la Repubblica, 18 novembre 2018
Che tristezza il nuovo Coni modellato sul Cda Rai
Tempi duri per i cattivi pensieri. La settimana scorsa ho dovuto dire che ero d’accordo con José Mourinho: reazione ironica ai fischi di Torino. Non me lo sarei mai immaginato, era la prima volta e, spero, l’ultima, ma quanno ce vo’ ce vo’. Un tipo sveglio, Mourinho, che al giudizio negativo sulla stampa italiana era arrivato ben prima di Di Battista, e con più eleganza: prostituzione intellettuale suona meglio di puttane. Il concetto è lo stesso.
Tempi sempre più duri: oggi devo dire che sono d’accordo con Matteo Salvini. Quindi, 6 anche a lui. Un 6, intendiamoci, che si riferisce esclusivamente alle sue dichiarazioni sull’espulsione di Higuain. «Da tifoso del Milan mi sono vergognato». Giusto. Mi sono vergognato anch’io, che ho smesso di tifare Milan nel novembre 1964. «Due giornate di squalifica sono poche», ha aggiunto Salvini. Giusto, sono poche. Ma troppe per il Milan, che ha presentato ricorso e magari glielo accolgono e la sanzione sarà dimezzata. Così fosse, è già partito un 2. Esistono anche tifosi del Milan, o di altre squadre, o anche non tifosi che si vergognano di Salvini, ma questo è un altro discorso. Non si può negare che avesse un sorriso da squalo, bello e terrificante, accogliendo i migranti arrivati in aereo. Aereo ok, barcone no, yacht sì, quanto ci vuole a capirlo? Quanto a Higuain, detto el Pipita per l’imponenza del naso, va detto che non ha il naso triste come una salita (Paolo Conte 8,5), ma ha gli occhi incazzati da argentino in gita. Eppure ha molti amici, che si preoccupano per lui: Szczesny è addirittura uscito dalla porta, CR7 ha cercato di bloccarlo, Matuidi gli ha dato un bacetto sul testone, più i suoi compagni attuali a fare da diga: Romagnoli, Kessié, Borini. Se vai via di testa in questo modo, due giornate sono poche. Quattro era la tariffa giusta (ridotte a tre dopo ricorso del Milan). Dicono: ma si è scusato. Ho il sospetto, in questi tempi duri, che le scuse contino molto più del fatto per cui ci si scusa, una volta che s’è alzato il vespaio. Sul Giorno ho trovato la foto di un signore in divisa da SS. È Giorgio Piacentini, il capo dei vigili di Biassono, in Brianza. Il 6 gennaio dell’anno scorso l’aveva pubblicata su Facebook. E a chi ironicamente gli chiedeva se quella fosse la nuova divisa aveva risposto: «Basterebbe una compagnia di questi per sistemare alcune cose, adesso propongo al sindaco di adottarla». Polemiche a livello cittadino e nazionale, Piacentini degradato per un anno a agente semplice, poi reintegrato dal sindaco (leghista, avete indovinato) Luciano Casiraghi. Autodifesa di Piacentini: dice di essere un appassionato di storia che pubblica spesso immagini delle rievocazioni a cui prende parte, usando molte divise. Per quella in particolare, «mi scuso se ho urtato la sensibilità di qualcuno, non sono un nazista. Ho postato ingenuamente l’immagine senza pensare alle possibili conseguenze». Facciamo finta di crederci, ma resta una curiosità.
Nella storia ci sono gli opliti, i moschettieri, i garibaldini, i barellieri, gli ussari, gli ulani, gli alpini, i bersaglieri, i granatieri di Sardegna e d’altrove, gli aviatori, i sommozzatori. Sarà un caso ma le divise più postate in Italia appartengono allo stesso periodo, quello del nazifascismo. Sarà un caso? Ai posteri l’ardua sentenza, avrebbe detto il collega Manzoni. Intanto si prenda atto di una mossa di Carlo Ancelotti. Intervistato lunedì a Coverciano, ha scavalcato tutti a sinistra, perché il buonismo è di sinistra, gli altri lo usano come bercio, dileggio. Già schierato a favore di Mourinho per i cori di Torino, Ancelotti è andato oltre: in casi del genere (insulti pesanti a un tecnico o a un giocatore) si interrompe la partita, come per i cori razzisti, se si vuole recuperare un clima di civiltà negli stadi. Bello e impossibile (Nannini 7). Prima di arrivarci, mi piacerebbe vedere il tecnico e/o i giocatori di una squadra che chiedono ai loro tifosi, a gesti e parole, di piantarla con i cori offensivi contro il tecnico e/o un giocatore dell’altra squadra. Mi piacerebbe vedere i giocatori che a fine partita ringraziano il pubblico, se è il caso, stando a centrocampo e girandosi verso i quattro lati, non solo ammucchiandosi sotto la curva.
Non ignoro il caso Coni-governo, o Malagò-Giorgetti. «In quattro righe è stato ucciso il Coni» ha detto Malagò. Alla controparte potevano bastare tre parole: “Levatevi dalle balle”. Ma Giorgetti è furbo, anche intelligente secondo due miei colleghi, e parla come un democristiano, mai sguaiato. Il Coni avrà le sue colpe, ma pensare a Sport e Salute modellato sul cda della Rai mette un po’ di tristezza. Poi, quale che sia l’impianto, dipende dalle persone. Dopo Luigi Manconi, a presidente della commissione del Senato per i Diritti umani è stata messa Stefania Pucciarelli. Come passare da Gandhi a Pol Pot. Pasionaria delle ruspe, solidale sui social con chi chiede un forno per migranti e rom, non sembra avere vocazione per l’incarico. Provocazione, semmai. E se Salvini si vergogna d’essere milanista, io stavolta mi vergogno d’essere italiano. Chacun son cirque, come direbbe il collegaPrévert.