21 novembre 2018
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Biografia di Jamie Lee Curtis
Jamie Lee Curtis, nata a Los Angeles il 22 novembre 1958 (60 anni). Attrice. «A me non sono mai piaciuti i film dell’orrore. Non trovo nulla di accattivante nel provare spavento, eppure sono stata incoronata “la regina dell’urlo”. Non è da ridere?» • Seconda figlia (dopo Kelly, nata nel 1956, anch’essa attrice) dei celebri attori Tony Curtis (1925-2010) e Janet Leigh (1927-2004). «Mia madre è la Marion Crane di Psycho, una donna che non si è mai atteggiata a diva, a differenza di mio padre, un fantasma preso unicamente da se stesso». «I miei si separarono quando io avevo tre anni. Mia madre si risposò con un imprenditore che con lo show business c’entrava come i cavoli a merenda e sono cresciuta con loro in una casa in campagna fuori Los Angeles. Mio padre non lo vedevo mai. Insomma, con Hollywood ho avuto molto meno a che fare, da ragazzina, di quello che si tende a credere». «Sono sempre stata la brava ragazza. Non ho mai risposto male a mia mamma, non sono mai scappata di casa. Avrei voluto essere una "bad girl": ricordo che le guardavo con molta ammirazione. Ma non ce l’ho mai fatta» (a Lorenzo Soria). «Quello che non sopporta è sentir dire di aver fatto carriera grazie all’aiuto di mamma e papà. “Raccomandata io? Ma se ho interpretato un sacco di particine in serial tv, prima di girare un film vero. Subito dopo il liceo ho partecipato a episodi di Love Boat e Quincy. Ho anche recitato una particina in Charlie’s Angels: io e Cheryl Ladd dovevamo sguazzare in un laghetto fangoso per un’infinità di tempo. Rischiavamo di essere divorate dai coccodrilli…”. Il primo tv-movie recitato da Jamie Lee, curiosamente, è il remake del grande successo anni ’50 di papà Tony, Operazione sottoveste. Ma la sua carriera cinematografica […] è cominciata in modo tutt’altro che ortodosso. Il debutto è fra i brividi trash di Halloween, Fog e Halloween II, film horror per adolescenti che hanno generato innumerevoli (e sempre più inguardabili) seguiti. “Non è che quei film fossero proprio dei capolavori – ammette ora lei –, ma facevano appello a paure che abbiamo tutti: una baby-sitter sola in casa la notte di Ognissanti, con tutti che fanno scherzi macabri… Sono film piuttosto riusciti, secondo me. Per cominciare, comunque, sono andati benissimo”» (Matteo Persivale). «Tony era buffo e divertente. Mia madre, pure, in realtà, ma lui di più… Io, invece, sono sempre stata una sputasentenze, una di quelle “so tutto io” insopportabili. A un certo punto, a vent’anni, Carpenter con Halloween mi ha fatto la grazia di permettermi di recitare e di affibbiarmi una parte che non era certo un’appendice della mia personalità: una ragazza intellettuale, quieta, repressa, introspettiva. Proprio un bel regalo a una come me, la prima in classe ad alzare la mano appena l’insegnante apriva bocca… Ero un tale strazio!» (ad Alessandra Venezia). «Il vero esordio che la fa notare a tutti (specialmente agli uomini, grazie all’esibizione improvvisa di un topless mozzafiato) è la parte della “squillo” dal cuore d’oro in Una poltrona per due di John Landis. Ecco poi le acrobazie aerobiche di Perfect, in cui seduce un John Travolta improbabile giornalista d’assalto a suon di ginnastica danzata. Rigorosamente fasciata in tutine aderenti che più aderenti non si può. Il trionfo? Con lo humour paradossale di Un pesce di nome Wanda (diretto dall’anziano maestro della commedia britannica Charles Crichton, reduce dei leggendari Ealing Studios londinesi anni ’50). […] Ed eccola poliziotta dura in Blue Steel, […] “uno dei film più difficili che abbia mai girato: la regista, Kathryn Bigelow, ha uno stile molto particolare: pieno di primissimi piani, dettagli che indugiano su piccolissimi particolari. Ma le riprese ravvicinate, se creano tensione nello spettatore, esasperano un po’ gli attori, perché anche il minimo particolare assume un peso enorme. Le riprese sono state molto frustranti: per giorni e giorni non ho capito che cosa stesse facendo la Bigelow”. […] “Il risultato di questo film mi ha affascinato: Blue Steel è bello, intelligente e appassionante. Sono orgogliosa di averlo interpretato”. Da quel momento la sua carriera cambia radicalmente. E Jamie Lee ottiene la parte della moglie di Schwarzenegger in True Lies, diretto dall’ex marito della Bigelow, James Cameron. Nel film, da casalinga diventa spia in una sola notte. E trova il tempo di assestare un tremendo cazzotto al colossale Schwarzy. Diventando l’unica attrice di Hollywood a mettere k.o. un uomo sia con un diretto alla mascella sia con uno strip-tease» (Persivale). Tra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni Duemila, però, la parabola della Curtis declinò rapidamente, e, salvo rare eccezioni (Il sarto di Panama di John Boorman nel 2001, Quel pazzo venerdì di Mark Waters nel 2003), l’attrice finì per prendere parte a pellicole generalmente mediocri, spesso concepite come seguiti di suoi film precedenti (Creature selvagge di Un pesce di nome Wanda, Halloween – 20 anni dopo e Halloween – La resurrezione dei primi due Halloween), fino ad annunciare, dopo l’uscita della commedia Fuga dal Natale di Joe Roth (2004), il suo ritiro dalle scene: «Non voglio vedere il mio viso invecchiare sullo schermo. Non c’è una sola persona al mondo che, guardando una star ormai anziana ma che un tempo era bellissima, non pensi “Oddio, non era poi così bella, vero?”». Disattese però il proposito già l’anno successivo, con un piccolo cameo nella parte di se stessa in The Kid & I di Penelope Spheeris. Tornò poi ufficialmente sul grande schermo nella commedia Disney Beverly Hills Chihuahua di Raja Gosnell (2008) e in pochi altri film, fino al 2018, quando è tornata a indossare i panni di Laurie Strode in Halloween di David Gordon Green, definito l’unico vero seguito dell’originale del 1978, Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter, che ha peraltro collaborato al soggetto e alle musiche della nuova pellicola. «Quarant’anni dopo il primo Halloween, Jamie Lee Curtis riprende il ruolo di Laurie Strode, azzerando tutti gli episodi precedenti. "Halloween è il manifesto perfetto per l’era #MeToo", ci racconta. "Abbiamo dato l’annuncio del sequel meno di tre settimane prima che le accuse a Harvey Weinstein generassero i movimenti mondiali contro la violenza sulle donne. Nel film di Carpenter, Laurie ha 17 anni quando il killer mascherato e con la tuta da meccanico, Michael Myers, tenta di accoltellarla. Stiamo parlando di una donna che per tutto questo tempo è cresciuta senza supporto mentale; ha perso marito, figlia, è rimasta da sola con un fucile a canne mozze e lo spettro del suo predatore. Si è portata appresso questo trauma aspettando l’uomo che l’ha perseguitata, convinta che un giorno sarebbe tornato". E così accade. La notte di Halloween 2018 Michael è di ritorno a Haddonfield, Illinois, evaso da un istituto psichiatrico di massima sorveglianza. […] Curtis sostiene che "la sceneggiatura è dalla parte delle donne e onora le vittime di abusi". E aggiunge: "Laurie è un simbolo. Ripete a se stessa: io non sono il mio trauma, non sta scritto da nessuna parte che io debba interpretare la vittima per sempre". La vediamo tramutarsi in una Sarah Connor [la protagonista della saga Terminator – ndr] tostissima, muscolosa, dalla mira precisa, nascosta in una casa-bunker piena di trappole e passaggi segreti. […] "Se sono i serial killer mascherati che mi fanno paura? No di certo", ci dice. "Quello che mi fa paura è la deriva che sta prendendo il Paese. I politici. Trump e i repubblicani mi fanno molta più paura di Michael Myers". A convincerla a tornare nei panni di Laurie, rivela, "è stato Jake Gyllenhaal, al quale ho fatto da ‘madrina della celebrità’ per gran parte della sua vita", sorride. Gyllenhaal, che ha lavorato con Gordon Green al biopic sul superstite all’attentato della maratona di Boston, ha messo in contatto attrice e regista, forgiando l’unione» (Filippo Brunamonti). Dopo questo nuovo Halloween, presentato alla Festa del cinema di Roma e salutato da un grande successo di pubblico e da recensioni per lo più favorevoli, la Curtis sembra aver ritrovato l’interesse di produttori e registi: ha infatti già preso parte ad altre due pellicole, il thriller politico An Acceptable Loss di Joe Chappelle, in uscita nel gennaio 2019, e il giallo Knives Out di Rian Johnson, ancora in corso di realizzazione • Dal 1993 a oggi ha anche scritto tredici libri per bambini. «Scrivere è una grande gioia. Almeno, quando ricevo complimenti, non è per avere preteso di essere qualcun altro, ma per le cose che penso e che scrivo» • Nel 2018 ha dichiarato: «Quando avevo 13 anni, un produttore chiamò mia madre e disse: “Mi permetteresti di fare un’audizione a Jamie?”. Mia madre disse di no. Il film era L’esorcista». Il regista del film, William Friedkin, ha però smentito tale circostanza • Sposata dal 1984 con l’attore, regista e musicista Christopher Guest (classe 1948), che nel 1996, alla morte del padre, esponente dell’aristocrazia britannica, ha ereditato il titolo di barone Haden-Guest: da allora, pertanto, la stessa Curtis è baronessa Haden-Guest. Due figli adottivi: Annie (1986) e Thomas (1996) • Dichiaratamente democratica, è da tempo impegnata in numerose battaglie sociali (per i diritti degli omosessuali, per la difesa delle donne, per i bambini sieropositivi) • Ha dichiarato più volte di essere stata a lungo dipendente da alcol, droghe e farmaci, e di essere poi riuscita a disintossicarsi completamente. «Mio fratello [il fratellastro Nicholas Curtis, nato dal terzo matrimonio del padre e morto a 23 anni nel 1994 – ndr] è morto di overdose da eroina, e i miei genitori hanno entrambi avuto problemi di alcol e droghe: nonostante fossero due star del cinema, la nostra non era una famiglia felice». Negli anni Novanta, parlando del padre, disse: «Lui sniffava cocaina, era perennemente sotto l’effetto di qualche sostanza strana. Quando avevo 20 anni ci drogavamo insieme. Bel rapporto, eh?». «Sono stata sempre una brava ragazza, tranne quando andavo a far visita a qualcuno che si era rotto una gamba. Portavo una torta fatta in casa e poi sgattaiolavo in bagno a rubargli le pillole». «Per un decennio, proprio quando era al culmine della sua carriera e interpretava film di successo come Un pesce di nome Wanda e True Lies, la star americana Jamie Lee Curtis ha sofferto di dipendenza da oppiacei. […] La dipendenza è iniziata nel 1989, quando le sono state prescritte delle pillole dopo un piccolo intervento di chirurgia plastica agli occhi. Per i successivi dieci anni, l’attrice ha cercato gli oppiacei con ogni mezzo, rubandoli persino ai suoi amici e ai familiari: "Nessuno lo sapeva – ha confessato –. Mi vergognavo troppo". L’ultima vittima dei suoi furti di oppiacei è stata la sorella maggiore Kelly, che è stata anche la prima persona a scoprire la sua dipendenza nel 1998. Proprio grazie alle sue pressioni, l’anno successivo Jamie ha accettato di frequentare un gruppo di recupero. Da allora non prende più oppiacei ed è "pulita" da quasi 30 anni. Jamie […] dichiara: "Ho rotto il ciclo che ha distrutto generazioni nella mia famiglia. […] La disintossicazione rimane la più grande conquista della mia vita, più grande del mio matrimonio, dei miei figli, dei miei successi, del mio lavoro, ed è più forte di ogni altra cosa"» (Francesco Tortora) • Controverso il rapporto con il suo corpo, oscillante nel corso degli anni tra il desiderio di migliorare o preservare la propria immagine (dapprima con numerosi interventi chirurgici ed estetici, poi con reiterati propositi di ritirarsi dalle scene) e quello di mostrarsi senza veli né ritocchi, rivendicando anche i suoi difetti e i segni dell’età (con alcuni servizi fotografici in cui è apparsa seminuda o scarsamente vestita). «Mia mamma era la donna più bella del mondo, per non parlare di mio padre. E io non mi potevo sentire alla loro altezza: ero al massimo passabile. Ma avevo sottovalutato il potere dell’età, cioè dell’evoluzione. Sono sicuramente molto meglio adesso che a 19 anni…» (a Marco Giovannini). «Finalmente so chi sono: sono più forte e intelligente, mi sento molto meglio di quando avevo 20 anni, mi alzo alle 5 del mattino piena di energia. Faccio yoga, gioco a tennis tre volte alla settimana e faccio delle lunghe camminate» (a Roberto Croci) • «Se nella recitazione è meno sottile di mamma (che passava da commedie scatenate come In licenza a Parigi di Blake Edwards al brivido hitchcockiano di Psycho, ai thriller politici come Va’ e uccidi con Frank Sinatra, fino al capolavoro di Welles L’infernale Quinlan), Jamie Lee è molto più grintosa. Fisicamente è uno strano cocktail tra i due celebri – e affascinanti – genitori. “Ho il petto della mamma, il labbro inferiore del papà, quello superiore della mamma, i cerchi intorno agli occhi del papà, il naso della mamma. L’altezza? Non è mia neanche quella. L’ho ereditata dal nonno materno. Il risultato è buffo, ma non mi dispiace”. […] C’è una scena di True Lies in cui Jamie Lee Curtis, abito da sera ed espressione indecisa, si ferma davanti a uno specchio nel corridoio di un elegante albergo. Si osserva con attenzione. Le basta un attimo, poi all’improvviso si strappa brutalmente le maniche a sbuffo, e il lungo orlo della gonna. Un ultimo strattone al top, e il décolleté si scopre vertiginosamente. Ora quello che era un abito pacchiano da signora di mezza età si è trasformato – come per magia – in un tubino nero attillatissimo. Jamie Lee sorride, si sistema il rossetto. E riparte felice, con incedere da vamp. Venti secondi soltanto, ma bastano a capire tutto di Jamie Lee Curtis: mascolina ma seducente, insicura ma forte, è la diva dei contrasti e delle metamorfosi improvvise. Capace di stupire. E decisa ad andare contro le aspettative del pubblico» (Persivale) • «Dice di non aver mai pianificato le sue varie incarnazioni. Non la diva dell’horror: Halloween, che la lanciò nel 1978, fu un successo inatteso, “anche perché era un periodo in cui l’horror era considerato un cugino di terzo grado dello show business”. […] Né la star comica: il regista John Landis la chiamò senza alcun preavviso per Una poltrona per due nel 1983. […] “Io sono sempre stata quella del ‘dove, quando, chi, quanto pagano’. Non ho mai fatto tanti complimenti quando si è trattato di accettare parti. E, sia chiaro, ho fatto anche tante schifezze. […] Sono la figlia illegittima dei film, partorita nel buio dell’horror. Non era stata una mia scelta. Ho fatto provini per altri film: non mi hanno presa. Credete che non mi sarebbe piaciuto iniziare la carriera con Witness, con Harrison Ford innamorato di me, le luci di John Seale e Peter Weir che mi diceva cosa fare? Certo che mi sarebbe piaciuto, ma non è successo. Però, io sto ancora qui”» (Silvia Bizio). «Lavoro da quand’ero ragazza, non mi sono mai fermata e per tutto il tempo non ho permesso ai potenti di guidare la mia strada. Sono io l’artefice della mia. Io quella al comando. Un’attrice a Hollywood deve saper scegliere da sola». «Non sono mai stata una “super fan” del genere horror. Tuttora non è tra le mie priorità quando devo scegliere un film da vedere: mi butto più volentieri su una commedia romantica. Sono comunque grata alle pellicole del terrore perché mi hanno permesso di arrivare al grande pubblico» • «Jamie Lee Curtis: un grande ruolo da prostituta in Una poltrona per due di John Landis, un altro in Un pesce di nome Wanda di Terry Gilliam (il resto della carriera lo ha trascorso a farsi inseguire da maniaci assassini, in Halloween e Non entrate in quella casa)» (Mariarosa Mancuso) • «Lei calca set da sempre, e probabilmente li frequentava anche da molto piccola, insieme ai suoi genitori. Cosa ha imparato? “A stringere fra le mani uno stuzzicadenti”. Prego? “È un trucco che ho imparato per non ridere. Ho la tendenza a trovare molte situazioni divertenti, e nel corso degli anni ho rovinato più di una scena perché mi scappava da ridere, così ho imparato questo trucchetto. Quando mi viene da ridere, stringo lo stuzzicadenti dalle punte: mi faccio male, così mi scappa la voglia di ridere. Arrivo a farmi sanguinare, a volte”» (Francesca Scorcucchi). «Agli Universal Studios le strade hanno i nomi degli attori, c’è via Tony Curtis e via Janet Leigh, ci passo e penso: è tutto così strano. Però sono orgogliosa di loro come loro lo erano di me». «Tutti la definiscono la regina dell’urlo, l’originale scream queen. “Oh, no: la prima non sono stata io, ma mia madre, la bellissima Janet Leigh, che sarà ricordata per sempre per la sua scena in Psycho. Forse possiamo dire che ho imparato da lei!”» (Croci). «"Quando morirò, vorrei che i giornali titolassero: “Si è spenta Jamie Lee Curtis, la regina dell’urlo. L’attrice di Halloween”. Sarebbe un onore"».