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 2018  novembre 19 Lunedì calendario

Storia di Colette che al matrimonio preferì la libertà

Una fanciulla molto svelta di buona famiglia della provincia francese, sposa ventenne e innamoratissima un celebre viveur parigino più vecchio di lei, per il quale, malgrado la barbetta ingrigita e i baffoni all’insù, le donne a frotte perdono la testa rimpiangendolo poi per tutta la vita. La stessa fanciulla diventata la sua signora ne farà di ogni colore, in amore-odio per lui, interrompendo i multipli piaceri ambosessi perché chiusa a chiave in camera dal despota affinché scriva i suoi ricordi adolescenti su scolarette un po’ porcelle, che diventano romanzi di grandioso successo popolare; pretesi e firmati dal marito, sinistro imprenditore del lavoro altrui con al suo servizio una bella squadra di "negri" anonimi che gli procurano i "suoi" romanzi. Finalmente la fanciulla diventata donna non ne può più di corna, miseria (un inverno gelido è sua madre a comprarle il cappotto che non ha), sequestro di mobili, debiti, lavoro non pagato e non riconosciuto, e riesce, tredici anni dopo l’infausto matrimonio, ad andarsene malgrado scenate e minacce del marito; qualche anno dopo divorzia e affronta finalmente l’autonomia professionale e sentimentale.

Questa è la trama di Colette, diretto da Wash Westmoreland, con una protagonista perfetta, Keira Knightley, ma è anche la vera storia di Sidonie-Gabrielle Colette, affrontata dal film con una specie di venerazione e molta cura per il personaggio e l’epoca, forse temendo in quanto americani una stizzosa reazione dei solenni cultori colettiani francesi.
In realtà anche questo film, che pure è il primo ad avere per protagonista la scrittrice e non un personaggio dei suoi romanzi, tiene conto di un suo libro, Il mio noviziato, scritto nel 1935, dopo la morte di quel primo marito oppressore, Henry Gauthier-Villars, editore, scrittore, critico musicale, protagonista della Belle Epoque, che si faceva chiamare Willy, pseudonimo con cui firmava la serie di Claudine, la scostumata minorenne opera di Gabrielle. La quale in queste memorie, come fosse un estraneo, lo chiama M. Willy, Signor Willy.
Appassionatamente i responsabili del film devono aver visionato migliaia di fotografie d’epoca perché le somiglianze sono incredibili; mamma Sido del film pare davvero quella vera, e così Dominic West ha il pancione e il cilindro a bordo piatto delle tante caricature di Willy disegnate da Sem che appaiono nel film; chi interpreta l’ambiziosa attricetta Polaire, collettone bianco da bambina e audaci capelli tagliati corti, ne è una copia perfetta come nella realtà e nel film sarà costretta ad esserlo la stessa Colette. Forse Keira Knightley ha una aria troppo altera per farci credere alla sottomissione sessuale come racconta Colette: "Sono numerose le ragazze appena in età da marito che sognano di essere lo spettacolo, il giocattolo, il capolavorolibertino di un uomo maturo…".
Colette era davvero molto bella, se si dimenticano le sue immagini più diffuse, quelle della vecchiaia anni Cinquanta.
Keira, così sottile, con le trecce lunghe oltre la vita, e la paglietta maschile piegata sul viso, è meno sensuale e quindi più attuale: tanto da suggerire alle sue tante followers la moda di casti abiti a collo alto.
Willy era gelosissimo della sua giovane sposa se si trattava di altri uomini, ma non le proibiva, anzi, e non è del tutto vero, nel film la incoraggia a dedicarsi ad altre donne, tra le tante lesbiche deluse dai mariti che ricche, intellettuali e famose, esibivano i loro legami, come Mathilde de Morny, separata dal marchese di Belbeuf - nel film è interpretata da Denise Gough; vestita da uomo e col sigaro in bocca Missy, come la chiama Colette, ne diventa l’amante e insieme a lei protagonista del grande scandalo al Moulin Rouge del febbraio 1907, quando Colette e Keira mostrano un seno e baciano in bocca l’una Mathilde l’altra Denise.
Se i tempi della vita della scrittrice-attrice sono un po’ confusi, il film ha un suo potere evocativo di un tempo di donne avvilite dal matrimonio eppure capaci di affrontare solitudine e autonomia. Si sa che nel cinema l’amore tra donne fa ancora leccare i baffi a molti, qui invece nella sua casta confusione di lenzuola, non è che un passaggio forse anche malinconico verso un futuro che il film non racconta, chiudendosi con Keira che se ne va. In realtà come Colette racconta nelle sue memorie, fu Willy ad obbligarla al divorzio e lei non lo perdonò mai.
"Pericolosamente ossessionato dagli affari, lamentoso per calcolo, ermetico e imprudente, disarmante se appena lo voleva, non omise mai di disporre della mia parte di tormenti precisi e di piaceri confusi in quegli anni che io resi prosperi…". Della quindicina di film ispirati ai tanti romanzi di Colette, l’ultimo è del 2009, diretto dall’inglese Stephen Frears protagonista l’americana Michelle Pfeiffer; intitolato Chéri come il libro del 1920, racconta della passione tra un ragazzo e una signora matura, cioè tra Colette e il ricchissimo Auguste-Olympe Hériot, figlio del padrone dei Grandi Magazzini del Louvre. I giovani impazzivano per questa seduttrice, che conquistò anche il diciassettenne Bertrand de Jouvenel, figlio di primo letto del suo secondo marito, come racconta in Il grano in erba del 1923, diventato nel 1954 un film diretto da Claude Autant-Lara, protagonista Edvige Feuillére.
Poi ci fu una figlia, l’unica, un terzo marito e altri libri e onorificenze, amori non pare.