Il Messaggero, 21 novembre 2018
La convention delle suore di clausura: a Roma in 300 con una dispensa papale
CITTÀ DEL VATICANO Un piccolo esercito di 300 suore di clausura – in via del tutto eccezionale – è stato autorizzato da Papa Francesco ad uscire dal proprio convento per venire a Roma. Più che prendere una bella boccata d’aria ed evadere dalla solita scansione quotidiana che si consuma tra silenzio e meditazione, le suore stavolta sono chiamate a fare il punto e discutere del loro futuro. Parecchi ordini religiosi sono ormai condannati all’estinzione per mancanza di vocazioni.
Altri devono fare i conti con l’età avanzata nei conventi e, di conseguenza, optare per un complicato percorso federativo con altre comunità claustrali. Spesso gli esperimenti funzionano, altre volte no. Le 300 suore che parteciperanno stamattina al convegno organizzato dal Laterano con gli esperti del settore e con i vertici della Congregazione per i Religiosi rifletteranno sui due documenti che il Papa ha firmato la scorsa primavera, una costituzione apostolica intitolata Vultum Dei quaerere e la sua istruzione applicativa, Cor Orans, entrambi pensati per accompagnare i monasteri verso un processo evolutivo che prevede sia una trasformazione gestionale che la rigenerazione di quelle realtà che altrimenti soffocherebbero per la mancanza di nuovi ingressi. I numeri parlano di un declino inesorabile.
Se 15 anni fa il numero complessivo delle monache si aggirava attorno alle 47 mila unità, oggi è sceso a 37 mila. In Italia i monasteri di clausura sono 468 con 6 mila 600 suore e solo 321 novizie. Le più numerose sono le francescane, seguite da clarisse, cappuccine, benedettine, certosine, camaldolesi, trappiste, domenicane, agostiniane. Un tempo la lista era più lunga, poi il crollo vocazionale ha costretto a prendere provvedimenti e fare progetti a lunga gittata, anche se la vita claustrale continua a sorprendere per nuove esperienze legate al monachesimo. Il silenzio, la meditazione attraggono ancora tante ragazze benché gli ingressi non siano sufficienti a coprire i decessi. Se un tempo in monastero si entrava quasi per obbligo, ora è frutto di una libera scelta, meditata e accompagnata da anni di studi, che possono durare fino ad un massimo di 12 anni, come ha stabilito Papa Francesco. Ma perché tante ragazze sono attratte da una vita così spartana? «Queste suore non fuggono dal mondo perché ritenuto corrotto, invivibile o peccaminoso. Vivono nel mondo con una modalità evangelica che mostra Dio, si immergono nella profondità dell’esistenza umana, offrendosi al Signore e dando testimonianza di un percorso non paralizzato da sicurezze» spiega Josè Carballo, l’arcivescovo francescano, ai vertici della Congregazione dei Religiosi. L’anno scorso, in preparazione dei documenti papali, è stato mandato a tutti i monasteri un questionario per avere una fotografia più completa di questo mondo.
Le monache, oltre al volto di castità, povertà e obbedienza rispettano quotidianamente una dimensione di solitudine, condividendo i beni con le altre sorelle. Il monastero, storicamente, è considerato come la dimora di Dio per eccellenza. Ogni suora ha una cella anche se dividono spazi comuni, dove mangiano e lavorano, iniziando la giornata con le lodi alle 5 del mattino. Il lavoro svolto che spesso offre sostentamento, varia da convento a convento: si realizzano oggetti sacri, ricami, traduzioni, si producono miele e marmellate che poi si vendono su Internet. Papa Bergoglio nel frattempo ha sdoganato la comunicazione via web. Le suore possono chattare, scambiare fotografie seguire gruppi, partecipare a discussioni sui social. Twitter, Istagram o Facebook non sono più terreni proibiti, anzi, ora sono strumenti preziosi per raccogliere aiuti, pubblicizzare prodotti, infusi per curare il diabete o i calcoli renali usando antiche ricette, attinte dalla farmacopea di Santa Ildegarda da Bingen. Molti monasteri sono diventati social e questo accorcia la distanza con la gente. Naturalmente nel rispetto dei tempi liturgici.