Corriere della Sera, 18 novembre 2018
Biografia di Lea Sestieri
È morta Lea Sestieri, protagonista coraggiosa e profonda dell’ebraismo italiano. Era nata il 31 maggio 1913 ed era vissuta in via Catalana, nel ghetto di Roma. Quando non era ovvio che le donne studiassero, lei aveva scelto filosofia e si era iscritta ai corsi del Collegio Rabbinico Italiano. Le leggi razziali segnarono un prima e un poi nella sua vita: con il marito Umberto fuggì a Montevideo, dove insegnò all’università Bibbia e cultura ebraica.
Conobbe molti intellettuali e studiosi in esilio, tra cui il misterioso Chouchani, grande maestro di Talmud, punto di riferimento per Emmanuel Lévinas e per Elie Wiesel. Cominciò allora un impegno sempre più intenso nella diffusione dell’ebraismo, impegno che andò intensificandosi quando Lea Sestieri, dopo un breve periodo in Israele, fece ritorno in Italia nel 1979.
È impossibile immaginare il dialogo ebraico cristiano senza il suo ruolo così decisivo: dalla cattedra di Ebraismo postbiblico alla Pontificia Università Lateranense alla prestigiosa collana «Radici» della casa editrice Marietti, dai Colloqui di Camaldoli alle conferenze tenute all’Adei (Associazione donne ebree d’Italia).
Fu tra i fondatori dell’Amicizia ebraico-cristiana. È grazie ai suoi libri – valgano per tutti Spiritualità ebraica del 1987 e Ebraismo e cristianesimo. Percorsi di mutua comprensione del 2000 – che è stata avviata una riflessione critica sulla dannosa teologia della sostituzione e sul nesso imprescindibile che lega il cristianesimo alle radici ebraiche. Il che non vuol dire un confronto con la religione del passato, bensì un dialogo con una «spiritualità viva».
Lea Sestieri ha cercato sempre di mostrare la complessità dell’ebraismo, non solo religione, ma anche cultura e forma di vita. Ha insegnato ai suoi numerosissimi allievi a scrutarne e ammirarne le diverse correnti e tradizioni, da quella rabbinica a quella mistica e a quella filosofica. Vedeva in ciò una necessità anche per il mondo ebraico italiano, che penosamente andava ricostruendosi dopo le persecuzioni e la Shoah.
Scrisse con la speranza che la distingueva: «È proprio questo slancio vitale che ha permesso, quando si è appreso che un terzo del nostro popolo era finito nelle camere a gas, di non perdersi di coraggio, di non arrendersi, ma di vivere con maggior impegno costruendo uno Stato, lottando duramente per non essere sopraffatti».