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 2018  novembre 21 Mercoledì calendario

La coulrofobia, la paura dei clown

Sorridente, spigliato e variopinto: è questo il profilo del classico clown. Caratterizzati come sono da quella travolgente passione per la vita dovrebbero infondere gioia ed entusiasmo, eppure, sempre più spesso, diventano motivo di ansia e agitazione. Le sensazioni negative che sono in grado di trasmettere hanno perfino fatto sì che i manuali di psicologia ne approfondissero i sintomi a una voce specifica: coulrofobia (dal greco “paura di colui che va sui trampoli”). Si tratta di un timore patologico dei clown e di ciò che li rappresenta. Esso si insinua nel bambino e lo accompagna anche in età adulta, quando, alla visione di queste grottesche figure dal ghigno beffardo, reagisce manifestando fiato corto, palpitazioni, nausea e sudorazione. Ma a cosa sarà da addebitare tutto questo? Secondo gli esperti, l’esasperata ostentazione di felicità veicolata dai pagliacci, agisce sull’inconscio suggerendogli di stare allerta dalle intenzioni di quella maschera che starebbe usando delle strategie persuasive per convincerci della sua affidabilità. Trucco e sorriso stampato sarebbero un modo per occultare una sfrenata perfidia travestendola di bonarietà, e vallo a spiegare alla psiche, una volta che ha imboccato i suoi tortuosi sentieri, che non è così. Anche la mente ha i suoi schemi, e l’esigenza di riconoscere le espressioni di chi abbiamo di fronte e di attribuirgli un senso sulla base del contesto che le influenza, è parte della nostra evoluzione; i clown inibirebbero questo primordiale istinto del cervello, che non riesce a decodificare le vere intenzioni di chi ha davanti, seppellite come sono sotto una coltre di make-up e artifici. 

LA COULROFOBIA Dati alla mano, la coulrofobia non è così rara, ne è colpita una persona ogni sette, ed anche le restanti sei, pur non manifestando i sintomi del disturbo, vivrebbero con soggezione l’idea di ritrovarsi un pagliaccio davanti, come testimonia uno studio del 2008 svolto dall’Università di Sheffield su 250 tra bambini e adolescenti di età compresa tra i 4 e i 16 anni. I risultati avrebbero provato che i clown, oltre a non divertire e compiacere quasi nessuno, sono sgraditi a ogni fascia di età. Ad averci marciato più di tutti è stata prima la letteratura, poi la cinematografia: era il 1986 quando il celebre romanziere dell’horror Stephen King pubblicò il suo volume di maggior successo: IT; il protagonista del best seller è un pagliaccio a nome Pennywise che sconvolge la quiete di una pacifica contea americana seminando terrore e falciando vite. Egli, invero, non è un individuo in carne ed ossa, bensì la manifestazione terrena del male, che per rivelarsi agli uomini, agisce sotto le mentite spoglie di un saltimbanco. Insomma, gli elementi per catalizzare l’interesse dell’ipotetico spettatore ci sono tutti, ed è in questo spirito che, di lì a poco, si metterà in moto la macchina da presa, offrendo la trasposizione televisiva del libro. Così, nella prima metà degli anni ’90, IT diventa un vero e proprio fenomeno di costume in grado di sconvolgere i bambini di tutto il mondo e i loro genitori, costretti a intervallare il sonno con i bruschi risvegli da parte dei figli, che temendo di essere sorpresi dal paventato fantoccio malefico sulla tavoletta del water, pretendono di essere accompagnati in bagno per assolvere alla pipì e alla pupù, quando in casa regna il buio. 

IN USA E INGHILTERRA A tutto ciò è seguita la stasi: proprio come Pennywise che nel capolavoro di King va in letargo per diversi anni prima di tornare a terrorizzare gli uomini, anche la fobia dei pagliacci si è sopita per un po’ di tempo. Questo fino al 2016 quando, tra Usa e Inghilterra, ha preso piede un fenomeno che, con buona pace di chi detesta la confusione, ha fatto perdere a tutti la voglia di uscire di casa: calato il buio nelle più svariate cittadine europee e americane, dei soggetti animati tanto dalla psicosi quanto dal fanatismo si travestivano da clown aggirandosi nelle periferie con accette o coltelli al solo scopo di seminare il panico. Si sono contati centinaia di casi prima che la bizzarria si placasse. Nemmeno la cronaca si è resa utile a riabilitare queste figure circensi: tra le storie più sanguinose delle quali si sia mai occupata vi è quella di John Wayne Gacy,?il killer clown?. Egli, tra il 1972 e il 1978, ha torturato e sodomizzato decine e decine di minorenni (33 in tutto), irretendoli con il suo costume colorato durante le feste di compleanno che, insospettabile come si presentava, veniva chiamato ad animare. La sua feroce attività di assassino seriale si concluse con la condanna a morte per iniezione letale. Egli si estinse, ma quella coulrofobia che ha contribuito ad accrescere con i terribili omicidi di cui si è macchiato, gli è sopravvissuta, e nei casi più patologici la si supera solo con un buon percorso di psicoterapia.