La crisi delle ultime stagioni, la dittatura spagnola: nel 2013 un solo successo, di Valentino Rossi, contro i 47 iberici. Ora è tempo di Rinascimento Italiano?
«Una volta tra quelli forti c’erano degli australiani, qualche americano. E noi. Fu quasi casuale, quella coincidenza di talenti. Avevamo storie diverse alle spalle, solo io venivo dalla “scuola” del Team Italia. Gli spagnoli ce l’hanno copiata. E mentre gli investimenti della nostra federazione calavano, insieme alle vittorie e alle certezze, loro hanno messo su un vivaio straordinario. Però le cose stanno cambiando».
L’Academy di Rossi sforna campioncini: Morbidelli e Bagnaia hanno vinto gli ultimi 2 mondiali di Moto2. Cosa possono combinare in MotoGP?
«È vero, molti dei migliori vengono dalla Vr46. Arrivano a Tavullia che sono ragazzini, ne escono piloti: non so come vengano gestiti, ma visti i risultati Valentino fa sicuramente un gran bel lavoro».
Ha tenuto fuori Rossi dal podio tricolore del futuro.
«Solo perché fra tre stagioni dovrebbe essersi ritirato, il contratto con Yamaha scade nel 2020. Ma oggi è ancora il Re del motomondiale».
Valentino il Re? Dopo tanta rivalità fra voi. Può ripetere, Biaggi?
«Volentieri, ma non lo metta nel titolo. Valentino ha vinto più di tutti: molta gente viene per vedere lui, e tutti gli altri piloti vogliono la sua testa. Crescono, si migliorano dando la caccia al leone: sentono l’odore del sangue. Conosco bene questa storia: l’obiettivo di molti avversari non era vincere, ma starmi davanti».
Com’è il regno di Marc Marquez?
«Ha cambiato la storia del motociclismo. Come Kenny Roberts dopo Agostini, che quando è arrivato e buttava giù il ginocchio la gente pensava fosse pazzo: poi hanno cominciato a copiarlo. Così con Marc: erano perplessi, ma molti hanno cambiato lo stile ispirandosi a lui. Che campione, ne nascono pochi».
Come si troverà con Lorenzo nel Dream Team Honda che nascerà?
«Sono due grandi campioni. Certo, per Jorge sarà dura perché lì il padrone è Marquez».
Faccia il nome di altri grandi campioni degli ultimi anni.
«Valentino, Stoner, Lorenzo, il sottoscritto. Gente che sale di categoria, e subito fa primo. Non basta essere bravi: ci vuole continuità, e bisogna vincere la guerra».
La guerra?
«Prenda Dovizioso: un bravissimo pilota, anche quest’anno ha dato tutto. Ha vinto delle battaglie, però la guerra è andata a Marquez. Gli manca ancora un clic, per diventare un campione».
Chi sarà il prossimo campione italiano?
«Ce ne sono tanti, di bravi. Da un paio d’anni seguo Bagnaia, mi piace il modo lucido e serio che ha di affrontare le gare. Ricorda un po’ me. Per diventare un vero campione però dovrà vincere, essere costante. Vale per tutti i talenti italiani. È per questo che dico di avere pazienza. Come ne ha Dovizioso: sono 2 anni che ci va vicino, da oggi è già tra i favoriti al titolo 2019. Può sopperire con l’intelligenza, l’esperienza, la tecnologia Ducati».
La tecnologia. Più importante il pilota o la moto?
«Il pilota. Una volta la percentuale era 60-40, adesso molto meno. Col "due tempi", il motore era potenza, cavalli, curva di erogazione: sgasavi al verde e dovevi essere delicatissimo con la frizione. Ora fa tutto la tecnologia: il motore lo puoi rendere più docile, facile, puoi avere il controllo di trazione. Metti a manetta e lanci la frizione: se hai un buon launch control sei bravo, altrimenti sei una pippa. Prima, quelli bravi erano 2-3: gli altri molto più dietro, o nel paddock con gambe e braccia ingessate perché cadevano e si facevano male. Oggi ci sono più sicurezza, meno infortuni, più equilibrio. Si chiama show».
E si correrà anche con le moto elettriche.
«Mi hanno chiesto di partecipare al mondiale. Come Gibernau, che ha la mia età, quarantasette anni. No, grazie. Sono d’accordo con una visione "green" del mondo, ma non mi ci vedo in sella a una bestia che non urla. Nel 2019 avrò un mio team in Moto3, questo mi basta. E poi già faccio l’ambasciatore per l’Aprilia. Mi aspetto che sia un anno speciale per Iannnone. Io, dopo l’ultimo incidente, ho giurato di non fare più gare. Casomai lasciatemi provare ogni tanto una moto vera, in pista. Sono pur sempre uno della vecchia scuola. Uno che è stato Re».