitario che ama il basso profilo è un miracolo. Lui chiede, elabora e poi concretizza. Nell' ultimo quarto di secolo ho avuto rapporti diretti con premier e leader sia in maggioranza che all' opposizione. Questo è sempre sul pezzo: lo chiami alle 2 di notte e risponde».
Il rischio è che non veda le bucce di banana. Sa com' è... «Matteo Salvini al suo fianco è un' assicurazione sulla vita perché quello le bucce di banana le vede anche dietro le curve».
Il vostro leader ha bisogno di consigli? «Lui è un unicum, mai visto uno così da quando sono in politica. Gli invidio l' energia, la rapidità di pensiero, la presenza costante su tutto».
Neanche il miglior Berlusconi? «Neanche lui. Salvini ascolta tutti, decide da solo e non ci sono santi. Però se sbaglia ti dice: "Cacchio, avevi ragione tu". Lo riconosce. E così facendo sta diventando un leader non più solo italiano, ma sovranazionale».
A proposito, pronti per le Europee di primavera? «Se non cambia, l' Europa salta; è la cosa più naturale. A sei mesi dal voto è il simbolo di qualcosa che non esiste più come si percepiva in passato. Non c' è più l' Inghilterra, i Paesi complementari hanno una linea politica diversa rispetto a quella dei fondatori. Di cosa stiamo parlando?».
L' asse franco-tedesco sembra reggere. «Sembra. Ma l' Europa basata su Germania, Francia, Olanda, Lussemburgo e tutti gli altri trattati come colonie è finita. Gli altri si sono emancipati e premono: sarà un passaggio storico. Non lo fermi con lo spread».
Per l' Italia c' è il rischio isolamento. «Ma saranno isolati i due che resistono per garantire il vecchio sistema, tutti gli altri la pensano come noi. Oggi per fortuna non c' è bisogno di un raid per far fuori i vecchi leader, bastano le elezioni».
Durante la campagna elettorale italiana, Berlusconi diceva: «Dobbiamo rappresentare i moderati». E lei replicava: «Non vedo in giro gente moderata, ma gente incazzata». Bingo. «La gente è ancora incazzata, ma bisogna riconoscere a questo governo - in carica da soli cinque mesi - di cercare le ricette giuste per risolvere i problemi e riportare serenità».
L' alleanza con Forza Italia funziona sul territorio e non a Roma. Perché? «Perché rispetto a quella che vedo nelle Regioni e nei Comuni, la Forza Italia del Parlamento è del tutto diversa. Non mi capacito. L' errore clamoroso l' ha compiuto diventando la fotocopia del Pd. Vedere Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini fare le renzine della situazione è triste: non è il loro mestiere, sono fuori ruolo».
Berlusconi è sempre stato suo amico. «Lo è ancora, resta un gigante. Ha avuto un solo grande demerito: ha creduto in giovani che erano solo giovani. Non ha fatto crescere delfini, ma alborelle».
Suo nonno fondò un movimento autonomista quando Umberto Bossi era un ragazzino. Motto: «Bergamo nazione, tutto il resto è meridione». Come fa a digerire la Lega nazionale? «Oggi lo scenario è diverso, la struttura nazionale e la politica di respiro nazionale ci consentono di portare a casa successi anche per il Nord».
Perché il sistema mediatico è dal primo giorno palesemente contrario al governo Lega-5 stelle? «Perché buona parte del mondo della comunicazione è asservito ai poteri forti. Ma se i poteri forti sono contro le nostre decisioni significa che siamo nel giusto. Tanto più siamo attaccati, tanto più vinciamo elezioni comunali e regionali, tanto più i sondaggi migliorano».
Questo cosa significa? «Significa che la gente ha smesso di credere ai dibattiti tv e a molti media».
Quando torna a Bergamo, dentro il mondo dipinto da Giorgio Gori che cosa vede? «Hanno messo un brontosauro nella piazza della stazione, c' entra come i cavoli a merenda, ma rende l' idea dell' amministrazione in carica. Ancora per poco».