Libero, 18 novembre 2018
I 21 aforisti più bravi di sempre
«Un aforisma non coincide mai con la verità: è una mezza verità o è una verità e mezzo», sentenzia lo scrittore austriaco Karl Kraus, forse una dei più celebri aforisti del secolo scorso. E come non esser d’accordo? L’aforisma (dal greco aphorismòs, definizione) è un’intuizione che si approssima al vero o va oltre, affidandosi alla sintesi rapida ed efficace, brillante e paradossale. Poche parole sono altrettante folgori d’ingegno per esprimere un concetto filosofico, una norma di saggezza, una regola di vita o magari per raccontare il nostro vissuto o l’uomo com’è o come crede d’essere, nelle sue mille contraddizioni, o per cogliere l’essenza di un periodo storico o entrare nel cuore vivo dell’attualità. A illustri campioni dello stile (e dello stiletto) aforistico- scrittori, filosofi, uomini di teatro e di cinema ecc.- Marco Ongaro ha consacrato adesso una ricognizione biografico-antologica Guida ai grandi aforisti, (Odoya, pagg. 288, euro 18). Ventuno profili- in ordine alfabetico, da Adorno a Virginia Woolf, passando per Baudelaire e Nietzsche, Kafka e Longanesi, Borges e Oscar Wilde, Cocteau e Paolo Villaggio- volti anche a cogliere l’occasione che ha generato l’aforisma. È chiaro poi che questa occasione l’autore se la gira e rigira come gli pare. Prendiamo Woody Allen che si sposa a vent’anni con una diciassettenne da cui poi divorzia.
UMORISMO STRAVAGANTE Ecco la spiegazione: «Mia moglie era una donna molto immatura. Basti questo episodio. Io sto facendo il bagno nella vasca e lei entra quando le pare, senza neanche chiedere il permesso, e mi affonda le barchette». Nasce una nuova storia d’amore e anche questa non va. Perché? «Lei era atea, io agnostico. Non si era d’accordo su quale religione non impartire ai nostri figli». Povero Woody! Nel 1959 è particolarmente giù di corda, sta sprofondando nella depressione e ha addirittura voglia di farla finita. Non può e spiega perché: «Intendevo uccidermi, ma ero in analisi e i freudiani sono molto severi al riguardo: ti fanno pagare le sedute che perdi». Yiddish puro. E cioè umorismo stravagante e surreale che è poi quello di tutta la filmografia di Allen e contrassegna anche la sua idea-immagine della morte: «L’Eterno Nulla va perfettamente bene se sei disponibile ad affrontarlo con un abito adatto»; «Morire è una delle poche cose che si possono fare facilmente stando sdraiati».Anche il romagnolo Leo Longanesi, scrittore, editore e impareggiabile scopritore di talenti, ridacchiava della morte, tanto che come epitaffio scelse un sarcastico «Torno subito». Ma preferiva soprattutto ridere della politica, anzi irridere alla politica.
LONGANESI E FLAIANO Da ex- superfascista, poi antifascista e infine nostalgico fondatore del mitico, reazionario Borghese, scriveva: «Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi»; «Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia»; «In Italia tutti sono estremisti per prudenza». Lo stesso scetticismo disincantato contraddistingue l’abruzzese Ennio Flaiano, narratore, giornalista, critico e cineasta tra i più vitali nell’Italia del secondo dopoguerra. Frequentatore della Roma salottiera e dolcevitaiola, dove gli intellettuali di sinistra la facevano da padroni, così li sferzava: «In Italia esistono due tipi di fascisti: i fascisti e gli antifascisti»; «Ognuno vuole la sua versione della libertà che consiste nel sopprimere quella dell’altro»; «Essere comunisti è un lusso. Non sono comunista perché non me lo posso permettere». E così infilzava i compatrioti: «L’Italia è un paese dove sono accampati gli italiani». E i critici letterari snob: «Questo libro non l’ho letto e non l’ho neanche recensito». Feroce come loro, Marcello Marchesi, tra gli autori più fecondi del mitico Carosello, se la prendeva con la fissa modaiola della psicanalisi («Mentre voi dormite, Freud lavora»), con la melensaggine ?caritatevole? («Date i peli superflui ai poveri») e con i moralisti («Il sesso è sporco? Lavatelo»).
BEAUDELAIRE e COCTEAU A proposito di sensi e sentimenti, Charles Baudelaire, poeta, dandy («L’abito fa il monaco») e cantore di tutti i ?fiori del male? (prostitute comprese), sosteneva: «Di fastidioso nell’amore c’è che è un delitto in cui non si può fare a meno di un complice». Mentre un avanguardista bisessuale dal ?multiforme ingegno? come Jean Cocteau osservava: «Il verbo amare è uno dei più difficili da coniugare: il suo passato non è remoto, il suo presente non è indicativo e il suo futuro non è che un condizionale». Di disamore e malamore viveva lo scrittore ebreo-praghese Franz Kafka, perduto nella sua tormentata solitudine («Quanto più si indugia davanti alla porta, tanto più si diventa estranei»). Mentre lo psicanalista Carl Gustav Jung, attento alla profondità dei miti e degli archetipi, ma anche a quella della sensibilità femminile, rilevava che «Le donne sanno vedere che cosa gli uomini nascondono e scoprire aspetti che agli uomini sfuggono. Questa è la ragione per cui nessun donna si è mai convinta che suo marito fosse un Superuomo». Per finire, prossimi alle festività come siamo, e incerti sul testo e il tono del bigliettino da spedire a parenti, amici e superiori, chiediamo soccorso a Paolo Villaggio. Il quale ci serve un Fantozzi doc che al Megadirettore Galattico invia «Auguri per un distinto Natale e uno spettabile Anno Nuovo».