Il Sole 24 Ore, 19 novembre 2018
Quota 100, precoci e vecchiaia: in arrivo un maxi-esodo dal lavoro
Due milioni di pensionamenti a un’età media appena inferiore ai 60 anni e un assegno mensile attorno ai duemila euro lordi. Questa è stata l’anzianità previdenziale Inps degli ultimi dieci anni. Un flusso di uscite costante dal mercato su una media di circa 200mila lavoratori l’anno tutto compreso: dipendenti privati, parasubordinati e pubblico impiego. Con oscillazioni al ribasso negli anni immediatamente successivi alla riforma Fornero e il ritorno sopra la media lo scorso anno con 224.329 nuovi assegni liquidati.
Quel flusso contiene tutti i pensionamenti anticipati rispetto alla vecchiaia, quelli cioè con i requisiti dei 42 anni e 10 mesi dell’anno scorso per risalire ai “quotisti” con 35 anni minimi degli anni passati, senza dimenticare l’ondata recente dei cosiddetti “esodati” che hanno ottenuto una delle otto salvaguardie post riforma 2011. Si tratta dei pensionati più fortunati, quelli con carriere senza buchi di versamenti e assegni calcolati con il vecchio metodo retributivo, nel quale la pensione annua lorda si calcola moltiplicando gli anni di anzianità per l’ultima retribuzione annua lorda e per un tasso di rendimento al 2 per cento.
I numeri delle uscite
L’anno prossimo, con l’arrivo di”quota 100”, ovvero la possibilità di nuovi pensionamenti di anzianità con 62 anni e 38 minimi di contributi, quel flusso potrebbe fare un salto quantico. Il governo stima 360mila candidati alla nuova pensione di anzianità. L’ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), l’authority sui conti pubblici costituita nel 2014 a valle del fiscal compact, ha detto invece che i “quotisti” potrebbero arrivare fino a 437mila: 212mila circa con una prospettiva di assegno a calcolo misto e 224mila a calcolo totalmente retributivo, il più vantaggioso come si diceva.
I calcoli dell’Upb arrivano a un totale di 620.592 pensionati potenziali nel 2019 se si aggiungono anche i candidati alla pensione di vecchiaia, gli altri anticipi e i lavoratori precoci, che potranno uscire con 41 anni di contributi avendo fatto più di un anno di impiego prima dei 19 anni e che rientrano in determinate condizioni di disagio sociale o lavorativo.
Non tutti i quotisti sceglieranno di cogliere l’opzione, naturalmente. Il cosiddetto “superamento della Fornero” prevede disincentivi come il divieto di cumulo tra pensione e lavoro proprio per evitare un esodo di massa. Ma molti lo faranno. E saranno molti in più di quelli usciti finora con un anticipo: almeno il 50% in più stando ai piani del ministero del Lavoro. «L’impatto sulla spesa sarà importante e peggiorerà il record storico che abbiamo toccato l’anno scorso, quando su 269,7 miliardi di spesa per pensioni, alle anzianità sono andati 136,6 miliardi, il 51%» spiega Stefano Patriarca, esperto di previdenza ed ex consigliere economico a palazzo Chigi.
Tra pubblico e privato
I nuovi pensionati di anzianità dovrebbero arrivare per il 60% dal settore privato e per il 40% dal pubblico impiego. E, come illustrato nella sezione Infodata del sito del Sole 24 Ore, lasceranno un vuoto soprattutto nel mercato del lavoro del Nord, nelle province di Biella, Asti, Novara, Ravenna, Ferrara, Mantova e Rovigo, mentre al Centro le città con maggiori pensionamenti di anzianità potrebbero essere Arezzo e Siena.
Il governo, com’è noto, punta soprattutto a facilitare chi vuole andare in pensione perché avrebbe problemi a raggiungere il traguardo della vecchiaia. E prevede che quei posti lasciati verranno rimpiazzati da lavoratori più giovani. Stimare oggi quale tasso di rimpiazzo si realizzerà è pressoché impossibile. «Non esistono evidenze empiriche di una sostituzione uno a uno» ha ripetuto nei giorni scorsi il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ricordando che le assunzioni sono molto influenzate anche dalla congiuntura. Studi recenti hanno dimostrato che quando scattarono i nuovi requisiti Fornero, nel 2012, in piena recessione, il mancato pensionamento di tre lavoratori senior ha in certi casi bloccato una nuova assunzione nella stessa azienda. Ma i numeri cambiano come le stagioni, e ancora non sappiamo se la primavera di “quota 100” sboccerà in un’economia in crescita oppure, come temono molti economisti, di nuovo in stagnazione.